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Ricorso patteggiamento: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso patteggiamento presentato da un imputato condannato per tentato furto. Il motivo dell’appello, basato su una presunta motivazione carente della sentenza, non rientra tra quelli tassativamente previsti dalla legge (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.), portando alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile l’Appello in Cassazione

Il ricorso patteggiamento rappresenta un istituto fondamentale del nostro sistema processuale penale, ma le vie per impugnare la sentenza che ne deriva sono strette e ben definite. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce, ancora una volta, i confini invalicabili di questo strumento, dichiarando inammissibile un ricorso basato su un presunto vizio di motivazione. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere perché non ogni doglianza può essere portata all’attenzione della Suprema Corte dopo un accordo sulla pena.

I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso

La vicenda ha origine da una sentenza del Tribunale di Roma, emessa a seguito di un patteggiamento ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale. L’imputato, accusato di tentato furto in abitazione, aveva concordato con la pubblica accusa una pena di un anno e quattro mesi di reclusione, oltre a 300 euro di multa.

Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa decideva di presentare ricorso per cassazione avverso tale sentenza. Il motivo addotto era unico e specifico: un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, le argomentazioni del giudice di primo grado a sostegno della decisione erano “del tutto carenti e superficiali”.

La Decisione della Corte e i Limiti del Ricorso Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha stroncato sul nascere le pretese del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile senza neppure arrivare a una discussione nel merito. La decisione si fonda su una norma chiave in materia: l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Questa disposizione elenca in modo tassativo i motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono impugnare una sentenza di patteggiamento. Il legislatore ha voluto così limitare la possibilità di rimettere in discussione un accordo liberamente sottoscritto tra le parti, garantendo la stabilità delle decisioni e l’efficienza del sistema.

Le Motivazioni: L’Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

La motivazione della Suprema Corte è netta e si basa sull’interpretazione letterale della legge. I motivi ammessi per il ricorso patteggiamento sono esclusivamente:

1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza emessa dal giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

Come si evince, il generico “vizio di motivazione” non rientra in questo elenco. Sostenere che la sentenza sia motivata in modo “carente e superficiale” non è una ragione sufficiente per attivare il giudizio di legittimità su una sentenza di patteggiamento. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile de plano, ovvero con una procedura semplificata senza udienza pubblica, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis c.p.p.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche dell’Inammissibilità

La decisione della Cassazione ha conseguenze pratiche significative. L’inammissibilità del ricorso non è una mera formalità, ma comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., due sanzioni per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma considerevole, in questo caso fissata in 4.000 euro, a favore della cassa delle ammende. Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: l’accesso alla giustizia, specialmente ai suoi gradi più alti, deve avvenire nel rigoroso rispetto delle regole procedurali. Chi intende impugnare una sentenza di patteggiamento deve fondare il proprio ricorso su uno dei motivi tassativamente elencati dalla legge, pena l’inammissibilità e le relative sanzioni economiche.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un vizio di motivazione?
No, in base alla decisione della Corte e all’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, il vizio di motivazione non rientra tra i motivi validi per presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento.

Quali sono i motivi validi per presentare un ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
I motivi sono tassativamente elencati dalla legge e includono problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 4.000,00 euro in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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