Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17330 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 17330 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/03/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/10/2023 del GIP TRIBUNALE di PERUGIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Perugia che, facendo seguito all’accordo raggiunto tra le parti, ha applicato ex art. 444 cod. proc. pen. a NOME COGNOME e NOME COGNOME la pena, rispettivamente, di anni uno, mesi dieci di reclusione ed euro 600 di multa e quella di anni uno, mesi sei di reclusione ed euro 400 di multa per i reati di furto pluriaggravato e ricettazione e, il primo, anche per resistenza a PU e lesioni.
Avverso detta sentenza ricorrono gli imputati a mezzo del comune difensore di fiducia, lamentando errata qualificazione giuridica del fatto di ricettazione e la mancata riqualificazione nella contravvenzione di cui all’art. 712 cod. pen.
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1. Il ricorso è inammissibile.
Quale premessa circa l’approccio valutativo alla doglianza, il Collegio ricorda i condivisibili insegnamenti di questa Corte, secondo cui la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 1, comma 50′ della legge 23 giugno 2017, n. 103, l’erronea qualificazione del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, con conseguente inammissibilità della denuncia di errori valutativi in diritto che non risultino evidenti dal testo del provvedimento impugnato (Sez. 5, n. 33145 del 08/10/2020, COGNOME, Rv. 279842; Sez. 6, n. 25617 del 25/06/2020, NOME COGNOME, Rv. 279573; Sez. 3, n. 23150 del 17/04/2019, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 275971′ Sez. 1, n. 15553 del 20/03/2018, COGNOME, Rv. 272619). In particolare, la sentenza COGNOME ha precisato che la verifica sull’osservanza della previsione contenuta nell’art. 444, cornma 2, cod. proc. pen. deve essere condotta esclusivamente sulla base dei capi di imputazione, della succinta motivazione della sentenza e dei motivi dedotti nel ricorso. Tale esegesi è in linea con quella prevalente anche prima della riforma Orlando, laddove si era sancito che la qualificazione giuridica, per essere ritenuta erronea, dovesse essere palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, con conseguente inammissibilità di doglianze che presupponessero, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultassero con immediatezza dalla contestazione (Sez. 7, Ordinanza n. 39600 del 10/09/2015, Casarir, Rv. 264766).
Precisati i principi cui la decisione odierna deve ispirarsi, il Collegio osserva che i ricorsi sub iudice sono del tutto generici, giacché si limitano a sostenere apoditticamente la tesi della necessaria derubricaziore, fondando su argomentazioni di fatto estranee al giudizio di legittimità.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. (come modificato ex I. 23 giugno 2017, n. 103), al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 4.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, così equitativamente determinata in relazione ai motivi di ricorso che inducono a ritenere la parte in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. 13/6/2000 n.186).
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso il 26/03/2024.