Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22988 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22988 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME NOME nato a PONTE SAN PIETRO il 15/08/1990
avverso la sentenza del 31/01/2025 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di BERGAMO
ci-O:raztvisg:zat;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale gli è stata applicata richiesta ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. deducendo violazione d e vizio motivazionale per erronea qualificazione giuridica del fatto laddobve n stata esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. 309/90
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il ricorso è palesemente inammissibile per cause che possono dichiarar senza formalità ai sensi dell’art. 610 comma 5bis cod. proc. pen. introdotto da 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017.
Ed invero, a far tempo da tale ultima data, successivi alla quale sono s richiesta di patteggiamento che la relativa impugnativa (cfr. art. 1, co. 51, 23.6.2017 n. 103) il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso cassazione contro la sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e ss. proc. pen. “solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’impu difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza , all’erronea qualificaz ridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sicurezza” comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla legge n.103/17).
Orbene, è agevole rilevare che al di là della mera enunciazione di un mot di ricorso, formalmente consentito, la contestazione dell’erronea qualifica giuridica del fatto risulta inconsistente e si risolve in una formula vuota d nuti, non risultando in alcun modo evidenziati gli elementi di fatto, giustific un diverso inquadramento giuridico del fatto, neppure indicato, o sostanzianti ronea qualificazione giuridica attribuita al fatto e ritenuta in sentenza.
Condivisibilmente, questa Corte dì legittimità ha affermato -e va qui ribad che l’erroneità della qualificazione giuridica del fatto, meramente enun scherma la richiesta di una sentenza di proscioglimento, parimenti immotiva che, in sostanza, elude i limiti normativi (Sez. 6, ord. n. 2721 del 8/1/2018, roua, Rv. 272026). E, in ogni caso, che a seguito dell’introduzione dell’ar comma 2 bis cod. proc. pen. la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione, del fatto contenuto in una sentenza di patteggiame limitata ai casi in cui tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezz semente eccentrica rispetto al contenuto del capo d’imputazione, dovendo in p ticolare escludersi l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale neces passaggio logico del motivo del ricorso, aspetti in fatto e probatori che non ri con immediatezza dalla contestazione (così sez. 6 ord. 3108 dell’8.1.2018, Anto Rv 272252); e, del pari, è stato affermato che in tema di applicazione della
su richiesta delle parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, co. 2 bis, cod. proc. pen. l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi, in diritto, che non risultino evidenti testo del provvedimento impugnato (Sez 1 n. 15553 del 20/03/2018 Rv 272619);
3. E’ da tempo consolidato, peraltro, l’indirizzo di questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di patteggiamento, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza deve essere limitata ai casi di errore manifesto, ossia ai casi in cui sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in un accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità (Sez. 3, n. 34902 del 24/6/2015, COGNOME ed altro, Rv. 264153 in un caso in cui la Corte ha escluso la dedotta violazione di legge nella qualificazione del fatto di cui alla sentenza impugnata in ordine alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309 del 1990, a fronte della detenzione da parte dei due imputati rispettivamente di kg. 110 e 45 lordi di hashish; conf. Sez. 6, n. 15009 del 27/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254865; Sez. 4, n. 10692 dell’ 11/3/2010, COGNOME, Rv. 246394; Sez. 6, n. 45688 del 20/11/2008, COGNOME, Rv. 241666).
La possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza, in altri termini, è limitata ai casi in cui tale quali ficazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, dovendo in particolare escludersi l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza dalla contestazione (cfr. Sez. 7, Ord. n. 39600 del 10/9/2015, COGNOME, Rv. 264766).
In particolare, non sono consentite impugnazioni -come nel caso che ci occupa- generiche o che richiamino, come passaggio logico indispensabile della deduzione, aspetti in fatto e probatori che non risultino con immediatezza, quindi senza alcuna possibilità e tantonneno necessità di interpretazione o integrazione, dalla contestazione. Pertanto, ogni argomentazione pur in diritto che non deduca la palese eccentricità della qualificazione giuridica che è stata proposta al giudice e da questi condivisa, e richieda, per il proprio esame, una premessa in fatto che non risulti con la evidenziata necessaria peculiare immediatezza dal capo di imputazione, è comunque del tutto preclusa.
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R.G.
4. Va considerato che la modifica normativa ha inteso circoscrivere ai casi tassativamente indicati dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen, il ricorso av-
verso la sentenza di patteggiamento al fine di contenere e limitare i ricorsi, spesso strumentali, proposti avverso detto tipo di sentenza, che origina dall’accordo tra
le parti e presuppone l’implicita rinuncia dell’imputato a questioni sulla colpevo- lezza ovvero di tutte le parti che hanno partecipato all’accordo alla diversa quali-
ficazione dei fatti reato e su profili fattuali, non apprezzabili in sede di legittimit nonché la carenza di interesse a contestare l’applicazione della pena nella misura
proposta, purché legale, e ad esigere una articolata motivazione su detti punti, quando la sentenza corrisponda alla volontà pattizia del giudicabile.
Nel caso di specie i dati di fatto, chiaramente descritti nel capo di imputazione, corrispondono alle fattispecie contestate in relazione alle quali le parti hanno libe-
ramente raggiunto l’accordo, ratificato dal giudice, previa verifica del loro corretto inquadramento giuridico.
5. A norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 10/06/2025