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Ricorso Patteggiamento: Limiti e Inammissibilità

Un imputato per riciclaggio e ricettazione ha proposto ricorso contro una sentenza di patteggiamento. La Cassazione ha dichiarato il ricorso patteggiamento inammissibile, ribadendo che i motivi di impugnazione sono tassativamente previsti dall’art. 448-bis c.p.p. e non includono la presunta violazione dell’obbligo di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro sistema processuale penale che consente di definire il processo in modo rapido. Tuttavia, la sua natura di accordo tra accusa e difesa impone limiti precisi alla possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i confini del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere validamente presentati e quali, invece, conducono a una declaratoria di inammissibilità.

I Fatti del Caso in Esame

Il caso trae origine dal ricorso presentato dalla difesa di un imputato condannato con sentenza di patteggiamento dal GUP del Tribunale di Udine per i delitti di riciclaggio e ricettazione. Il difensore lamentava la violazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale, sostenendo che il giudice di merito avrebbe dovuto, prima di applicare la pena concordata, verificare l’assenza di cause di non punibilità e dare conto di tale verifica nella motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Patteggiamento

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa della normativa che disciplina l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, in particolare l’articolo 448-bis, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Secondo la Suprema Corte, il motivo addotto dal ricorrente non rientra nel novero di quelli tassativamente previsti dalla legge.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha basato la propria pronuncia sulla disciplina specifica introdotta a partire dal 3 agosto 2017. L’art. 448-bis, comma 2-bis, c.p.p. stabilisce che il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento solo ed esclusivamente per i seguenti motivi:

1. Vizi della volontà: attinenti alla libera e consapevole espressione del consenso da parte dell’imputato.
2. Difetto di correlazione: quando vi è una discrepanza tra la richiesta di patteggiamento e quanto deciso nella sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo giuridicamente sbagliato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: nel caso in cui la sanzione applicata sia contraria alla legge.

Nel caso di specie, la doglianza del ricorrente, relativa alla presunta violazione dell’obbligo di proscioglimento immediato ex art. 129 c.p.p., è estranea a questo elenco chiuso. Di conseguenza, il motivo è stato ritenuto manifestamente infondato, il che ha portato inevitabilmente alla declaratoria di inammissibilità del ricorso.

La Corte, applicando l’art. 616 c.p.p., ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro 3.000,00 alla Cassa delle ammende, ravvisando profili di colpa nella proposizione di un’impugnazione priva dei presupposti di legge.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: l’accesso al ricorso patteggiamento è strettamente circoscritto e non può essere utilizzato per sollevare questioni che esulano dai motivi tassativamente indicati dal legislatore. La scelta di accedere a un rito premiale come il patteggiamento comporta una sostanziale rinuncia a far valere determinate doglianze in sede di impugnazione. Per i professionisti legali, ciò si traduce in un monito a valutare con estrema attenzione i presupposti di un eventuale ricorso, per evitare non solo un esito scontato, ma anche un aggravio di spese per il proprio assistito.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, non è possibile. L’art. 448-bis, comma 2-bis del codice di procedura penale elenca tassativamente i soli motivi per cui si può ricorrere: problemi con l’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, o illegalità della pena o della misura di sicurezza.

La mancata verifica da parte del giudice di cause di non punibilità (ex art. 129 c.p.p.) è un motivo valido per impugnare un patteggiamento?
Secondo l’ordinanza in esame, no. Questo motivo non rientra nell’elenco tassativo previsto dall’art. 448-bis, comma 2-bis c.p.p., pertanto un ricorso basato su tale doglianza è considerato manifestamente infondato e viene dichiarato inammissibile.

Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali. Inoltre, come nel caso di specie, se la Corte ravvisa profili di colpa nella proposizione del ricorso, può condannare il ricorrente al pagamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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