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Ricorso patteggiamento: limiti dopo la Riforma Orlando

Un’imputata ha presentato ricorso contro una sentenza di patteggiamento per associazione a delinquere, lamentando la mancata valutazione delle cause di proscioglimento. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che dopo la Riforma Orlando, il ricorso patteggiamento è consentito solo per motivi tassativi, tra cui non rientra la motivazione sull’art. 129 c.p.p. La richiesta di patteggiamento, infatti, implica un’ammissione dei fatti.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: La Cassazione e i Limiti della Riforma Orlando

Presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione è una strada stretta e ben definita dal legislatore. Con una recente ordinanza, la Suprema Corte ha ribadito i confini invalicabili posti dalla Riforma Orlando (L. 103/2017), dichiarando inammissibile un ricorso che contestava la motivazione sulla mancata assoluzione immediata. Questa decisione consolida un principio fondamentale: il patteggiamento è un rito premiale che limita fortemente le successive possibilità di impugnazione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento), emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari. La condanna riguardava reati gravi, tra cui l’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti in abitazione e di autovetture.

L’unico motivo di doglianza sollevato dalla difesa era la violazione di legge e la carenza di motivazione in merito alla mancata applicazione dell’art. 129 del codice di procedura penale, ovvero l’obbligo del giudice di prosciogliere l’imputato qualora sussistano evidenti cause di non punibilità.

I Limiti al Ricorso Patteggiamento: La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi interconnessi: la natura stessa del patteggiamento e, soprattutto, le modifiche legislative introdotte dalla cosiddetta Riforma Orlando.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha chiarito in modo inequivocabile le ragioni giuridiche alla base della sua statuizione.

Il Patteggiamento come Ammissione del Fatto

In primo luogo, i giudici hanno ricordato che, secondo la giurisprudenza consolidata, la richiesta di patteggiamento equivale a un’ammissione dei fatti contestati. Di conseguenza, la valutazione del giudice circa l’eventuale proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. è limitata. L’assoluzione immediata è doverosa solo quando dagli atti emergano in modo palese ed incontrovertibile elementi che escludono la punibilità. Per questo, la motivazione del giudice sul punto può essere anche meramente enunciativa, senza necessità di un’analisi approfondita, come avvenuto nel caso di specie in cui il Tribunale aveva fatto riferimento al corposo compendio probatorio raccolto.

L’Impatto Decisivo della Riforma Orlando sul Ricorso Patteggiamento

Il punto cruciale della decisione, tuttavia, risiede nell’applicazione dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla Legge n. 103 del 2017. Questa norma ha drasticamente ridotto le ipotesi di ricorribilità in Cassazione avverso le sentenze di patteggiamento. Il ricorso è ora consentito esclusivamente per i seguenti motivi:

1. Vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Il motivo sollevato dalla ricorrente – ovvero la presunta carenza di motivazione sul rigetto dell’ipotesi di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. – non rientra in nessuna di queste categorie tassative. Di conseguenza, il ricorso è stato ritenuto inammissibile “de plano”, cioè senza necessità di un’udienza, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma della volontà del legislatore di limitare l’accesso alla Cassazione per le sentenze di patteggiamento, al fine di garantire la stabilità delle decisioni e l’efficienza del sistema giudiziario. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, il messaggio è chiaro: la scelta di accedere al rito del patteggiamento è una decisione strategica che preclude quasi ogni possibilità di rimettere in discussione l’accertamento di responsabilità. Le uniche vie di impugnazione rimangono quelle, eccezionali e specifiche, legate a vizi procedurali o a errori macroscopici sulla legalità della pena. La presentazione di un ricorso per motivi non consentiti dalla legge comporta non solo la sua reiezione, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza di patteggiamento lamentando una carenza di motivazione sulla non applicabilità dell’art. 129 c.p.p.?
No, dopo la Riforma Orlando (L. 103/2017), questo motivo non rientra più tra quelli per cui è ammesso il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento, come specificato dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

Cosa implica la richiesta di patteggiamento da parte dell’imputato?
La richiesta di applicazione della pena è considerata un’ammissione del fatto. Di conseguenza, il giudice deve pronunciare una sentenza di proscioglimento solo se dagli atti risulta palesemente evidente una causa di non punibilità.

Quali sono le conseguenze di un ricorso per cassazione dichiarato inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle Ammende. Nel caso di specie, la somma è stata fissata in quattromila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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