Ricorso Patteggiamento: i Motivi Tassativi dopo la Riforma Orlando
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha nuovamente delineato i confini del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere validamente presentati dopo le modifiche introdotte dalla cosiddetta ‘riforma Orlando’. Questa pronuncia è fondamentale per comprendere la portata deflattiva del patteggiamento e i limiti imposti al diritto di impugnazione in questo specifico ambito procedurale.
Il caso in esame riguardava due imputati che, dopo aver concordato una pena per furto aggravato, avevano proposto ricorso per cassazione lamentando un vizio di motivazione da parte del Tribunale. Nello specifico, contestavano la mancata valutazione delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.
I Fatti di Causa
Due soggetti, a seguito di una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento) emessa dal Tribunale di Alessandria per plurimi episodi di furto aggravato, decidevano di impugnare la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione. Il fulcro del loro ricorso era un presunto vizio di motivazione: a loro dire, il giudice di merito non aveva adeguatamente valutato la possibile esistenza di cause di non punibilità che avrebbero dovuto condurre al proscioglimento, anziché all’applicazione della pena concordata.
La Decisione della Corte sul Ricorso Patteggiamento
La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili senza alcuna formalità. La decisione si fonda sull’interpretazione rigorosa della normativa introdotta con la Legge n. 103 del 23 giugno 2017 (riforma Orlando). Tale legge ha modificato l’art. 448 del codice di procedura penale, introducendo il comma 2-bis, che elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha spiegato che, a partire dal 3 agosto 2017, la sentenza di patteggiamento può essere impugnata esclusivamente per i seguenti motivi:
1. Errata espressione della volontà dell’imputato.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
I giudici hanno sottolineato come il ‘vizio di motivazione’ non rientri in questo elenco chiuso. Di conseguenza, una doglianza relativa alla presunta inadeguatezza della motivazione del giudice sulla non ricorrenza delle cause di proscioglimento è, di per sé, un motivo non consentito dalla legge e, pertanto, inammissibile.
Inoltre, la Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato in giurisprudenza: il giudice che accoglie un patteggiamento è tenuto a fornire una motivazione specifica sulla mancata applicazione delle cause di proscioglimento solo se dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano elementi concreti che ne suggeriscano la possibile esistenza. In caso contrario, è sufficiente una motivazione implicita, che si desume dalla stessa scelta di emettere la sentenza di patteggiamento, la quale presuppone la verifica negativa circa la presenza di tali cause.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma l’orientamento restrittivo della Cassazione riguardo all’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La scelta del legislatore, con la riforma Orlando, è stata quella di rafforzare la stabilità di queste decisioni per accelerare i tempi della giustizia. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che la decisione di accedere al rito alternativo deve essere ponderata con estrema attenzione, poiché le possibilità di rimetterla in discussione sono estremamente limitate e circoscritte a vizi di natura formale o di palese illegalità. Il generico vizio di motivazione è definitivamente escluso dalle possibili vie di ricorso.
Dopo la riforma Orlando, per quali motivi si può impugnare una sentenza di patteggiamento?
Una sentenza di patteggiamento può essere impugnata in Cassazione solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza, come stabilito dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
Il vizio di motivazione è un motivo valido per un ricorso patteggiamento?
No, il vizio di motivazione, anche se relativo alla mancata valutazione delle cause di proscioglimento, non rientra nell’elenco tassativo dei motivi per cui è consentito il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento.
Quando il giudice deve motivare specificamente sulla non applicabilità delle cause di proscioglimento in un patteggiamento?
Il giudice deve fornire una motivazione specifica solo nel caso in cui dagli atti processuali o dalle deduzioni delle parti emergano elementi concreti che indichino la possibile applicazione di una causa di non punibilità. In assenza di tali elementi, la motivazione può essere anche implicita.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2896 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2896 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a ACERRA il 03/12/1989 COGNOME NOME nato a ACERRA il 09/11/1984
avverso la sentenza del 14/06/2024 del TRIBUNALE di ALESSANDRIA
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
ricorrente in epigrafe tihproposto ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. Tribunale di Alessandria in relazione a plurimi episodi di rea furto aggravato. Deducono vizio di motivazione in ordine alla mancata valutazione delle cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Va dichiarata l’inammissibilità dei ricorsi senza formalità ai sensi dell’art. 610, com 5 -bis cod. proc. pen, introdotto dall’art. 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017.
Ed invero, a far tempo da tale ultima data, successive alla quale sono sia la richiesta patteggiamento che la relativa impugnativa (cfr. art. 1, co. 51, della L. 23.6.2017 n. 103 pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e so. cod. proc. pen. “solo per motivi attinenti all’espress della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza all’ qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sicurezza” (ar comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n.103/17).
Orbene, é agevole rilevare il vizio dì motivazione non rientra tra i motivi prospettabili il ricorso per cassazione . In ordine al mancato rilievo delle cause di proscioglimento, va, l’altro, ribadito che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui al ri art.129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazio consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dal legge e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art.129 (S.U. 27 marzo 1992, COGNOME; S.U. 27 dicembre 1995, COGNOME).
I ricorsi vanno dunque dichiarati inammissibili, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila ciascuno, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spes processuali e della somma di quattromila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024
Il Co igliere estensore