Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile secondo la Cassazione
Il ricorso patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale di grande interesse, soprattutto dopo le modifiche introdotte dalla Legge n. 103 del 2017. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 44218 del 2024, offre un’importante occasione per fare chiarezza sui limiti, sempre più stringenti, di questo strumento di impugnazione. La decisione ribadisce un principio fondamentale: non si può ricorrere contro una sentenza di patteggiamento per motivi diversi da quelli espressamente previsti dalla legge.
I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso
Il caso trae origine da una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento) emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Savona. L’imputato, accusato di furto aggravato in abitazione, aveva concordato la pena con il Pubblico Ministero. Successivamente, tramite il proprio difensore, decideva di impugnare tale sentenza, presentando ricorso per Cassazione.
L’unico motivo di doglianza sollevato era la presunta violazione di legge e la carenza di motivazione in merito alla mancata applicazione dell’art. 129 del codice di procedura penale, ovvero la norma che impone al giudice di dichiarare l’immediato proscioglimento dell’imputato qualora ne ricorrano i presupposti.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento dopo la Riforma
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile, fondando la sua decisione sull’interpretazione restrittiva imposta dalla normativa vigente. La chiave di volta è l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla legge n. 103 del 2017.
Questa norma ha drasticamente ridotto i motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Oggi, l’impugnazione è consentita esclusivamente per motivi attinenti a:
* La corretta espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
* Il difetto di correlazione tra la richiesta di pena e la sentenza emessa.
* L’erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
* L’illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
La Questione del Proscioglimento ex art. 129 c.p.p.
Il ricorrente lamentava che il giudice di merito non avesse adeguatamente motivato la ragione per cui non lo avesse prosciolto ai sensi dell’art. 129 c.p.p. La Cassazione ha smontato questa tesi su due fronti.
In primo luogo, ha ricordato che, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la richiesta di patteggiamento equivale a un’ammissione del fatto. Pertanto, il giudice è tenuto a prosciogliere solo se dagli atti emerga in modo evidente una causa di non punibilità, e la motivazione sul punto può essere anche solo meramente enunciativa. Nel caso di specie, il Tribunale aveva comunque motivato, richiamando gli atti di indagine.
In secondo luogo, e questo è l’aspetto decisivo, la Corte ha sottolineato che la doglianza relativa alla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. non rientra nel novero dei motivi tassativi previsti dal citato art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte Suprema ha stabilito che il ricorso era fondato su doglianze non consentite dalla legge. Con l’entrata in vigore della riforma del 2017, il legislatore ha inteso ridurre le ipotesi di impugnazione delle sentenze di patteggiamento per garantire una maggiore stabilità a questo rito premiale. Di conseguenza, ogni motivo di ricorso che non rientri precisamente in una delle quattro categorie elencate dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., deve essere dichiarato inammissibile. Il ricorso è stato quindi rigettato de plano, ovvero senza udienza, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, c.p.p.
Le Conclusioni e le Conseguenze Pratiche
La pronuncia conferma la linea di rigore della Cassazione nell’interpretare i limiti del ricorso contro le sentenze di patteggiamento. La conseguenza pratica di questa decisione è duplice. Da un lato, l’imputato che sceglie la via del patteggiamento deve essere consapevole che la sua possibilità di impugnare la sentenza è estremamente limitata. Dall’altro, per l’avvocato difensore, emerge la necessità di una valutazione ancora più attenta e ponderata prima di intraprendere la via del ricorso.
In caso di inammissibilità, infatti, scatta la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una congrua somma alla Cassa delle Ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in quattromila euro. Questa ordinanza serve quindi da monito: il ricorso patteggiamento non è un’istanza per rimettere in discussione il merito della vicenda, ma uno strumento eccezionale per contestare vizi specifici e legalmente predeterminati.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No. Dopo la riforma introdotta dalla legge n. 103 del 2017, l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. limita il ricorso a quattro motivi specifici: problemi nell’espressione della volontà, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Contestare la mancata assoluzione immediata (ex art. 129 c.p.p.) è un motivo valido per impugnare un patteggiamento?
No. Secondo questa ordinanza, tale motivo non è compreso nell’elenco tassativo dei motivi per cui è consentito il ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento.
Cosa accade se si propone un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile, spesso senza nemmeno la celebrazione di un’udienza (de plano). In base all’art. 616 c.p.p., il ricorrente è condannato a pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44218 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44218 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 18/02/1989
avverso la sentenza del 19/06/2024 del GIP TRIBUNALE di SAVONA
dato avy(so alle parti;
udita la relazione svolta dal Presidente COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME ha proposto ricorso, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la se epigrafe di applicazione pena su richiesta delle parti pronunciata dal giudice per preliminari del Tribunale di Savona, in relazione reato di furto aggravato in abitazione in Savona il 5.10.2023 .
Deduce, quale unico motivo, violazione di legge e carenza di motivazione in rappor esclusione della sussistenza dei presupposti di proscioglimento di cui all’ad. 129 cod.
Il ricorso è inammissibile in quanto fondato su doglianze manifestamente infondate consentite.
Invero, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di pattegg mentre le delibazioni positive devono essere sorrette dalla concisa esposizione dei relat di fatto e di diritto, la motivazione circa il giudizio negativo sulla mancanza dei pre l’applicazione dell’ad 129 cod. proc. pen. può anche essere meramente enunciativa, p richiesta di applicazione della pena deve essere considerata come ammissione del fat giudice deve pronunciare sentenza di proscioglimento solo qualora dagli atti risultino concreti in ordine alla possibile applicazione di cause di non punibilità (cfr., in tal n. 10372 del 27/09/1995, COGNOME, Rv. 202270, nonché, da ultimo, Sez. 2, n. 41 06/10/2015, COGNOME, Rv. 264595 e Sez. 6, n. 15927 del 01/04/2015, COGNOME, Rv. 263082
In ogni caso il Tribunale ha esaustivamente motivato in punto di esattezza della qualif giuridica ed assenza dei presupposti per una pronuncia ex art. 129 cod. proc. pen. ric gli atti di indagine riepilogati nell’ordinanza di custodia cautelare;
Il motivo dedotto è comunque non consentito, infatti, con l’entrata in vigore della giugno 2017, n. 103., avvenuta il 3 agosto 2017, il pubblico ministero e l’imputato, dettato di cui all’ad. art. 448 comma 2 bis c.p.p., possono proporre ricorso per cassaz la sentenza di applicazione della pena concordata solo per motivi attinenti all’espres volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza qualificazione giuridica del fatto ed all’illegalitù della pena o della misura di sicurez
5.11 ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, de plano, a norma dell’ad. 610, comma 5-bis, c.p.p., introdotto dalla legge n. 103 del 2017 che ha innovato riducendo le di ricorribilità per cassazione della sentenza di patteggiamento.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’ad. 616 c.p.p. del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, congrua, di euro quattromila alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proc della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 21.11.2024