Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26682 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26682 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/11/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di NOME
graTeraWrStrgRiracpt4
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 23 novembre 2023 il GIP presso il Tribunale di Novara ha applicato a NOME, su richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni uno mesi dieci di reclusione ed C 6.000 di multa, con confisca e distruzione dello stupefacente in sequestro, per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza – allegando vizio di legittimità – è stato proposto ricorso per cassazione, in forza del quale è stata censurata l’omessa motivazione con riguardo alla qualificazione giuridica del fatto o all’insussistenza del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso (da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.) è inammissibile.
Deve invero rammentarsi che, secondo quanto previsto dall’art. 448, comma 2 -bis, cod. proc. pen. – disposizione introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 103 – il Pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
In relazione al proposto generico motivo di censura, è nozione consolidata che l’applicazione concordata della pena postula la rinuncia a far valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato (ex multis, Sez. 5, n. 2525 del 24/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269072; Sez. 4, n. 8531 del 17/02/2022, COGNOME, Rv. 282761).
Questa Corte ha inoltre affermato che, in caso di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’accordo intervenuto esonera l’accusa dall’onere della prova e comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il richiamo all’art. 129 cod. proc. pen. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost. (Sez. 4, n. 34494 del 13/07/2006, P.G. in proc. Koumya, Rv. 234824). Essendo la sentenza impugnata motivata con riferimento a tutti i suddetti requisiti e
contenendo, peraltro, elementi specifici dai quali è stata desunta la prova della commissione dei fatti contestati, il vizio denunciato deve ritenersi insussistente.
Da ultimo, La possibilità di ricorrere per cassazione avverso la sentenza, emessa ai sensi dell’art. 444 cod.proc.pen., per errata qualificazione giuridica del fatto, deve ritenersi limitata alle ipotesi in cui trattisi di un errore manifesto e tale, quindi, da far ritenere che vi sia stato un indebito accordo non sulla pena ma sul reato, dovendosi, per converso, escludere detta possibilità, anche sotto il profilo del difetto di motivazione, mentre deve essere esclusa tutte le volte in Cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità (v., ex multis, Sez. 3, n. 34902 del 24/06/2015, COGNOME, Rv. 264153; Sez. 6, n. 15009 del 27.11.2012, COGNOME, Rv. 254865; Sez. 4, n. 10692 dell’11/03/2010, COGNOME, Rv. 246394; Sez. 6, n. 45688 del 20/11/2008, COGNOME, Rv. 241666).
Dunque l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, dovendo in particolare escludersi l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione (Sez. 3, n. 28747 del 19/04/2016, Cenicola, n.m.).
Non può quindi che concludersi, data la manifesta infondatezza delle doglianze, nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 19 aprile 2024.