Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile? L’analisi della Cassazione
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per definire un procedimento penale. Ma cosa succede se, dopo l’accordo, una delle parti non è soddisfatta? L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un chiarimento fondamentale sui limiti del ricorso patteggiamento, specialmente dopo le modifiche introdotte dalla Legge n. 103 del 2017. La decisione sottolinea come le possibilità di impugnazione siano state drasticamente ridotte a un elenco tassativo di motivi, escludendo contestazioni di merito.
I Fatti di Causa: Un Appello Collettivo contro il Patteggiamento
Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Bologna nei confronti di diversi imputati per reati legati agli stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 del D.P.R. 309/1990. Nonostante l’accordo raggiunto con la pubblica accusa, gli imputati hanno deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, sollevando diverse doglianze. Le motivazioni erano variegate: un imputato lamentava vizi di motivazione sulla sua responsabilità; altri contestavano la mancata concessione di un’attenuante; alcuni ancora l’omessa sospensione condizionale della pena e, infine, uno degli imputati sosteneva un’erronea qualificazione giuridica del fatto, chiedendo che fosse ricondotto a un’ipotesi di reato meno grave.
La Decisione della Corte sul Ricorso Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha rigettato in blocco tutti i ricorsi, dichiarandoli inammissibili. La decisione non è entrata nel merito delle singole contestazioni, ma si è fermata a un livello procedurale, applicando rigorosamente i paletti normativi che disciplinano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.
Secondo la Corte, i motivi addotti dai ricorrenti esulavano completamente da quelli consentiti dalla legge per questo tipo di impugnazione. Di conseguenza, oltre a respingere i ricorsi, ha condannato ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: i Limiti Tassativi del Ricorso Patteggiamento
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta “riforma Orlando” (Legge 103/2017). Questa norma ha stabilito che la sentenza di patteggiamento può essere impugnata con ricorso per cassazione esclusivamente per i seguenti motivi:
1. Mancata espressione del consenso da parte dell’imputato.
2. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
3. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
La Corte ha spiegato che le censure dei ricorrenti – come la mancata concessione di attenuanti, la valutazione sulla responsabilità o la mancata sospensione della pena – non rientrano in questo elenco. Si tratta, infatti, di critiche che attengono al merito della valutazione del giudice, un ambito precluso al sindacato di legittimità in caso di patteggiamento.
In particolare, per quanto riguarda l’erronea qualificazione giuridica, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: questo motivo di ricorso è valido solo se l’errore del giudice è palese, manifesto ed immediatamente riconoscibile. Non è possibile utilizzare questo strumento per proporre una diversa e più favorevole lettura dei fatti, sperando che la Corte la accolga. Il ricorso non può trasformarsi in un tentativo di rimettere in discussione l’accordo già raggiunto tra accusa e difesa.
Conclusioni: Cosa Insegna Questa Ordinanza
Questa pronuncia della Cassazione funge da importante monito: la scelta di accedere al patteggiamento è una decisione strategica con conseguenze procedurali significative. Una volta che l’accordo è stato ratificato dal giudice, le possibilità di rimetterlo in discussione sono estremamente limitate e circoscritte a vizi formali e legali di grave entità. Non è una “terza via” per ottenere una revisione del merito della causa. Pertanto, sia l’imputato che il suo difensore devono ponderare con estrema attenzione tutti gli aspetti dell’accordo prima di prestarvi consenso, poiché le porte per un ripensamento successivo sono, per legge, quasi del tutto sbarrate.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per contestare la valutazione del giudice, come la mancata concessione di attenuanti?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il ricorso contro una sentenza di patteggiamento non può essere utilizzato per contestare le valutazioni di merito del giudice. I motivi di appello sono limitati a vizi specifici previsti dalla legge, e la mancata concessione di attenuanti non rientra tra questi.
Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso contro un patteggiamento?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis c.p.p., il ricorso è ammesso solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, all’erronea qualificazione giuridica del fatto, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa intende la Cassazione per “erronea qualificazione giuridica” come valido motivo di ricorso?
La Corte specifica che l’erronea qualificazione giuridica può essere fatta valere solo quando risulta, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica o frutto di un errore manifesto. Non è sufficiente proporre una qualificazione giuridica diversa o più favorevole; l’errore del giudice deve essere evidente e non una questione interpretativa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33070 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33070 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/09/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 01/01/1971 COGNOME (CUI 01M7A0S) nato il 01/01/1970 COGNOME (CUI 062EGB1) nato il 10/09/1985 COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 16/04/1990 NOME COGNOME (CUI 056VBVU) nato il 11/03/1987 COGNOME (CUI 0626482) nato il 28/04/1991 NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 08/08/1993 NOME COGNOME (CUI 0300CER) nato il 12/12/1985
avverso la sentenza del 04/02/2025 del GIP TRIBUNALE di BOLOGNA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
FATTO E DIRITTO
Con ricorsi affidati ai rispettivi difensori di fiducia, NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME impugnano la sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. del Tribunale di Bologna che ha applicato la p ritenuta di giustizia in ordine a reati in materia di sostanze stupefacenti di cui all’art. 7 del 1990.
NOME COGNOME deduce vizi di motivazione e violazione di legge in ordine alla rit responsabilità, COGNOME, COGNOME e NOME COGNOME deducono violazione di legge nella in cui non è stata riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 4 cod. pen., NOME COGNOME e NOME deducono la omessa sospensione condizionale della pena la sostituzione – se del caso – con il lavoro di pubblica utilità ex art. 56-bis 689 del 1981, NOME COGNOME deduce l’erronea qualificazione giuridica del fatto nella ipotesi lieve di cui al comma 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con procedura de plano pe ché le proposte censure esulano da quelle che, a seguito delle modifiche apportate al codice di rito dalla legge n. 10 entrata in vigore il 3 agosto 2017, possono essere dedotte con il ricorso per cassazione a sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.
Il ricorso, invero, è ammesso ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, all’erronea qualificazione giuridica difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza e all’illegalità della pena o della misu nessuno dei quali dedotto dai ricorrenti (cfr. Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. La contestazione dell’erronea qualificazione giuridica del fatto, invero, risulta inconsistent in una formula vuota di contenuti nella parte in cui rappresenta l’adesione al precedente acc dal P.M.; si deve ribadire che l’erronea qualificazione giuridica può essere fatta valere con i cassazione solo quando risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica (Sez. 6, n del 27/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254865) o risulti frutto di un errore manifesto ( 34902 del 24/06/2015, COGNOME, Rv. 264153), mentre non è consentito, alla luce della m normativa, contestare, senza giustificarla, l’erronea qualificazione giuridica del fatto, r sentenza di patteggiamento, della quale, in sostanza, si denunciano – come nel caso in e inammissibili vizi di motivazione quanto alla ritenuta responsabilità (Sez. 6, n. 2721 del 0 COGNOME, Rv. 272026).
All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna di ciascun ricorrente al pagament spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determ in euro tremila.
P .Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processual somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/09/2025