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Ricorso patteggiamento: limiti all’appello in Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento per un reato di lieve entità in materia di stupefacenti. L’imputato lamentava la mancanza di motivazione sulla qualificazione giuridica del fatto, ma la Corte ha ribadito che, in caso di accordo tra le parti, l’obbligo di motivazione del giudice è limitato alla verifica della correttezza dell’accordo stesso. Il ricorso patteggiamento ha quindi confini ben precisi, e un’impugnazione infondata comporta la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: la Cassazione fissa i paletti sulla motivazione

Quando è possibile contestare una sentenza di patteggiamento? Con la recente ordinanza n. 6505/2024, la Corte di Cassazione torna a chiarire i limiti del ricorso patteggiamento, specificando come l’accordo tra imputato e pubblico ministero influenzi profondamente l’obbligo di motivazione del giudice. La decisione sottolinea che non ogni doglianza è ammissibile, specialmente se riguarda la valutazione dei fatti già accettati dalle parti.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da una sentenza del Tribunale di Taranto, emessa a seguito di un accordo di “patteggiamento” ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale. Un imputato aveva concordato una pena di sei mesi di reclusione e 1.200 euro di multa per il reato di spaccio di lieve entità (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). La pena detentiva era stata poi convertita in un’ulteriore multa di 900 euro.

Nonostante l’accordo, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sentenza del Tribunale fosse viziata da una mancanza di motivazione riguardo alla qualificazione giuridica del fatto come reato di lieve entità. In sostanza, si contestava al giudice di non aver spiegato a sufficienza perché il fatto rientrasse in quella specifica fattispecie di reato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici supremi, l’impugnazione proposta dall’imputato non rientrava nei casi eccezionali previsti dalla legge per contestare una sentenza di patteggiamento.

Le Motivazioni: i confini del ricorso patteggiamento

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla riforma del 2017, stabilisce che una sentenza di patteggiamento può essere impugnata solo per motivi molto specifici, tra cui:

1. Un vizio nell’espressione della volontà dell’imputato.
2. Una mancata correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Un’erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Sebbene il ricorrente avesse formalmente invocato l’erronea qualificazione giuridica, la Corte ha ritenuto il motivo infondato. La Cassazione ha spiegato che, in un procedimento di patteggiamento, l’obbligo di motivazione del giudice è significativamente attenuato. Il consenso prestato dall’imputato all’accordo sulla pena rende superfluo e persino contraddittorio un approfondito scrutinio sui fatti e sulla colpevolezza.

Il giudice del patteggiamento non deve redigere una motivazione complessa come in un processo ordinario, ma è sufficiente che dia atto di aver verificato la correttezza della qualificazione giuridica e la congruità della pena concordata. La semplice affermazione di aver effettuato tale verifica è considerata motivazione sufficiente. L’intento del legislatore, come ribadito dalla Corte, è quello di valorizzare il consenso delle parti e di evitare che il patteggiamento venga usato come un’anticamera per un’ulteriore discussione nel merito in Cassazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato: impugnare una sentenza di patteggiamento è un’operazione complessa e dai margini ristretti. Non è possibile rimettere in discussione la valutazione dei fatti o la ricostruzione della vicenda se si è già prestato il proprio consenso a un accordo sulla pena. Il ricorso patteggiamento è ammesso solo per vizi “strutturali” della sentenza, come un errore di diritto nella qualificazione del reato o l’applicazione di una pena non prevista dalla legge, ma non per una presunta carenza di motivazione sulla valutazione di merito.

Chi decide di percorrere la strada del patteggiamento deve essere consapevole che la possibilità di impugnare la decisione finale è limitata. Un ricorso presentato al di fuori dei casi consentiti, come quello in esame, viene dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita l’impugnazione a motivi specifici, come vizi della volontà, erronea qualificazione giuridica del fatto o illegalità della pena. Non è possibile contestare la valutazione dei fatti su cui si è formato l’accordo.

Perché il ricorso per mancanza di motivazione è stato respinto?
Perché in una sentenza di patteggiamento, l’obbligo di motivazione del giudice è assolto con la semplice affermazione di aver verificato e valutato positivamente i termini dell’accordo tra le parti. Il consenso dell’imputato rende superfluo un’analisi approfondita sulla colpevolezza.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata equitativamente fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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