Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26243 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26243 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DI NOME COGNOME nato a ROCCA SANTA MARIA il 18/06/1961
avverso la sentenza del 04/12/2024 del GIP TRIBUNALE di TERAMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo vizio motivazionale in relazione alla sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida e violazione di legge circa la mancata applicazione delle circostanze attenuanti ex artt. 62 n. 5 e 62 bis cod. pen. In particolare, lamenta che la valutazione relativa alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente non corrisponda alle emergenze istruttorie e, quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti che il giudice del patteggiamento non abbia considerato il concorso del soggetto passivo del reato, il precario stato di salute del medesimo e la bassa velocità tenuta dall’imputato al momento del sinistro.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
In data 20/06/2025 è stata presentata memoria a firma dell’Avv. NOME COGNOME con cui si insiste per l’ammissibilità del ricorso e per il conseguente accoglimento dello stesso. In particolare, si lamenta che il giudicante di merito, non abbia considerato, omettendone motivazione in sentenza, ai fini dell’applicazione delle circostanze attenuanti ex art. 62 n. 5 cod. pen. e generiche ex art. 62 bis cod. pen. – il precario stato di salute del soggetto passivo del reato: questi, di veneranda età, anni 86, come risulta dalla documentazione sanitaria depositata nel fascicolo del P.M., era stato dimesso, a seguito di degenza per molti giorni nell’Ospedale civile di Teramo, alcune decine di minuti prima del fatto per cui è procedimento. Alcuna considerazione, inoltre, è stata in sentenza, anche in sede di motivazione, ai fini dell’applicazione delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis cod. pen. alla velocità bassissima tenuta dal ricorrente al momento del sinistro: gli airbag della vettura condotta dal ricorrente, come rilevato dai Carabinieri nel proprio rapporto, non si sono attivati tant’è che il veicolo non ha minimamente scarrocciato sulla sede stradale; ciò dimostra che le forze generate dal sinistro sono state assai lievi a testimonianza, appunto, della bassissima velocità tenuta. Il ricorrente, inoltre, non ha mai avuto decurtazioni di punti patente e risulta, all’età di 63 anni, incensurato.
Per quanto concerne i motivi relativi al diniego delle circostanze attenuanti, che non avevano costituito oggetto di pattuizione tra le parti, il motivo è inammissibile.
Ed invero, dal 3 agosto 2017, data successivi alla quale sono sia la richiesta di patteggiamento che la relativa impugnativa (cfr. art. 1, co. 51, della I. 23.6.2017 n. 103) il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione
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contro
la sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e ss. cod. proc. pen. “solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto d correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sicurezza”. E sin dagli albori dell’i tuto di cui agli artt. 444 e ss. cod. proc. pen., questa Corte di legittimità ha chiari che, una volta che l’accordo sia stato ratificato dal giudice, non è più consentito alle parti (anche a quella pubblica) prospettare questioni e sollevare censure con riferimento (come nella specie) all’applicazione delle circostanze ed alla entità della pena), che non siano illegali: anche entro tale ambito, invero, l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto fra le parti (Sez. 5, n. 5210 del 28/10/1999 dep. 2000, Verdi, Rv. 215467). E, ancora di recente, pur prima della novella di cui alla I. 103/2017, era stato ribadito che non potesse proporsi ricorso per cassazione per violazione di legge avverso una sentenza di patteggiamento, sotto il profilo dell’erronea concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, laddove non sussistessero palesi illegalità della pena concordata e in quanto vi sia stata ratifica dell’accordo sanzionatorio tra le parti, anche in ragione della natura semplificata propria della sua motivazione (Sez. 6, Sentenza n. 42837 del 14/5/2013, COGNOME, Rv. 257146).
Va chiarito, infine, che, per qualificare illegale la pena non basta eccepire che il giudice non abbia correttamente esplicato i criteri valutativi che lo hanno indotto ad applicare la pena richiesta, ma occorre che il risultato finale del calcolo non risulti conforme a legge (Sez. 6, n. 18385 del 19/02/2004, Obiapuna, Rv. 228047).
Il motivo afferente alla sanzione amministrativa accessoria irrogata, è astrattamente ammissibile (cfr. Sez. U. n. 21369 del 26/9/2019, dep. 2020, P.G. c/ COGNOME, Rv. 279349 che hanno chiarito esserlo il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen. nei confronti della sentenza di “patteggiamento” con cui si censuri l’erronea ovvero l’omessa applicazione di sanzioni amministrative).
Il motivo, tuttavia, è inammissibile in concreto in ragione della sua assoluta genericità e la mancanza di specificità in tutte le sue articolazioni e del tutto as sertivi. Lo stesso, in particolare, non è sorretto da concreta specificità e pertinenza censoria, perché non si coniuga alla enunciazione di specifiche richieste con connessa indicazione delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che le sorreggono.
Il tutto a fronte di una sanzione amministrativa accessoria applicata in misura assai contenuta (due anni).
Questa Corte di legittimità, ha, peraltro, da tempo chiarito che, con la sentenza applicativa di pena concordata dalle parti resa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. il giudice deve applicare le sanzioni amministrative accessorie previste
dalla legge come conseguenza del reato (Sez. U. n. 8488 del 27/5/1998, COGNOME, Rv. 210981), anche se non oggetto di accordo tra le parti (Sez. 2, n. 49461 del 26/11/2013, COGNOME, Rv. 257871).
L’applicabilità con la sentenza di patteggiannento della sanzione amministrativa accessoria nei casi previsti dall’art. 222 cod. strada, deriva dal fatto la stessa non richiede un giudizio di responsabilità penale, ma consegue di diritto alla sentenza in questione, indipendentemente dalla circostanza che le parti vi abbiano fatto riferimento nell’accordo. (cfr. Sez. 4, n. 36868 del 14/3/2007, Francavilla, Rv. 237231 che ha annullato con rinvio una sentenza di patteggiannento per il reato di omicidio colposo da incidente stradale con la quale il giudice aveva omesso di applicare la sanzione amministrativa accessoria),
Questa Corte di legittimità ha anche chiarito da tempo -e va qui ribadito- e va qui ribadito- che il giudice che, in assenza delle circostanze aggravanti della guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli artt. 589-bis (omicidio stradale) e 590-bis (lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, come consentitogli dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 88/2019, applichi la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, in luogo di quella, meno favorevole, della revoca del titolo di guida, non è tenuto dare conto, in modo puntuale, delle ragioni che lo hanno indotto a scegliere il trattamento più favorevole sulla base dei parametri di cui all’art. 218, co. 2, cod. strada, essendo sufficiente, all’uopo, anche il richiamo alle “circostanze del fatto” e/o alla “gravità della condotta” (cfr. Sez. 4 n. 11479 del 9/3/2021, Conci, Rv. 280832; conf. Sez. 4 n. 28357 del 22/6/2022, Seidita, non mass.). E in altra successiva pronuncia ha aggiunto che, in tali casi, e dunque in situazioni come quella in esame, il riferimento ai parametri ex art. 133 cod. pen., pur se operato solo con riferimento alla pena, appare sufficiente per poter far dire assolto l’obbligo di motivazione richiesto, in ragione della misura scelta e della sua entità (Sez. 4 n. 27476 del 2/7/2021, Oreto, n.nn.). E nel caso che ci occupa il giudice del patteggiamento ha dato conto dell’imprudente condotta di guida tenuta dal Di Giuseppe che non aveva mantenuto nel tratto di strada dell’incidente una velocità conforme alle caratteristiche e alle condizioni della strada. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Costituisce, inoltre, ius receptum di questa Corte il principio che la durata della sospensione della patente di guida deve essere ragguagliata alla gravità del fatto ed alla pericolosità specifica nella guida dimostrata dal condannato, secondo criteri in parte diversi da quelli di cui all’art. 133 cod. pen. cui fa riferimento ricorrente (cfr. Sez. Un., n. 930 del 13/12/1995 dep. 1996, Clarke, Rv. 203429; conf. Sez. 4, n. 75 del 6/11/1998 dep. 1999, Campanelli, Rv. 212197; Sez. 4, n.
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37028 del 3/6/2008, Alcino, Rv. 241959). E che, proprio perché la determinazione della durata della sospensione della patente deve essere effettuata non in base ai
criteri di cui all’art. 133 cod. proc. pen., ma in base ai diversi parametri di cui all’art. 218, co. 2, cod. strada, le motivazioni relative alla misura della sanzione
penale e di quella amministrativa restano tra di loro autonome e non possono essere raffrontate ai fini di un’eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca
del provvedimento (cfr. ex rnultis Sez. 4, n. 4740 del 18/11/2020, dep. 2021, Di
COGNOME, Rv. 280393; Sez. 4, n. 55130 del 9/11/2017, COGNOME, Rv. 271661).
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissi-
bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della san-
zione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 08/07/2025