Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20344 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20344 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a MASSAFRA il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME alARANTO il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a MASSAFRA il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a MASSAFRA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/12/2023 del GIP TRIBUNALE di TARANTO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette le conclusioni del PG che ha chiesto dichiararsi l’inammissib tà del ricorso
CONSIDERATO IN FATTO E RITENUTO IN DIRITTO
Con sentenza del 13 dicembre 2023 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Taranto, su concorde richiesta formulata dalle parti, ha applicato:
a NOME COGNOME la pena di anni quattro, mesi sette, giorni dieci di reclusione ed C 19.600 di multa per continuate violazioni dell’art. 73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (capi 3, 4, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 18 e 21 della imputazione);
a NOME COGNOME la pena di anni quattro, mesi tre, giorni dieci di reclusione ed C 22.000 di multa per continuate violazioni dell’art. 73, comma 1, d.P.R. n.309/90 (capi 28, 29, 30, 31, 32, 33 dell’imputazione);
a NOME COGNOME, la pena di anni quattro, mesi due di reclusione ed C 20.000 di multa per la violazione degli artt. 81, comma 2, cod. pen. e 73, comma 1, d.P.R. n. 309/90 contestata al capo 26 dell’imputazione;
a NOME COGNOME la pena di anni uno, mesi otto di reclusione ed C 2.000 di multa, sostituita con la detenzione domiciliare ai sensi degli artt. 20 bis cod. pen e 545 bis cod. proc. pen., per le violazioni dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90 di cui ai capi 2) e 28), riqualificati i fatti ai sensi dell’art. 73, comma 5, del citato d.P.
COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME hanno proposto tempestivo ricorso contro la sentenza per mezzo dei rispettivi difensori di fiducia.
Col ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME la difesa deduce violazione di legge per essere stata ritenuta corretta la qualificazione giuridica dei fatti. Osserva a tal fine che non è nota la quantità e qualità RAGIONE_SOCIALE sostanze oggetto RAGIONE_SOCIALE attività di spaccio sicché i fatti avrebbero dovuto essere qualificati come violazioni dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90.
Nei rispettivi ricorsi, i difensori di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME deducono vizi di motivazione e violazione di legge. Si dolgono che la sentenza impugnata non abbia motivato riguardo all’insussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni che avrebbero consentito di pronunciare sentenza ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Nessuno dei ricorsi supera il vaglio di ammissibilità.
La difesa di NOME COGNOME lamenta che i fatti ascritti all’imputato non siano stati correttamente qualificati. A sostegno di tali conclusioni si limita a riferi che, per nessuno dei fatti oggetto di imputazione, è stata accertata la quantità
della sostanza detenuta a fini di cessione. Si deve ricordare allora che, per giurisprudenza costante, quando si è proceduto all’applicazione di una pena su richiesta RAGIONE_SOCIALE parti, la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, e un tale errore è configurabile soltanto se si tratta di una qualificazione giuridica che, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, è palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione (cfr. Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, COGNOME, Rv. 281116; Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279842; Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018. COGNOME, Rv. 272619). Così non è net caso in esame e ciò comporta l’inammissibilità del ricorso, nel quale si denunciano errori valutativi in diritto che non risultano evidenti dal testo del provvedimento impugNOME.
I ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME lamentano l’omessa valutazione ai sensi dell’art.129 cod. proc. pen. e pertanto propongono una censura che esula dai limiti di ammissibilità del ricorso per RAGIONE_SOCIALEzione previsti dall’ art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen. Il vizio dedotto, infatti, non attiene all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto correlazione tra la richiesta e la sentenza, alla qualificazione giuridica del fatto neppure all’illegalità della pena.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che i ricorrenti non versassero in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a carico di ciascuno di loro, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE, somma così determinata in considerazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 10 aprile 2024
Il Consigliere estensore
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Il Pr idente