Ricorso Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Cassazione
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito i rigidi limiti all’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. In questo articolo, analizzeremo come il ricorso patteggiamento sia stato dichiarato inammissibile quando basato su motivi non più consentiti dalla legge, focalizzandoci sulle importanti modifiche introdotte dalla riforma del 2017. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale volto a garantire la stabilità e la definitività degli accordi sulla pena.
I Fatti del Caso
Tre individui, dopo aver concordato una pena (patteggiamento) con il Pubblico Ministero per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990), hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione. La sentenza di applicazione della pena era stata emessa dal GUP del Tribunale di Perugia.
L’unico motivo di ricorso sollevato da tutti e tre gli imputati era identico: contestavano alla sentenza di non aver adeguatamente verificato la possibile presenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. In sostanza, sostenevano che il giudice, prima di ratificare l’accordo sulla pena, avrebbe dovuto accertare con maggiore scrupolo che non vi fossero le condizioni per una loro completa assoluzione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili senza nemmeno la necessità di una discussione formale, applicando la procedura semplificata prevista dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di quattromila euro ciascuno alla Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria per aver promosso un ricorso infondato.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso Patteggiamento è Stato Respinsito
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto con la riforma legislativa del 2017. La Corte ha spiegato che questa norma ha drasticamente limitato le possibilità di impugnare una sentenza di patteggiamento.
Precedentemente, era possibile contestare la sentenza di patteggiamento anche per motivi più ampi, inclusa la mancata valutazione delle cause di proscioglimento. Tuttavia, la riforma ha stabilito un elenco tassativo e invalicabile di motivi per cui si può presentare ricorso. Tra questi non figura più la generica doglianza relativa alla violazione dell’articolo 129 c.p.p.
La giurisprudenza citata nell’ordinanza è unanime su questo punto: un ricorso patteggiamento basato sulla presunta mancata verifica delle condizioni per l’assoluzione è oggi inammissibile. La scelta di accedere al patteggiamento implica una sorta di rinuncia a contestare l’accusa nel merito, in cambio di uno sconto di pena. Permettere un’impugnazione su questo punto svuoterebbe di significato l’istituto stesso, che mira alla deflazione del contenzioso giudiziario.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma con forza che la strada del ricorso patteggiamento è oggi estremamente stretta. La decisione di patteggiare deve essere ponderata attentamente, poiché, una volta che il giudice ha ratificato l’accordo, le possibilità di rimetterlo in discussione sono quasi nulle. La riforma del 2017 ha voluto blindare questo istituto, rendendo le sentenze che ne derivano sostanzialmente definitive, salvo per vizi specifici ed espressamente previsti dalla legge (come errori nel calcolo della pena, errata qualificazione giuridica del fatto, ecc.). Questa pronuncia serve da monito: non è possibile utilizzare il ricorso per cassazione come un terzo grado di giudizio mascherato per contestare l’opportunità di una scelta processuale già compiuta.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento sostenendo che il giudice non ha verificato la possibilità di un’assoluzione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, a seguito della riforma del 2017 (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.), questo motivo di ricorso non è più ammesso. L’impugnazione è limitata a casi specifici e tassativamente indicati dalla legge.
Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Perché la legge ha limitato così tanto la possibilità di ricorrere contro il patteggiamento?
La legge n. 103 del 2017 ha introdotto limiti stringenti per rafforzare la stabilità e la definitività delle sentenze di patteggiamento. L’obiettivo è quello di incentivare i riti alternativi e di ridurre il carico di lavoro della Corte di Cassazione, evitando ricorsi basati su motivi generici.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13469 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13469 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME (CUI030J6SB) nato il 15/01/1984 NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 08/11/1991
NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 13/08/1983
avverso la sentenza del 18/10/2024 del GIP TRIBUNALE di PERUGIA
[dato avviso alle part 7 17A
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il GUP presso il Tribunale di Perugia ha applicato la pena, ai sensi degli artt. 444 e ss. cod.proc.pen., in relazione al reato previsto dall’art.73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309.
Il ricorso va dichiarato inammissibile senza formalità di procedura in relazione all’art.610, comma 5bis, cod.proc.pen..
Difatti, l’unico motivo articolato nei rispettivi ricorsi attiene alla generica ordine alla mancata verifica delle condizioni per una pronuncia assolutoria ai sensi dell’art.129 cod.proc.pen..
Peraltro, sulla base della giurisprudenza di questa Corte, in tema di patteggiamento, è inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza applicativa della pena con cui si deduca il vizio di violazione di legge per la mancata verifica dell’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod., atteso che l’art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, limita l’impugnabilità della pronuncia alle sole ipotesi di violazione di legge in esso tassativamente indicate (Sez. 6, n. 1032 del 07/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278337; Sez. F, Ordinanza n. 28742 del 25/08/2020, Messnaoui, Rv. 279761).
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro quattromila ciascuno a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’11 marzo 2025