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Ricorso patteggiamento inammissibile: limiti Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso patteggiamento inammissibile, ribadendo i rigidi limiti per l’impugnazione delle sentenze emesse con questo rito. Il caso riguardava due soggetti condannati per violazioni della legge sugli stupefacenti. La Corte ha chiarito che, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., le doglianze non rientravano nei motivi tassativamente previsti, portando alla conferma della decisione e alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento Inammissibile: La Cassazione Fissa i Paletti

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato i confini molto stretti entro cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. La decisione sottolinea come il legislatore abbia voluto limitare le possibilità di appello per questo rito speciale, rendendo il ricorso patteggiamento inammissibile nella maggior parte dei casi. Analizziamo questa pronuncia per capire meglio quali sono i motivi validi per un ricorso e quali, invece, sono destinati a fallire.

I Fatti del Caso

Due persone, a seguito di un accordo con la pubblica accusa (patteggiamento), avevano ottenuto una sentenza di condanna dal GIP del Tribunale per plurime violazioni della normativa sugli stupefacenti (art. 73 D.P.R. 309/90). Nonostante l’accordo raggiunto, i difensori dei due imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, lamentando diverse presunte irregolarità.

Un ricorrente sosteneva la carenza di motivazione riguardo alla possibile applicazione dell’art. 129 del codice di procedura penale, che prevede il proscioglimento immediato per evidenza dell’innocenza. L’altro, invece, contestava l’erronea qualificazione giuridica del fatto, la violazione dei criteri per la commisurazione della pena (art. 133 c.p.) e la carenza di motivazione sul riconoscimento della recidiva.

La Decisione della Corte: un Ricorso Patteggiamento Inammissibile

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un’applicazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la riforma del 2017, elenca in modo tassativo i soli motivi per cui una sentenza di patteggiamento può essere impugnata.

La Corte ha stabilito che le censure sollevate dai ricorrenti non rientravano in nessuna delle categorie ammesse dalla legge, risultando quindi palesemente infondate e non proponibili. Di conseguenza, i ricorsi sono stati respinti senza nemmeno un’udienza formale, con una procedura “de plano” prevista appositamente per questi casi dall’art. 610, comma 5-bis c.p.p.

Le Motivazioni

Il cuore della motivazione risiede nella citata norma, l’art. 448, comma 2-bis c.p.p. La Corte ha ricordato che il ricorso contro una sentenza di patteggiamento è consentito esclusivamente per motivi attinenti a:

1. Espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento è stato viziato.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha emesso una decisione non conforme all’accordo tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato contestato è stato inquadrato in una fattispecie errata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza: se la sanzione applicata non è prevista dalla legge o è stata calcolata in modo illegittimo.

I motivi presentati dai ricorrenti, come la presunta carenza di motivazione sulla non applicabilità del proscioglimento ex art. 129 c.p.p. o la valutazione delle circostanze attenuanti, non rientrano in questo elenco. La Corte ha inoltre osservato che, nel merito, la sentenza impugnata aveva comunque, seppur sinteticamente, dato atto della correttezza della qualificazione giuridica e della congruità della pena, basandosi sugli atti di indagine. Pertanto, le censure erano non solo inammissibili dal punto di vista procedurale, ma anche manifestamente infondate.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: l’accesso al ricorso per Cassazione contro una sentenza di patteggiamento è un’eccezione, non la regola. La scelta di questo rito speciale comporta una sostanziale rinuncia a contestare nel merito la valutazione del giudice, salvo i casi di illegalità palese o di vizi procedurali gravi elencati dalla legge. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, ciò significa che la decisione di patteggiare deve essere ponderata attentamente, poiché le vie per rimetterla in discussione sono estremamente limitate. La pronuncia ribadisce la finalità deflattiva del patteggiamento, volto a garantire una rapida definizione del processo, accettando un margine di rinuncia alle garanzie del dibattimento in cambio di uno sconto di pena.

È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. Il ricorso è ammesso solo per un numero limitato e specifico di motivi previsti dalla legge, come chiarito dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono i motivi specifici per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento?
I motivi ammessi sono esclusivamente quelli relativi all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Cosa accade se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene presentato per motivi diversi da quelli consentiti?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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