Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25368 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 25368 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOMECOGNOME nato a Lavagna il 12/08/2002
avverso la sentenza del 16/04/2025 del G.i.p. del Tribunale di Genova
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 16/04/2025, il G.i.p. del Tribunale di Genova ha applicato a NOME COGNOME su concorde richiesta del suo difensore, munito di procura speciale, e del pubblico ministero, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di nove mesi e 17 giorni di reclusione ed € 300,00 di multa per i reati, unificati dal vincolo della continuazione, di: 1) tentata estorsione ai danni di NOME COGNOME di cui al capo 1) dell’imputazione; 2) cessione illecita di sostanza stupefacente del tipo hashish di cui al capo 2) dell’imputazione; 3) minaccia ai danni di COGNOME NOME NOME COGNOME di cui al capo 3) dell’imputazione.
Avverso l’indicata sentenza del 16/04/2025 del G.i.p. del Tribunale di Genova, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore avv. NOME COGNOME, NOME COGNOME affidato a un unico motivo, con il quale il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., la mancanza e/o la manifesta illogicità della motivazione in ordine all’entità della pena irrogata, in quanto «oco o nulla è illustrato in sede motivazionale quanto
alla congruità o meno della pena, circostanza che invece necessitava di idonea e precisa argomentazione».
5. In base al nuovo comma 2-bis dell’art. 448 cod. proc. pen., inserito dall’art. 1, comma 50, della legge 23 giugno 2017, n. 103, il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Ciò rammentato, si deve rilevare che l’unico motivo di ricorso, il quale concerne non l’illegalità della pena – da intendere come sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico ovvero eccedente, per specie e quantità, il limite legale – ma profili attinenti alla motivazione della commisurazione della stessa non rientra tra i suddetti casi per i quali è ammesso il ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento.
La Corte di cassazione ha infatti chiarito che è inammissibile, a norma dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione che deduca motivi concernenti non l’illegalità della pena, intesa come sanzione non prevista dall’ordinamento giuridico ovvero eccedente, per specie e quantità, il limite legale, ma profili commisurativi della stessa, discendenti dalla violazione dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ovvero attinenti al bilanciamento delle circostanze del reato o alla misura delle diminuzioni conseguenti alla loro applicazione (Sez. 5, n. 19757 del 16/04/2019, COGNOME, Rv. 276509-01).
Trattandosi di impugnazione proposta contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti dopo l’entrata in vigore della menzionata novella di cui alla legge n. 103 del 2017, il cui art. 1, comma 62, ha aggiunto all’art. 610 cod. proc. pen. il comma 5-bis, il ricorso deve essere trattato nelle forme de plano, ai sensi del secondo periodo di quest’ultimo comma.
Per la ragione sopra indicata, il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di € 3.000,00 in favore cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 27/05/2025.