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Ricorso patteggiamento: limiti all’impugnazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per patteggiamento con cui si contestava la confisca di una somma di denaro. La Corte ha ribadito che, dopo la Riforma Cartabia, l’accordo sulla confisca è vincolante e l’impugnazione è possibile solo per motivi tassativi, tra cui non rientra il vizio di motivazione, ma solo l’eventuale illegalità della misura.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Patteggiamento: Quando è Possibile Impugnare la Sentenza?

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie principali per la definizione alternativa dei procedimenti penali. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo e ratificato dal giudice, quali sono i margini per contestare la decisione? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce sui limiti del ricorso per patteggiamento, specialmente dopo le novità introdotte dalla Riforma Cartabia. Analizziamo la vicenda per comprendere le implicazioni pratiche per l’imputato e la difesa.

I Fatti del Caso: Un Accordo Messo in Discussione

Il caso trae origine da un accordo di patteggiamento relativo a un reato previsto dalla normativa sugli stupefacenti (art. 73, comma 1, D.P.R. 309/1990). Nell’ambito di tale accordo, le parti avevano pattuito, oltre alla pena principale, anche la confisca di una somma di denaro pari a € 1.685,00, ritenuta profitto del reato. L’imputato, non soddisfatto di questo specifico punto della sentenza emessa dal Tribunale, decideva di presentare ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione proprio in relazione alla disposta confisca.

La Decisione della Corte: il Ricorso per Patteggiamento è Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiudendo di fatto ogni possibilità di discussione nel merito. La decisione si fonda su una rigorosa interpretazione delle norme che regolano l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento, evidenziando come non ogni doglianza possa trovare spazio in sede di legittimità.

Le Motivazioni: I Limiti Tassativi all’Impugnazione

Il cuore della pronuncia risiede nell’analisi dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca in modo tassativo i motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Essi sono:
1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato.
2. Mancata correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Errata qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

La Corte sottolinea come il ricorrente, nel caso di specie, abbia dedotto un vizio di motivazione, un motivo non compreso in questo elenco. Pertanto, già solo per questa ragione, il ricorso non poteva essere accolto.

La motivazione si arricchisce con il richiamo alla Riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022), che ha modificato l’art. 444 c.p.p., ampliando l’oggetto dell’accordo tra le parti. Oggi, imputato e PM possono concordare esplicitamente non solo la pena, ma anche l’applicazione o la non applicazione di pene accessorie e le modalità della confisca. Questo ha rafforzato la natura “negoziale” del patteggiamento. Di conseguenza, il controllo del giudice si estende alla congruità di tutti gli elementi dell’accordo, inclusa la confisca.

Facendo leva su un precedente delle Sezioni Unite (sentenza Savin), la Corte ribadisce un principio fondamentale: se una misura di sicurezza come la confisca è inserita nell’accordo, essa diventa parte integrante del patto e non è più discutibile dalle parti, salvo che sia “illegale”. L’illegalità si verifica quando la misura è applicata al di fuori dei casi previsti dalla legge o in forme non consentite, cosa diversa da un presunto difetto di motivazione sulla sua opportunità. Nel caso in esame, non essendo stati ravvisati profili di illegalità nella confisca, il ricorso è stato giudicato inammissibile.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza offre un importante chiarimento pratico: l’accordo raggiunto con il patteggiamento assume un carattere vincolante su tutti i suoi elementi, inclusa la confisca. La Riforma Cartabia, estendendo l’ambito dell’accordo, ha parallelamente ristretto le possibilità di contestazione successiva. L’imputato che accetta di includere la confisca nel patteggiamento, di fatto, rinuncia a contestarne l’opportunità o la motivazione in sede di impugnazione. L’unica porta che rimane aperta per un ricorso per patteggiamento su questo punto è la dimostrazione di una palese illegalità della misura, un’ipotesi ben più rara e circoscritta rispetto a una generica censura sulla motivazione del giudice. Questa pronuncia consolida quindi la stabilità degli accordi di patteggiamento, incentivando le parti a definire con precisione ogni aspetto prima della ratifica del giudice.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No. L’impugnazione è possibile solo per i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che includono problemi relativi al consenso, alla correlazione tra richiesta e sentenza, all’errata qualificazione giuridica del fatto o all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

La confisca concordata nel patteggiamento può essere contestata per un vizio di motivazione?
No. Secondo la Corte, se la confisca è parte dell’accordo tra le parti, non può essere contestata lamentando un vizio di motivazione del giudice. L’unica ragione valida per impugnarla in Cassazione è la sua “illegalità”, cioè se fosse stata applicata in violazione della legge.

Cosa ha cambiato la Riforma Cartabia riguardo al patteggiamento e alla confisca?
La Riforma Cartabia ha modificato l’art. 444 c.p.p., consentendo esplicitamente all’imputato e al Pubblico Ministero di includere nell’accordo di patteggiamento anche le determinazioni sulla confisca (ad esempio, limitandola a specifici beni o a un importo determinato). Questo ha reso la pattuizione sulla confisca vincolante per le parti, una volta ratificata dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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