Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione accelerata dei processi penali. Tuttavia, la scelta di questo rito processuale comporta significative limitazioni al diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 5381/2024, offre un chiaro esempio dei rigidi paletti che regolano il ricorso patteggiamento, specialmente quando si contestano la qualificazione giuridica del fatto o l’applicazione di misure di sicurezza. Questo articolo analizza la decisione e le sue importanti implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso: L’Appello contro la Sentenza del GUP
Due imputati, dopo aver concordato la pena con il Pubblico Ministero in sede di udienza preliminare, decidevano di presentare ricorso per Cassazione avverso la sentenza di patteggiamento emessa dal Giudice dell’Udienza Preliminare di Pavia. 
I motivi del ricorso erano due e ben distinti:
1.  Erronea qualificazione giuridica del fatto: La difesa sosteneva che il giudice avesse inquadrato i fatti in una fattispecie di reato non corretta.
2.  Illegalità della misura di sicurezza: Gli imputati lamentavano l’illegittimità della confisca di una somma di denaro che, a loro dire, era stata posta sotto sequestro.
L’Analisi della Corte e i Limiti al Ricorso Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, dichiarando l’intero ricorso inammissibile. La decisione si fonda su principi consolidati della procedura penale, rafforzati dalla riforma legislativa del 2017.
La Questione della Qualificazione Giuridica
Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha richiamato l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento è consentito solo per motivi specifici, tra cui l’erronea qualificazione giuridica del fatto, ma solo se si tratta di un “errore manifesto”. 
La Cassazione ha chiarito che un errore è “manifesto” quando è immediatamente evidente dalla sola lettura della sentenza, senza la necessità di complesse analisi o interpretazioni giuridiche. Nel caso di specie, la contestazione della difesa configurava un “errore valutativo in diritto”, ovvero un disaccordo sull’interpretazione delle norme, che non possedeva il carattere di palese evidenza richiesto dalla legge. Di conseguenza, questo motivo è stato giudicato inammissibile.
La Prova Mancante sulla Confisca
Relativamente al secondo motivo, concernente la presunta confisca illegale di denaro, la decisione della Corte è stata ancora più netta. La doglianza è stata definita “destituita di fondamento”. Dagli atti processuali, infatti, risultava unicamente il sequestro di due telefoni cellulari, ma non vi era alcuna traccia di un verbale di sequestro relativo a somme di denaro. 
La Corte ha sottolineato che la difesa non aveva fornito alcun documento a supporto della propria affermazione. In assenza di prove concrete del sequestro del denaro, la lamentela sulla sua confisca è risultata del tutto infondata e, pertanto, inammissibile.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Suprema Corte si articola su due pilastri fondamentali. Il primo è il rispetto del dettato normativo che limita drasticamente l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento per evitare che il ricorso si trasformi in un tentativo di rimettere in discussione l’intero accordo processuale. Permettere contestazioni su errori non manifesti snaturerebbe la finalità deflattiva del rito. Il secondo pilastro è il principio dell’onere della prova in capo a chi ricorre. Non è sufficiente asserire un fatto (come il sequestro di denaro), ma è necessario documentarlo e provarlo. L’assenza di qualsiasi pezza giustificativa ha reso la doglianza inesaminabile nel merito, portando inevitabilmente alla sua reiezione.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in esame ribadisce un principio cruciale: la scelta del patteggiamento è una decisione ponderata che implica una sostanziale rinuncia a future contestazioni nel merito. Il ricorso patteggiamento è un rimedio eccezionale, esperibile solo in presenza di vizi gravi ed evidenti, come un errore di calcolo della pena o, appunto, un errore giuridico manifesto. La decisione evidenzia inoltre l’importanza per la difesa di documentare meticolosamente ogni aspetto del procedimento, poiché la mancanza di prove concrete rende qualsiasi successiva doglianza sterile e destinata all’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
 
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per errata qualificazione giuridica del fatto?
No, dopo la riforma del 2017, è possibile solo se l’errore è “manifesto”, cioè immediatamente riconoscibile dalla lettura del provvedimento, senza necessità di complesse valutazioni di diritto.
Cosa succede se un motivo di ricorso si basa su fatti non documentati negli atti?
Il motivo viene rigettato per infondatezza. Come nel caso di specie, la difesa lamentava la confisca di denaro ma non ha fornito alcuna prova documentale del sequestro di tali somme, rendendo la doglianza inesaminabile.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
I ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5381 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5381  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/03/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMENARE di PAVIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto da NOME e NOME a mezzo del comune difensore.
Rilevato che la difesa deduce per entrambi gli imputati l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della misura di sicurezza dell confisca del denaro in sequestro.
Considerato che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n. 103 del 2017, in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento risulta proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tr richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, all’illegali della pena o della misura di sicurezza.
Considerato, quanto al primo motivo di ricorso, che, nel procedimento di applicazione della pena su richiesta delle parti, l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che non risultin evidenti dal testo del provvedimento impugnato come nel caso in esame (così Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018 Rv. 272619 – 01).
Considerato, quanto al secondo motivo di ricorso, che la doglianza è destituita di fondamento, non risultando somme di danaro in sequestro di cui sia stata ordinata la confisca (trovandosi in atti il solo verbale di sequestro avente ad oggetto n. 2 cellulari) e non avendo peraltro la difesa provveduto a documentare l’asserito sequestro di somme di danaro.
Ritenuto, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa dei ricorrenti (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 17 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
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