Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro sistema processuale penale che consente di definire il processo in modo rapido. Tuttavia, la sua natura di accordo tra accusa e difesa impone limiti precisi alla possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i confini del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere validamente presentati e quali, invece, conducono a una declaratoria di inammissibilità.
I Fatti del Caso in Esame
Il caso trae origine dal ricorso presentato dalla difesa di un imputato condannato con sentenza di patteggiamento dal GUP del Tribunale di Udine per i delitti di riciclaggio e ricettazione. Il difensore lamentava la violazione dell’articolo 129 del codice di procedura penale, sostenendo che il giudice di merito avrebbe dovuto, prima di applicare la pena concordata, verificare l’assenza di cause di non punibilità e dare conto di tale verifica nella motivazione.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Ricorso Patteggiamento
La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa della normativa che disciplina l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, in particolare l’articolo 448-bis, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Secondo la Suprema Corte, il motivo addotto dal ricorrente non rientra nel novero di quelli tassativamente previsti dalla legge.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha basato la propria pronuncia sulla disciplina specifica introdotta a partire dal 3 agosto 2017. L’art. 448-bis, comma 2-bis, c.p.p. stabilisce che il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di patteggiamento solo ed esclusivamente per i seguenti motivi:
1. Vizi della volontà: attinenti alla libera e consapevole espressione del consenso da parte dell’imputato.
2. Difetto di correlazione: quando vi è una discrepanza tra la richiesta di patteggiamento e quanto deciso nella sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo giuridicamente sbagliato.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: nel caso in cui la sanzione applicata sia contraria alla legge.
Nel caso di specie, la doglianza del ricorrente, relativa alla presunta violazione dell’obbligo di proscioglimento immediato ex art. 129 c.p.p., è estranea a questo elenco chiuso. Di conseguenza, il motivo è stato ritenuto manifestamente infondato, il che ha portato inevitabilmente alla declaratoria di inammissibilità del ricorso.
La Corte, applicando l’art. 616 c.p.p., ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro 3.000,00 alla Cassa delle ammende, ravvisando profili di colpa nella proposizione di un’impugnazione priva dei presupposti di legge.
Le Conclusioni
Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: l’accesso al ricorso patteggiamento è strettamente circoscritto e non può essere utilizzato per sollevare questioni che esulano dai motivi tassativamente indicati dal legislatore. La scelta di accedere a un rito premiale come il patteggiamento comporta una sostanziale rinuncia a far valere determinate doglianze in sede di impugnazione. Per i professionisti legali, ciò si traduce in un monito a valutare con estrema attenzione i presupposti di un eventuale ricorso, per evitare non solo un esito scontato, ma anche un aggravio di spese per il proprio assistito.
È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, non è possibile. L’art. 448-bis, comma 2-bis del codice di procedura penale elenca tassativamente i soli motivi per cui si può ricorrere: problemi con l’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, o illegalità della pena o della misura di sicurezza.
La mancata verifica da parte del giudice di cause di non punibilità (ex art. 129 c.p.p.) è un motivo valido per impugnare un patteggiamento?
Secondo l’ordinanza in esame, no. Questo motivo non rientra nell’elenco tassativo previsto dall’art. 448-bis, comma 2-bis c.p.p., pertanto un ricorso basato su tale doglianza è considerato manifestamente infondato e viene dichiarato inammissibile.
Cosa succede se un ricorso contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali. Inoltre, come nel caso di specie, se la Corte ravvisa profili di colpa nella proposizione del ricorso, può condannare il ricorrente al pagamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 45615 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 45615 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 28/09/1978
avverso la sentenza del 20/05/2024 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di UDINE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Udine del 20 maggio 2024 di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. per i delitti di riciclaggio e ricettazione.
1.1 II difensore lamenta la violazione dell’art. 129 cod. proc.pen., in quanto l’estensore avrebbe dovuto dar conto di aver operato la verifica, con esito negativo, dell’assenza di cause di non punibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto è inammissibile.
2.1 Ai sensi dell’art. 448 bis, comma 2 bis cod.proc.pen., entrato in vigore il 3 agosto 2017. “Il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza”; poiché il motivo di ricorso non rientra in nessuno di quelli indicati, Ic stesso è manifestamente infondato.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di C 3.000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 29/10/2024
Il Consigliere estensore
La Presidente