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Ricorso patteggiamento inammissibile: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di patteggiamento per reati legati agli stupefacenti. L’imputato lamentava la mancanza di motivazione sulla sua responsabilità, ma la Corte ha ribadito che, a seguito della riforma del 2017, il ricorso patteggiamento inammissibile è la regola se non si basa sui motivi tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., tra cui non rientra il vizio di motivazione sulla colpevolezza.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Patteggiamento: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile?

La scelta di definire un processo penale attraverso il patteggiamento comporta conseguenze precise anche sui mezzi di impugnazione disponibili. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito, ancora una volta, i confini ristretti entro cui è possibile contestare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, rendendo il ricorso patteggiamento inammissibile in molti casi. Analizziamo la decisione per comprendere le ragioni giuridiche e le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Nel caso in esame, il Tribunale di Parma, su accordo tra le parti, aveva applicato a un imputato una pena di 3 anni e 8 mesi di reclusione, oltre a 16.000,00 euro di multa, per reati continuati legati allo spaccio di sostanze stupefacenti, previsti dagli artt. 81 c.p. e 73 del d.P.R. 309/1990.

L’imputato, non soddisfatto della sentenza, decideva di proporre ricorso per cassazione, basando le proprie doglianze su una presunta violazione di legge. In particolare, sosteneva che la sentenza fosse viziata per mancanza di motivazione sull’esistenza di cause di proscioglimento e sulla sua effettiva responsabilità penale.

Analisi del ricorso patteggiamento inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla riforma del 2017. Questa norma ha limitato drasticamente i motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono impugnare una sentenza di patteggiamento.

I motivi ammessi sono tassativi e riguardano esclusivamente:
1. L’espressione della volontà dell’imputato (vizi del consenso);
2. Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza;
3. L’erronea qualificazione giuridica del fatto;
4. L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Il motivo sollevato dall’imputato, relativo alla carenza di motivazione sulla colpevolezza, non rientra in questo elenco. Pertanto, la Corte ha concluso che il ricorso patteggiamento inammissibile era l’unica conseguenza processuale possibile.

Le Motivazioni Giuridiche della Cassazione

La Suprema Corte ha spiegato che la logica dietro la limitazione delle impugnazioni è quella di valorizzare l’accordo raggiunto tra accusa e difesa. Scegliendo il patteggiamento, l’imputato implicitamente rinuncia a far valere gran parte delle eccezioni, comprese quelle sulla valutazione della sua responsabilità.

È vero che il giudice, prima di accogliere il patteggiamento, deve comunque verificare l’assenza delle cause di proscioglimento indicate nell’art. 129 c.p.p. (il cosiddetto “proscioglimento evidente”). Tuttavia, la Corte chiarisce che un eventuale vizio di motivazione su questo punto non è più censurabile in Cassazione. Il legislatore ha voluto evitare che, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena, si potesse riaprire una discussione sulla colpevolezza attraverso il ricorso. Il consenso prestato dall’imputato rende, secondo la Corte, “superfluo e contraddittorio” un motivo di impugnazione basato sullo svolgimento dei fatti e sulla responsabilità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: la sentenza di patteggiamento è una sorta di “capitolo chiuso” per quanto riguarda l’accertamento della responsabilità. L’imputato che accetta questo rito ottiene uno sconto di pena ma, in cambio, perde la possibilità di contestare nel merito la valutazione di colpevolezza. Il ricorso in Cassazione rimane un rimedio eccezionale, limitato a vizi procedurali gravi e all’illegalità della sanzione. La conseguenza per il ricorrente, in questo caso, non è stata solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende, a causa della proposizione di un ricorso manifestamente inammissibile.

Perché il ricorso contro la sentenza di patteggiamento è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo sollevato dall’imputato, ovvero la mancanza di motivazione sulla sua responsabilità e sull’assenza di cause di proscioglimento, non rientra nell’elenco tassativo dei motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento, secondo quanto stabilito dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono gli unici motivi validi per ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
I motivi validi sono esclusivamente quelli attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Il giudice del patteggiamento deve verificare l’assenza di cause di proscioglimento?
Sì, il giudice che pronuncia una sentenza di patteggiamento è sempre tenuto ad accertare che non sussistano le cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. Tuttavia, la Corte specifica che un eventuale vizio di motivazione su questo accertamento non è più un motivo valido per presentare ricorso in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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