Ricorso Patteggiamento Inammissibile: La Cassazione Fissa i Paletti
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili dell’impugnazione contro le sentenze di patteggiamento, chiarendo quando un ricorso patteggiamento inammissibile viene dichiarato tale. La decisione sottolinea come, a seguito della riforma Orlando, i motivi di doglianza siano stati drasticamente limitati, escludendo critiche generiche sulla motivazione della sentenza. Questo principio è fondamentale per comprendere la natura e le conseguenze della scelta di un rito alternativo come l’applicazione della pena su richiesta delle parti.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza emessa dal GIP del Tribunale di Bologna. Con tale sentenza, in accoglimento della richiesta di patteggiamento concordata con il Pubblico Ministero, era stata applicata la pena di cinque anni di reclusione e 18.000 euro di multa per reati legati agli stupefacenti, aggravati ai sensi dell’art. 80, comma 2, del d.P.R. 309/90. L’imputato, nel suo ricorso per Cassazione, lamentava un presunto difetto di motivazione a sostegno della condanna, ritenendola non supportata da un adeguato apparato argomentativo.
La Decisione della Cassazione: il Ricorso Patteggiamento Inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con argomentazioni nette e precise. I giudici hanno evidenziato come i profili di doglianza sollevati fossero non solo generici e infondati, ma soprattutto esclusi dai motivi di impugnazione tassativamente previsti dalla legge per questo tipo di sentenze.
L’ambito Ristretto dell’Impugnazione
Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 448, comma II bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta dalla cosiddetta riforma Orlando, si applica a tutte le richieste di patteggiamento formulate dopo il 3 agosto 2017 e stabilisce che il ricorso per Cassazione è consentito esclusivamente per i seguenti motivi:
1. Errata qualificazione giuridica del fatto;
2. Illegalità della pena applicata;
3. Presenza di vizi del consenso.
Qualsiasi altra censura, inclusa quella relativa a un presunto difetto di motivazione sulla responsabilità penale, esula da questo perimetro e rende, di conseguenza, il ricorso patteggiamento inammissibile.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha spiegato che, nel patteggiamento, il ruolo del giudice non è quello di condurre un’approfondita analisi del merito, bensì di ratificare l’accordo raggiunto tra le parti. Il suo controllo si concentra sulla verifica che non sussistano le condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p. (ad esempio, se il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso). La motivazione della sentenza di patteggiamento può quindi essere sintetica. Questo perché la richiesta stessa di patteggiamento implica una rinuncia volontaria e consapevole da parte dell’imputato a contestare le prove e i fatti che costituiscono l’oggetto dell’imputazione. Si tratta, come ribadito da una consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite, di una scelta processuale che modella la natura stessa dell’accertamento giudiziale.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame consolida un principio chiave del nostro ordinamento processuale: chi sceglie la via del patteggiamento accetta un percorso accelerato in cambio di uno sconto di pena, ma al contempo rinuncia a gran parte delle facoltà di impugnazione. La possibilità di ricorrere in Cassazione non è una porta aperta a qualsiasi critica, ma un rimedio eccezionale, limitato a vizi gravi e specifici che attengono alla legalità della pena, alla corretta classificazione del reato o alla libertà del consenso. Per gli operatori del diritto e per gli imputati, questa pronuncia è un monito chiaro: la valutazione sull’opportunità di accedere al patteggiamento deve essere ponderata attentamente, tenendo conto non solo dei benefici immediati, ma anche delle significative limitazioni alle successive vie di ricorso.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No. Secondo la Corte, la legge limita strettamente i motivi di ricorso per Cassazione contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, escludendo doglianze generiche sulla motivazione.
Quali sono i motivi validi per ricorrere in Cassazione contro un patteggiamento?
I soli motivi ammessi, ai sensi dell’art. 448 comma II bis c.p.p., sono quelli che riguardano l’errata qualificazione giuridica del fatto, l’illegalità della pena concordata e applicata, oppure la presenza di vizi del consenso prestato dall’imputato.
Una motivazione sintetica del giudice rende nulla la sentenza di patteggiamento?
No. La Corte ha ribadito che una motivazione sintetica è pienamente adeguata in caso di patteggiamento, poiché la scelta di questo rito implica una rinuncia da parte dell’imputato alla contestazione delle prove, limitando l’accertamento del giudice alla verifica dell’assenza di cause di proscioglimento immediato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33568 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33568 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SANT’AGATA DI MILITELLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/12/2023 del GIP TRIBUNALE di BOLOGNA
dato avo alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
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COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale il Tribunale di Bologna gli ha applicato, su sua richiesta e con il consenso del PM, ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen., la pena di anni cinque di reclusione ed euro 18.000 di multa giustizia in relazione a ipotesi di cui agli artt.73 e 80 comma 2 dPR 309/90.
Il ricorrente deduce difetto motivazionale a sostegno della pronuncia di condanna non sorretto da adeguato apparato argomentativo.
I profili di doglianza sopra richiamati sono inammissibili in quanto generici, privi di fondamento nonché esclusi dai motivi di impugnazione della sentenza di applicazione della pena su richiesta, come previsto dall’articolo 448 comma II bis cod.proc.pen., a seguito delle modifiche apportate dalla novella Orlando, applicabile ratione temporis in presenza di richiesta formulata dopo la data del 3.8.2017, la quale limita il ricorso per cassazione avverso la sentenza di applicazione della pena su richiesta a profili concernenti la qualificazione giuridica del reato, la illegalità della pena e i vizi del consenso.
3.1 Invero il giudice, nell’applicare la pena concordata, ha ratificato l’accordo intervenuto tra le parti, escludendo motivatamente, sulla base degli atti, che ricorressero i presupposti di cui all’art. 129 c.p.p. per il proscioglimento dell’odierno ricorrente. La pur sintetica motivazione, avuto riguardo alla (consapevole e volontaria) rinunzia alla contestazione delle prove dei fatti costituenti oggetto di imputazione, implicita nella domanda di patteggiamento, nonché alla speciale natura dell’accertamento devoluto al giudice del merito in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti che ne consegue, appare pienamente adeguata ai parametri indicati per tale genere di decisioni dalla ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità (cfr., tra le altre, Sez. un., n. 5777 del 27 marzo 1992, COGNOME, rv. 191135; Sez. un., n. 10372 del 27 settembre 1995, COGNOME, rv. 202270; sez. un., n. 20 del 27 ottobre 1999, COGNOME, rv. 214637).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 26.6.2024