Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile
L’istituto del patteggiamento, disciplinato dall’art. 444 del codice di procedura penale, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione accelerata dei procedimenti penali. Tuttavia, la possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva è soggetta a limiti stringenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 27626/2025, ribadisce con fermezza quali sono i confini del ricorso patteggiamento, chiarendo perché la doglianza sulla motivazione della pena non sia sufficiente per un esame nel merito.
Il Caso in Esame: dal Patteggiamento al Ricorso in Cassazione
Il caso ha origine da una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento) emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Brindisi. L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per cassazione avverso tale provvedimento.
La motivazione principale del ricorso era incentrata sulla presunta violazione di legge e sul vizio di motivazione. In particolare, il difensore sosteneva che il giudice di primo grado non avesse esplicitato i criteri seguiti per la determinazione della sanzione penale concordata tra le parti.
L’Analisi della Cassazione sul Ricorso Patteggiamento
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso patteggiamento manifestamente inammissibile. La decisione si basa su un principio consolidato, rafforzato dalle modifiche legislative introdotte con la legge n. 103 del 2017 (nota come Riforma Orlando).
L’ordinanza richiama espressamente l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma ha introdotto una limitazione significativa ai motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. In sostanza, il legislatore ha voluto circoscrivere il controllo di legittimità a questioni specifiche, escludendo doglianze generiche o relative al merito dell’accordo tra accusa e difesa.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha sottolineato che il ricorrente non si è confrontato con la giurisprudenza ormai consolidata in materia. Secondo gli Ermellini, il ricorso patteggiamento è inammissibile quando si contesta l’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p., a meno che tale possibilità non emerga ictu oculi dagli atti.
In questo caso specifico, la critica mossa dal difensore – relativa alla mancata esplicitazione dei criteri di determinazione della pena – non rientra tra i motivi tassativamente previsti dalla legge per l’impugnazione. L’accordo sulla pena, per sua natura, implica una rinuncia delle parti a contestare la congruità della sanzione, che viene vagliata dal giudice solo sotto il profilo della corretta qualificazione giuridica del fatto e dell’assenza di cause di non punibilità evidenti.
Le Conclusioni: Conseguenze dell’Inammissibilità
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato conseguenze economiche dirette per il ricorrente. In applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte ha condannato l’imputato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, è stato condannato al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria che serve a disincentivare ricorsi dilatori o palesemente infondati.
Questa ordinanza conferma quindi un orientamento rigoroso: il ricorso patteggiamento non può essere utilizzato come un terzo grado di giudizio sul merito della pena concordata. Le porte della Cassazione si aprono solo per violazioni di legge specifiche e rilevanti, lasciando al di fuori le questioni che trovano la loro soluzione nell’accordo stesso tra le parti.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento in Cassazione?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale limita i motivi di ricorso a specifiche violazioni di legge, escludendo contestazioni sulla congruità della pena concordata o sull’omessa valutazione di cause di proscioglimento non evidenti.
Per quale motivo principale il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la motivazione addotta, ovvero la mancata indicazione dei criteri per la determinazione della sanzione, non rientra tra i motivi per i quali la legge consente di impugnare una sentenza di patteggiamento.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso determinata in tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27626 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 27626 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TORINO il 09/10/1968
avverso la sentenza del 25/02/2025 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di Brindisi Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Giudice per le indagini preliminari di Brindisi applicava a NOME COGNOME la pena concordata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge e vizio di motivazione: non sarebbero stati indicati i criteri posti a fondamento della determinazione della sanzione.
Il ricorrente non si confronta con la consolidata giurisprudenza secondo cui ai sensi dell’art. 448, comma 2bis , cod. proc. pen. introdotto con la legge 23 giugno 2017, n. 103,
è inammissibile il ricorso per cassazione, avverso la sentenza di patteggiamento, con il quale si deduca l’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.; in tal caso, la corte provvede a dichiarare l’inammissibilità con ordinanza de plano ex art. 610, comma 5bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 27201401)
3.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’ art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 13 maggio 2025.