Ricorso Patteggiamento Inammissibile: La Cassazione Chiarisce i Limiti
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un istituto centrale del nostro sistema processuale penale, che permette di definire il processo in modo rapido. Tuttavia, la possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva è soggetta a rigide limitazioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito quando un ricorso patteggiamento inammissibile viene dichiarato tale, offrendo chiarimenti sulla genericità dei motivi e sul consenso dell’imputato. Analizziamo questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso
Il Tribunale di Ravenna, su richiesta concorde delle parti, aveva applicato a un imputato una pena di quattro anni di reclusione e 1.200 euro di multa. La pena riguardava una serie di reati gravi, tra cui rapina aggravata, lesioni, ricettazione e furto con strappo. L’accordo prevedeva l’esclusione della recidiva e il riconoscimento della continuazione tra i reati.
Nonostante l’accordo, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, sollevando due questioni principali: la presunta mancata verifica della reale volontà dell’imputato di accedere al patteggiamento e un vizio di motivazione riguardo all’assenza di cause di proscioglimento.
I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte
Il ricorso si fondava su due pilastri:
1. Violazione di legge per mancata verifica del consenso: Secondo la difesa, il giudice di merito non aveva adeguatamente accertato che il consenso dell’imputato al patteggiamento fosse genuino e volontario.
2. Vizio di motivazione ex art. 129 c.p.p.: La difesa lamentava che il giudice non avesse motivato a sufficienza l’insussistenza di cause che avrebbero dovuto portare al proscioglimento dell’imputato, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.
La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una conclusione netta e inappellabile.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso Patteggiamento è Inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile sulla base di argomentazioni precise e fondate sulla normativa vigente.
La Genericità del Motivo sulla Volontarietà
Il primo motivo è stato giudicato “del tutto generico”. La Corte ha sottolineato che la richiesta di patteggiamento era stata formulata dal difensore, che agiva anche in qualità di procuratore speciale dell’imputato. Fatto cruciale, l’imputato era presente personalmente durante l’udienza e non ha sollevato alcuna obiezione, né riguardo al rito scelto né sulla natura dell’accordo. In un simile contesto, secondo la Cassazione, non sussisteva alcun obbligo per il Tribunale di procedere a una “più accurata verifica” della volontà dell’imputato. Il suo silenzio-assenso in aula è stato considerato una ratifica sufficiente dell’operato del suo legale.
I Limiti Imposti dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p.
Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha richiamato il testo dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca tassativamente i motivi per cui è possibile ricorrere contro una sentenza di patteggiamento. Tra questi non rientra la censura relativa alla presunta esistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. Di conseguenza, il motivo sollevato dalla difesa non era consentito dalla legge, rendendo il ricorso patteggiamento inammissibile anche sotto questo profilo.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in esame rafforza due principi fondamentali in materia di patteggiamento. In primo luogo, la presenza e il silenzio dell’imputato in udienza di fronte alla richiesta di patteggiamento formulata dal suo difensore (munito di procura speciale) costituiscono una tacita approvazione, esonerando il giudice da ulteriori indagini sulla sua volontà, a meno che non emergano elementi concreti di dubbio. In secondo luogo, la decisione ribadisce la natura “chiusa” dei motivi di ricorso contro la sentenza di patteggiamento, come delineati dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p. Chi intende impugnare tale sentenza deve attenersi scrupolosamente a quel catalogo, pena la declaratoria di inammissibilità e la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie con la condanna al versamento di tremila euro alla Cassa delle Ammende.
Un imputato presente in aula può contestare a posteriori un patteggiamento se non ha sollevato obiezioni durante l’udienza?
No. Secondo la Corte, se l’imputato è presente in udienza e non solleva alcuna obiezione rispetto al rito e alla natura dell’accordo proposto dal suo difensore e procuratore speciale, non vi sono ragioni per cui il giudice debba effettuare una verifica più accurata della sua volontà. Il suo comportamento è considerato una ratifica dell’accordo.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per motivi legati alla valutazione delle prove o all’esistenza di cause di proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.)?
No. La Corte ha chiarito che il secondo motivo di ricorso non è consentito, poiché non rientra nel novero dei vizi deducibili in sede di legittimità secondo il riformulato art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che elenca in modo tassativo i motivi di impugnazione.
Cosa succede se un ricorso per Cassazione contro un patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma pecuniaria (nella fattispecie, tremila euro) alla Cassa delle Ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15442 Anno 2019
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15442 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/03/2019
ORDINANZA
sul ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE n. in Marocco il 6/11/1992 -sentita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
avverso la sentenza resa dal Gip del Tribunale di Ravenna in data 11/5/2018
FATTO E DIRITTO
1.Con l’impugnata sentenza il Gip del Tribunale di Ravenna, su concorde richiesta delle part applicava alli imputato, esclusa la recidiva e ritenuta la continuazione, la pena di anni q di reclusione ed euro 1.200,00 di multa in relazione ai delitti di rapina aggravata, l ricettazione e furto con strappo in rubrica ascrittigli.
2.Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, il quale ha dedotto violazione di legge con riguardo alla mancata verifica della volontarietà della richiesta consenso dell’imputato all’applicazione della pena nonché il vizio della motivazione in ord all’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod.proc.pen.
3. Il ricorso è inammissibile. Infatti, il primo motivo è del tutto generico, non esplic ragioni per cui la richiesta di applicazione pena formulata dal difensore e procuratore spec del prevenuto, di cui il Tribunale dà atto, avrebbe dovuto indurre ad una più accurata ver della volontà dell’imputato che, presente in udienza, non ha sollevato alcuna obiezione rispe al rito e alla natura dell’accordo.
Il secondo motivo non è consentito, non rientrando nel novero dei vizi deducibili in sed legittimità nella vigenza del riformulato art. 448, comma 2bis, cod.proc.pen.
4.Alla declaratoria d’inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento del spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi ragi d’esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 15 marzo 2019
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Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME Gallo