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Ricorso patteggiamento: limiti di impugnazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 35564/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso patteggiamento presentato da un imputato per tentato furto. L’appello si basava sulla mancata concessione di una circostanza attenuante, un motivo non contemplato tra quelli, tassativi, previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. per l’impugnazione delle sentenze di applicazione della pena su richiesta. La Corte ha ribadito che criticare la valutazione di merito del giudice non rientra nei casi ammessi dalla legge.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? L’Analisi della Cassazione

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo e ratificato dal giudice, le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione torna a ribadire i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, chiarendo perché la contestazione sul mancato riconoscimento di un’attenuante non può trovare spazio in sede di legittimità.

I Fatti del Caso: Il Patteggiamento per Tentato Furto

Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Bologna, con la quale un imputato aveva patteggiato la pena per il reato di tentato furto. Non soddisfatto dell’esito, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione. Il motivo del contendere era uno solo: l’erronea qualificazione giuridica del fatto a causa della mancata applicazione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità, prevista dall’articolo 62, numero 4, del codice penale.

Secondo la difesa, il giudice di merito avrebbe dovuto riconoscere questa attenuante, con un conseguente effetto sulla determinazione finale della pena. L’imputato, pur avendo acconsentito alla pena proposta, ha tentato di rimettere in discussione la valutazione del giudice attraverso il ricorso.

La Decisione della Cassazione e i Limiti del Ricorso Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile. La decisione si fonda su un’applicazione rigorosa della normativa introdotta con la cosiddetta Riforma Orlando (legge n. 103 del 2017), che ha modificato l’articolo 448 del codice di procedura penale.

La Normativa di Riferimento: L’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

Il fulcro della decisione risiede nel comma 2-bis dell’articolo 448 c.p.p. Questa norma stabilisce che il ricorso per Cassazione contro una sentenza di patteggiamento è consentito esclusivamente per motivi attinenti a:

1. L’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato);
2. Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza;
3. L’erronea qualificazione giuridica del fatto;
4. L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Si tratta di un elenco tassativo, che non ammette interpretazioni estensive. Ogni altro motivo di doglianza è escluso.

Perché la critica all’assenza di un’attenuante non è motivo valido

La Corte ha spiegato che la lamentela relativa al mancato riconoscimento di una circostanza attenuante non rientra in nessuna delle categorie ammesse. Non si tratta di un’ipotesi di ‘pena illegale’, poiché la pena concordata e applicata rientrava nei limiti edittali previsti dalla legge per il reato contestato. La critica dell’imputato, infatti, non verteva sulla legalità della sanzione in sé, ma sulla valutazione di merito del giudice che ha portato a quella specifica quantificazione, escludendo l’attenuante.

In sostanza, l’imputato, accettando il patteggiamento, ha implicitamente accettato anche la qualificazione giuridica del fatto e tutte le valutazioni del giudice sulle circostanze, rinunciando a contestarle in un momento successivo.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la propria decisione di inammissibilità evidenziando che il ricorrente, pur avendo manifestato la volontà di accedere al rito alternativo e di concordare la pena, ha successivamente tentato di rimettere in discussione il merito della valutazione del giudice. Questo approccio è in palese contrasto con la natura stessa del patteggiamento, che è un accordo processuale basato sulla rinuncia delle parti a contestare l’accertamento del fatto. La censura sulla mancata applicazione di un’attenuante, che non è stata ritenuta sussistente neanche dalla parte che ha poi formulato la richiesta di pena, costituisce una critica di merito che esula completamente dai ristretti limiti di impugnabilità previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La Corte ha quindi ribadito un principio consolidato, citando numerosa giurisprudenza conforme, secondo cui il ricorso patteggiamento non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda.

Le conclusioni

In conclusione, questa ordinanza rafforza il principio di stabilità delle sentenze di patteggiamento. Chi sceglie questa via processuale deve essere consapevole che le possibilità di impugnazione sono eccezionali e limitate a vizi procedurali gravi o a palesi illegalità, non a riesami delle valutazioni del giudice. La mancata concessione di un’attenuante è una questione di merito che si cristallizza con l’accordo sulla pena. La conseguenza di un ricorso presentato al di fuori di questi stretti binari è, come nel caso di specie, una declaratoria di inammissibilità con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per il mancato riconoscimento di una circostanza attenuante?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il mancato riconoscimento di una circostanza attenuante è una questione di merito e non rientra tra i motivi tassativi per cui è ammesso il ricorso contro una sentenza di patteggiamento, come elencati nell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.

Quali sono i motivi per cui si può fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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