Ricorso Patteggiamento Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, la scelta di questo rito alternativo comporta precise conseguenze, soprattutto per quanto riguarda le possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza i limiti invalicabili posti dalla legge, confermando come un ricorso patteggiamento inammissibile sia l’esito certo quando si contestano aspetti che il legislatore ha volutamente escluso dal sindacato di legittimità. Analizziamo la decisione per comprendere le ragioni e le implicazioni di tale orientamento.
I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento all’Appello
Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Milano, con la quale un imputato aveva definito la propria posizione attraverso un patteggiamento. I reati contestati erano quelli previsti dagli articoli 474 (introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) e 648 (ricettazione) del codice penale. L’accordo sulla pena, raggiunto tra difesa e accusa, era stato ratificato dal giudice, chiudendo così il primo grado di giudizio.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Nonostante l’accordo, il difensore dell’imputato ha deciso di proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento. La doglianza principale era fondata su una presunta violazione di legge: si sosteneva che il giudice di primo grado avesse omesso di valutare la sussistenza di eventuali cause di proscioglimento, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. Secondo la tesi difensiva, questa omissione avrebbe reso “illegale” l’applicazione della pena concordata, giustificando un intervento della Suprema Corte.
La Decisione della Corte: un Ricorso Patteggiamento Inammissibile
La Corte di Cassazione ha respinto seccamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile con un’ordinanza emessa de plano, ovvero senza udienza. La decisione si fonda su un’interpretazione netta e consolidata della normativa vigente, in particolare di una disposizione introdotta dalla cosiddetta Riforma Orlando.
Le Motivazioni
Il cuore della motivazione risiede nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto con la legge n. 103 del 23 giugno 2017. Questa norma stabilisce in modo inequivocabile che il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è inammissibile se l’imputato lamenta l’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p.
La Corte ha sottolineato che la giurisprudenza su questo punto è ormai consolidata. La ratio della norma è chiara: limitare i motivi di ricorso avverso il patteggiamento per evitare impugnazioni pretestuose e garantire una rapida definizione del processo, in linea con la natura stessa del rito. L’accordo tra le parti sulla pena presuppone una rinuncia a contestare nel merito l’accusa, salvo casi eccezionali espressamente previsti. La mancata valutazione delle cause di proscioglimento non rientra tra questi motivi. Di conseguenza, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’inammissibilità del ricorso, applicando anche l’articolo 610, comma 5-bis, c.p.p., che permette una decisione semplificata per tali casi.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame offre un importante promemoria sulle implicazioni strategiche della scelta del patteggiamento. La decisione di accedere a questo rito non è priva di conseguenze e preclude la possibilità di sollevare in seguito determinate questioni. La normativa introdotta nel 2017 ha blindato la sentenza di patteggiamento da ricorsi volti a rimettere in discussione la valutazione di merito del giudice sull’assenza di cause di proscioglimento. Per i difensori e gli imputati, ciò significa che ogni valutazione sulla possibile applicazione dell’art. 129 c.p.p. deve essere fatta approfonditamente prima di formalizzare l’accordo con il pubblico ministero. Una volta che la pena è stata concordata e ratificata, le vie di impugnazione sono estremamente limitate, e il tentativo di percorrerle al di fuori dei casi consentiti porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità e a un’ulteriore condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento lamentando che il giudice non ha valutato le cause di proscioglimento?
No. Secondo quanto stabilito dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, un simile motivo di ricorso è espressamente dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione non può entrare nel merito di tale doglianza.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in 3.000 euro.
Per quale ragione la legge limita così strettamente i ricorsi contro il patteggiamento?
L’ordinanza si basa su una norma (art. 448, co. 2-bis, c.p.p.) introdotta nel 2017 per rafforzare la stabilità delle sentenze di patteggiamento e per scopi deflattivi. L’obiettivo è evitare che un rito basato sull’accordo tra le parti venga utilizzato come un’opportunità per riaprire, in sede di legittimità, questioni che si presumono superate dalla scelta stessa di patteggiare.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8018 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 8018 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 14/11/2023 del TRIBUNALE di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Tribunale di Milano applicava a NOME la pena concordata per i reati prev dagli artt. 474 e 648 cod. pen..
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deducev
2.1. violazione di legge per mancata valutazione della sussistenza delle ca proscioglimento previste dall’art. 129 cod. proc. pen., il che re derebbe “illegale” l’applicazione della pena concordata.
2.2. Il ricorrente non si confronta con la consolidata giurisprudenza secondo sensi dell’art. 448, comma 2 -bis, cod. proc. pen. introdotto con la legge 23 giugno 2017, n. 103, è inammissibile il ricorso per cassazione, avverso la sentenza di patteggiame con il quale si deduca l’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.; in tal caso, la Corte
provvede a dichiarare l’inammissibilità con ordinanza de plano ex art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Oboroceanu, Rv. 27201401)
3.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonch versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina eguitatívamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 24 gennaio 2024.