Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 2455 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 2455 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in ALGERIA il 16/07/1971
avverso la sentenza del 10/06/2024 del Tribunale di Milano Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Milano, con la sentenza emessa in data 10 giugno 2024, applicava a NOME COGNOME la pena concordata di mesi nove di reclusione ed euro 140,00 di multa in ordine al delitto di furto aggravato.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di un unico motivo, enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, secondo quanto disposto dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il motivo di ricorso deduce violazione di legge in relazione agli artt. 133 e 69 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 444 e ss. cod. proc. pen., é stata applicata al ricorrente la pena concordata con la Pubblica Accusa.
Le censure risultano assolutamente generiche e solo formali, cosicchè il ricorso va dichiarato inammissibile, giacché proposto al di fuori dei casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., come introdotto dalla legge n. 103 del 2017, che ha stabilito che il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento è proponibile solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
E’ di tutta evidenza che i motivi di ricorso esorbitino dalle categorie di vizi legittimanti il ricorso.
Inoltre, va considerato che questa Corte, già prima dell’introduzione (con l’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103) dell’art. art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., aveva affermato che, in caso di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 cod. proc. pen. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost. (Sez. 4, n. 34494 del 13/07/2006, P.G. in proc. Koumya, Rv. 234824), come accaduto nel caso in esame.
Per altro nel caso in esame il tribunale ha ritenuto congrua la pena in ragione dei criteri dell’art. 133 cod. pen. e anche oltremodo adeguata risulta la motivazione sulle ragioni della equivalenza delle circostanze attenuanti generiche rispetto alla recidiva reiterata specifica e infraquinquennale e alla circostanza aggravante della destrezza, cosicchè il motivo è anche del tutto non consentito in quanto aspecifico.
Quanto alla pena, la pena base di anni uno di reclusione risulta essere inferiore alla media edittale prevista dall’art. 624, comma 1, cod. pen. e prossima al minimo di mesi sei di reclusione, cosicchè, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283).
Quanto al giudizio di equivalenza, corretta è la motivazione oltre che l’applicazione dell’art. 69 cod. pen., che al comma 4 prevede che per la recidiva contestata non sia consentita la prevalenza delle circostanze attenuanti.
Ne consegue, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610, comma 5 -bis, cod. proc. pen., e che i ricorrenti devono essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/10/2024