Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammissibile? L’Analisi della Cassazione
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro sistema processuale penale che permette di definire il processo in modo rapido. Ma una volta raggiunto l’accordo e ottenuta la sentenza, è ancora possibile contestarla? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, offre un chiaro promemoria sui limiti stringenti del ricorso patteggiamento, soprattutto dopo le modifiche introdotte dalla Legge n. 103 del 2017.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla decisione del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Nuoro, che aveva applicato la pena richiesta dagli imputati per un reato previsto dall’art. 73, comma 4, del d.P.R. 309/1990, relativo a fatti di lieve entità in materia di stupefacenti. Nonostante l’accordo raggiunto, il difensore degli imputati decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando vizi nella determinazione della pena concordata.
I Motivi del Ricorso Patteggiamento
La difesa ha articolato il ricorso su due distinti motivi, entrambi finalizzati a contestare la quantificazione della pena irrogata:
1. Violazione di legge sul bilanciamento delle circostanze: Il primo motivo criticava il modo in cui erano state valutate le circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.) e il loro bilanciamento con altre circostanze (art. 69 c.p.), elementi che incidono direttamente sulla pena finale.
2. Sussistenza di una circostanza aggravante: Il secondo motivo contestava la ritenuta sussistenza di una specifica circostanza aggravante prevista dalla legge sugli stupefacenti (art. 80, comma 2, d.P.R. 309/1990), lamentando una carenza di motivazione sul punto.
In sostanza, la difesa contestava il risultato dell’accordo che essa stessa aveva contribuito a formare, criticando l’esito sanzionatorio del patteggiamento.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, basando la sua decisione sull’interpretazione rigorosa dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta nel 2017, ha circoscritto in modo netto le possibilità di impugnare una sentenza di patteggiamento.
I giudici hanno chiarito che il ricorso patteggiamento è proponibile esclusivamente per i seguenti motivi:
* Vizi nell’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso non libero o consapevole).
* Difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice.
* Errata qualificazione giuridica del fatto.
* Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Le censure mosse dalla difesa, riguardanti la determinazione della pena e la valutazione delle circostanze, non rientrano in nessuna di queste categorie. Si tratta di aspetti che attengono al merito della decisione sanzionatoria, coperti dall’accordo tra le parti e non più sindacabili in sede di legittimità.
La Corte ha inoltre evidenziato come il secondo motivo di ricorso fosse palesemente infondato, poiché, in realtà, la sentenza impugnata aveva escluso l’aggravante contestata, recependo proprio la richiesta formulata dagli imputati.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: il patteggiamento è un accordo che, una volta raggiunto e ratificato dal giudice, acquista una stabilità quasi definitiva. L’impugnazione è un’opzione residuale, attivabile solo per vizi strutturali e di legalità ben definiti, e non per un semplice ripensamento sull’equità della pena concordata. Per gli operatori del diritto e per gli imputati, ciò significa che la scelta di accedere al patteggiamento deve essere attentamente ponderata, poiché gli spazi per un successivo riesame sono estremamente limitati. La decisione della Cassazione serve da monito: non si può utilizzare il ricorso patteggiamento come un terzo grado di giudizio per rinegoziare la pena.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita tassativamente i motivi di ricorso a casi specifici, quali vizi nella volontà dell’imputato, errore nella qualificazione giuridica del fatto, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza o illegalità della pena.
La valutazione delle circostanze attenuanti o aggravanti può essere un motivo valido per il ricorso patteggiamento?
No. Come chiarito dall’ordinanza, le questioni relative alla determinazione della pena, incluso il bilanciamento delle circostanze, non rientrano tra i motivi ammessi per impugnare una sentenza di patteggiamento, in quanto sono coperte dall’accordo tra le parti.
Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza di patteggiamento diventa definitiva. Inoltre, come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 317 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 317 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a LOCULI il 13/03/1969 COGNOME nato a NUORO il 28/01/1995
avverso la sentenza del 21/02/2023 del GIP TRIBUNALE di NUORO
dato avo alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il difensore di COGNOME NOME e di COGNOME NOME ha proposto due distinti ricorsi per cassazione avverso la sentenza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nuoro del 21 febbraio 2023, di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. per il reato ex art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309 del 1990; il ricorrente ha dedotto con il primo motivo i vizi di violazione di legge, in relazione agli artt. 62-bis e 69 cod. pen. in relazione alla determinazione della pena irrogata, e la mancanza di motivazione sulla posizione del ricorrente.
Con il secondo motivo si deducono i vizi di violazione di legge, per la ritenuta sussistenza della circostanza aggravante ex art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, e la mancanza di motivazione sulla sussistenza della circostanza aggravante.
I ricorsi sono inammissibile.
Ai sensi del comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen., come introdotto dalla legge n. 103 del 2017 in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento è proponibile esclusivamente per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiest e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pen o della misura di sicurezza.
La sussistenza della circostanza aggravante ex art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, è stata esclusa recependo l’istanza ex art. 444 cod. proc. pen. degli imputati.
Dunque, i ricorsi sono stati proposti per motivi diversi da quelli di cui al comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen. e sono pertanto inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle 6 mmende.
Così deciso il 1 dicembre 2023.