Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3160 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 3160 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME, nato a Negrar di Valpolicella il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Bussolengo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/09/2023 del G.u.p. del Tribunale di Verona visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 19/09/2023, il G.u.p. del Tribunale di Verona ha applicato, su richiesta degli imputatati e del pubblico ministero, ai sensi dell’art 444 cod. proc. pen.:
ad NOME COGNOME, la pena di quattro anni e otto mesi di reclusione ed C 1.284,00 di multa per i reati di associazione per delinquere (capo A dell’imputazione), rapine in concorso (capi B, E, 3, L e V dell’imputazione; quella di cui al capo J tentata), lesioni personali in concorso (capi C, F, K, M e W dell’imputazione), danneggiamenti in concorso (capi D e G dell’imputazione), furti in concorso (capi O e U dell’imputazione), ricettazione in concorso (capo S dell’imputazione) e indebito utilizzo di carte di pagamento in concorso (capo T dell’imputazione);
b) a NOME COGNOME, la pena di tre anni, tre mesi e venti giorni di reclusione ed C 1.800,00 di multa per i reati di associazione per delinquere (capo A dell’imputazione), rapina in concorso (capo H dell’imputazione), legioni personali
in concorso (capo I dell’imputazione) e tentato furto in concorso (capo Q dell’imputazione).
Avverso l’indicata sentenza del 19/09/2023 del G.u.p. del Tribunale di Verona, hanno proposto ricorsi per cassazione, con distinti atti e per il tramite dei propri rispettivi difensori, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Il ricorso di NOME è affidato a un unico motivo, con il quale il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 416 cod. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto di associazione per delinquere contestato al capo A) dell’imputazione e a lui attribuito.
Dopo avere argomentato in ordine alla distinzione tra il concorso di persone nel reato e il reato di associazione per delinquere, il ricorrente deduce come «gli elementi fattuali spingano in direzione opposta» rispetto a quest’ultimo reato, per la mancanza «el caso de quo gli elementi tipici per poter ritenere sussistere un’associazione ex art. 416 c.p.», atteso che: «’indeterminatezza del programma non appare evincersi dall’analisi dei faldoni processuali, considerando che emergono solo atti estemporanei frutto di accordi occasionali», «senza che dietro tali azioni vi fossero meditazione, accuratezza, ponderazione, fasi di studio»; «e condotte contestate non appaiono riconducibili a delle direttive promananti da soggetti capi o organizzatori», di cui non vi sarebbe la prova della presenza; «non vi sono dati probatori, o quantomeno indiziari che possano dimostrare come vi fosse una struttura tra i vari correi»; egli, dopo essere stato arrestato, aveva reciso ogni contatto con i compartecipi dei reati contestati, «elemento che cozza quindi con la teoria secondo la quale il predetto sia soggetto inserito stabilmente all’interno di un’associazione per delinquere».
Il ricorso di NOME COGNOME è anch’esso affidato a un unico motivo, con il quale il ricorrente deduce violazione di legge, in relazione all’art. 129 cod. proc. pen., e carenza della motivazione, per non avere il G.u.p. del Tribunale di Verona congruamente motivato in ordine all’insussistenza di ragioni di proscioglimento ai sensi del menzionato art. 129 cod. proc. pen.
Quanto al ricorso di NOME COGNOME, si deve ricordare che la Corte di cassazione ha costantemente affermato che, in tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto – ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati -, il quale è configurabile quando detta qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo d’imputazione (Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, NOME, Rv. 283023-01; Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, COGNOME, Rv. 281116-
01), dovendosi escludere l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione (Sez. 6, n. 3108 del 08/01/2018, COGNOME, Rv. 272252-01) o che denunci errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dalla stessa contestazione e dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279842-01; Sez. 6, n. 25617 del 25/06/2020, NOME COGNOME, Rv. 279573-01; Sez. 3, n. 23150 del 17/04/2019, El Zitouni, Rv. 275971-02).
Ciò rammentato, si deve rilevare che l’unico motivo del ricorso di NOME COGNOME non evidenzia un errore manifesto che sarebbe stato commesso col qualificare il fatto attribuito all’imputato come associazione per delinquere anziché come mero concorso nei vari reati-fine posti in essere dallo stesso, cioè una qualificazione palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo A) dell’imputazione.
Da questo risulta infatti la costituzione di una vera e propria banda giovanile (“RAGIONE_SOCIALE“, acronimo di “quartiere Borgo Roma”), promossa e organizzata da NOME COGNOME, il quale impartiva le direttive agli altri componenti, tra i quali il COGNOME impegnati in mansioni esecutive e di coordinamento. Alla luce di ciò, si deve ritenere: a) da un lato, che la qualificazione giuridica come associazione per delinquere non appare palesemente eccentrica rispetto al contenuto enunciato nel capo d’imputazione; b) dall’altro lato, che il ricorrente, nel proprio motivo, richiama inammissibilmente, quale passaggio logico di esso, aspetti in fatto e probatori i quali non risultano con immediatezza dal medesimo capo d’imputazione.
6. Quanto al ricorso di NOME COGNOME, si deve rammentare che, in base al nuovo comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen., inserito dall’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura d sicurezza.
Ciò rammentato, si deve rilevare che l’unico motivo di ricorso, con il quale è dedotto il vizio di violazione della legge processuale per la mancata valutazione, da parte del giudice di merito, delle condizioni per la pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., non rientra tra i predetti casi per i quali è ammesso il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento (tra le tantissime: Sez. F, n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui,
Rv. 279761-01; Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 2020, Pierri, Rv. 27833701; Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Oboroceanu, Rv. 272014-01).
Trattandosi di impugnazioni proposte contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti dopo l’entrata in vigore della menzionata novella di cui alla legge n. 103 del 2017, il cui art. 1, comma 62, ha aggiunto all’art. 610 cod. proc. pen. il comma 5-bis, il ricorso deve essere trattato nelle forme de plano, ai sensi del secondo periodo di quest’ultimo comma.
Per le ragioni sopra indicate, i ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità, al pagamento della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 30/11/2023.