Ricorso patteggiamento inammissibile: La Cassazione chiarisce i limiti
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto fondamentale del nostro processo penale che permette di definire il giudizio in modo più rapido. Tuttavia, la scelta di questo rito comporta una significativa limitazione del diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con chiarezza i confini entro cui è possibile presentare ricorso, dichiarando un ricorso patteggiamento inammissibile perché fondato su motivi non consentiti dalla legge.
I Fatti del Caso: La contestazione della Pena
Due soggetti avevano concordato con la pubblica accusa una pena di quattro anni e otto mesi di reclusione, oltre a una multa di 20.000 euro, per un reato legato agli stupefacenti, aggravato dalla continuazione. Successivamente, hanno deciso di impugnare la sentenza di patteggiamento davanti alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge nella determinazione della pena. In particolare, la loro doglianza si concentrava sulla congruità dell’aumento di pena applicato dal giudice a titolo di continuazione tra i vari episodi delittuosi.
La Decisione della Corte di Cassazione e il ricorso patteggiamento inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi proposti congiuntamente dai due imputati inammissibili. La decisione si fonda su una stretta interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Secondo i giudici, i motivi addotti dai ricorrenti non rientravano nel catalogo tassativo di censure ammesse contro una sentenza di patteggiamento. Di conseguenza, oltre a rigettare le istanze, la Corte ha condannato entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Le Motivazioni: I limiti dell’Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
La motivazione della Corte è puramente processuale e si incentra sulla natura dell’accordo di patteggiamento e sui limiti del suo controllo in sede di legittimità. Il legislatore, con l’articolo 448, comma 2-bis, c.p.p., ha voluto circoscrivere in modo netto le ragioni per cui una sentenza di patteggiamento può essere messa in discussione.
La Distinzione tra Violazione di Legge e Giudizio di Congruità
Il punto cruciale della decisione risiede nella distinzione tra una vera e propria “violazione di legge” e un giudizio sulla “congruità” della pena. I ricorrenti non contestavano un errore di diritto nel calcolo della pena (ad esempio, un’errata applicazione di una circostanza attenuante), ma la valutazione discrezionale del giudice nel quantificare l’aumento per la continuazione. La Corte ha chiarito che questo tipo di valutazione, attinente al merito della quantificazione della sanzione, non costituisce un motivo di ricorso valido. Le doglianze, essendo prive di specificità e non rientrando tra quelle previste dalla norma, hanno reso il ricorso patteggiamento inammissibile.
La Condanna alla Cassa delle Ammende
La condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende non è una semplice sanzione accessoria. Essa viene disposta quando l’inammissibilità del ricorso è determinata da una colpa del ricorrente. In questo caso, la Corte ha ravvisato tale colpa nella proposizione di un’impugnazione basata su motivi che la legge esclude esplicitamente, dimostrando una negligenza nell’interpretazione delle norme processuali.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
Questa ordinanza serve come un importante monito per la difesa tecnica. La scelta del patteggiamento implica l’accettazione della pena concordata, e le possibilità di rimetterla in discussione sono estremamente limitate. È fondamentale che l’avvocato valuti con la massima attenzione non solo l’opportunità del rito speciale, ma anche i ristretti confini dell’eventuale impugnazione. Un ricorso basato su censure relative alla congruità della pena, anziché su vizi di legittimità tassativamente previsti, è destinato all’inammissibilità e comporterà un ulteriore aggravio di spese per l’assistito.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per contestare la congruità dell’aumento di pena per la continuazione?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che le censure relative alla congruità dell’aumento di pena sono estranee al catalogo dei motivi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale e, pertanto, rendono il ricorso inammissibile.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e, qualora sussistano profili di colpa, anche al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di 3.000 euro per ciascun ricorrente.
Per quale motivo i motivi di ricorso sono stati considerati non consentiti dalla legge?
I motivi sono stati ritenuti non consentiti perché riguardavano la valutazione discrezionale sulla misura della pena (la congruità), mentre la legge permette di impugnare una sentenza di patteggiamento solo per vizi specifici, come errori nel calcolo matematico della pena o nell’applicazione di circostanze, ma non per rimettere in discussione l’adeguatezza della sanzione concordata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5915 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5915 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: RAGIONE_SOCIALE “CUI 01K32V9” nato il 01/05/1985 DBABI RAGIONE_SOCIALE “CUI 01QIAYS” nato il 01/01/1972
avverso la sentenza del 05/07/2024 del TRIBUNALE di BUSTO ARSIZIO
dato avv o alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
(
Rilevato che NOME e NOME, ai quali è stata applicata la pena concordata ex art. 444 e ss. cod. proc. pen. di quattro anni e otto mesi di reclusione e 20.000,00 euro di multa per il reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen. e 73, comma 1, d.P.R 309 del 1990, articolando congiuntamente un unico motivo di ricorso, deducono violazione di legge in relazione alla determinazione della pena;
Considerato che il motivo espone doglianze prive di specificità e comunque non consentite, perché le censure proposte, attenendo alla congruità dell’aumento di pena apportato a titolo d continuazione, sono estranee al catalogo di quelle previste dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.;
Ritenuto, pertanto, che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili, con condanna d entrambi i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, al versamento dell somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, sussistendo profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità;
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2024.