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Ricorso patteggiamento inammissibile: limiti e motivi

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso patteggiamento inammissibile. L’imputato, condannato per reati legati agli stupefacenti, aveva impugnato la sentenza, ma i motivi addotti non rientravano tra quelli tassativamente previsti dalla legge (art. 448, c. 2-bis c.p.p.), determinando così l’inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro sistema processuale penale che consente di definire il processo in modo più rapido. Tuttavia, la scelta di questo rito speciale comporta delle significative limitazioni al diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i confini entro cui è possibile contestare una sentenza concordata, evidenziando come un ricorso patteggiamento inammissibile sia una conseguenza inevitabile quando i motivi non rientrano nel novero di quelli tassativamente previsti dalla legge.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da una sentenza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) del Tribunale di Bari. In accoglimento di una richiesta concordata tra l’imputato e il Pubblico Ministero, il G.i.p. aveva applicato una pena di cinque anni di reclusione e 30.000 euro di multa per plurimi episodi legati al traffico di sostanze stupefacenti, aggravati ai sensi dell’art. 80, comma 2, del d.P.R. 309/1990.

Nonostante l’accordo raggiunto, il difensore dell’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione avverso la sentenza di patteggiamento.

Il Ricorso in Cassazione: le ragioni della difesa

Il ricorso si fondava su un’unica doglianza: il difetto e l’illogicità della motivazione della sentenza in merito alla sussistenza delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 del codice di procedura penale. In sostanza, la difesa sosteneva che il giudice del patteggiamento non avesse adeguatamente valutato la possibilità di assolvere l’imputato per una delle cause previste dalla legge, che devono essere verificate anche in sede di applicazione della pena su richiesta.

L’inammissibilità del Ricorso nel Patteggiamento

La Corte di Cassazione ha prontamente respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile con una procedura semplificata. La decisione si basa su una norma specifica e cruciale per chi sceglie questo rito: l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa disposizione elenca in modo tassativo i soli motivi per cui una sentenza di patteggiamento può essere impugnata.

La Corte ha rilevato che il motivo addotto dalla difesa – ovvero un vizio di motivazione sulla valutazione delle cause di proscioglimento – non è incluso in questo elenco ristretto. Di conseguenza, il ricorso patteggiamento inammissibile è stata la declaratoria inevitabile.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La motivazione della Suprema Corte è netta e si fonda su un’interpretazione letterale e restrittiva della norma. Il legislatore, introducendo l’art. 448, comma 2-bis, ha voluto limitare drasticamente la possibilità di appello contro le sentenze di patteggiamento per garantire la stabilità delle decisioni basate su un accordo tra le parti. L’idea di fondo è che, avendo l’imputato rinunciato al dibattimento in cambio di uno sconto di pena, egli accetta anche una limitazione dei mezzi di impugnazione.

La doglianza relativa a un presunto difetto di motivazione, come quella sollevata nel caso di specie, esula completamente dai motivi consentiti. Pertanto, la Corte non è nemmeno entrata nel merito della questione, fermandosi a una valutazione preliminare di ammissibilità. La conseguenza di tale declaratoria, come previsto dalla legge, è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un principio consolidato: la scelta del patteggiamento è una decisione strategica che deve essere ponderata con estrema attenzione. Sebbene offra il vantaggio di una pena ridotta e di un processo più celere, chiude quasi ogni porta a future contestazioni sulla valutazione dei fatti o sulla motivazione del giudice. Il ricorso in Cassazione rimane possibile solo per vizi ‘gravi’, come un errore nel calcolo della pena o una errata qualificazione giuridica del fatto, ma non per criticare l’apparato motivazionale del giudice che ha ratificato l’accordo. Per gli operatori del diritto e per gli imputati, ciò significa che ogni valutazione sulla possibile esistenza di cause di proscioglimento deve essere fatta prima di accedere al rito, poiché dopo sarà quasi impossibile farla valere.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è consentita solo per i motivi specifici ed elencati in modo tassativo dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Per quale motivo il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato dalla difesa (vizio di motivazione sulla sussistenza di cause di proscioglimento) non rientra tra quelli previsti dalla legge come validi per impugnare una sentenza di patteggiamento.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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