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Ricorso patteggiamento inammissibile: la Cassazione

Un individuo ha impugnato una sentenza di patteggiamento per furto aggravato. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso patteggiamento inammissibile, specificando che i motivi proposti non sono consentiti per questa tipologia di sentenza. La Corte ha ribadito che, nel patteggiamento, il semplice richiamo all’art. 129 c.p.p. è sufficiente a dimostrare che il giudice ha escluso cause di proscioglimento, senza necessità di ulteriori analisi. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile?

L’istituto del patteggiamento, previsto dall’art. 444 del codice di procedura penale, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione accelerata dei processi penali. Tuttavia, la scelta di questo rito speciale comporta precise conseguenze, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di impugnare la sentenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso patteggiamento, confermando un orientamento consolidato e sottolineando la natura definitiva dell’accordo tra le parti.

I Fatti di Causa

Il caso in esame ha origine dalla decisione di un imputato di ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale. L’imputato era stato condannato per il reato di furto aggravato ai sensi degli articoli 624 e 625 del codice penale. Nonostante l’accordo raggiunto con la Procura sulla pena da applicare, l’imputato ha tentato di contestare la decisione davanti alla Suprema Corte, sollevando motivi che, tuttavia, si sono scontrati con i paletti procedurali previsti per questo tipo di sentenze.

Limiti del Ricorso Patteggiamento: La Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una procedura semplificata (de plano), senza nemmeno la necessità di un’udienza pubblica. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: non tutti i motivi di doglianza sono ammessi quando si impugna una sentenza di patteggiamento. Il ricorso, infatti, non può trasformarsi in un’occasione per rimettere in discussione il merito della vicenda o la valutazione dei fatti che sono stati posti a base dell’accordo sulla pena.

La Corte ha stabilito che i motivi proposti dal ricorrente non rientravano tra quelli consentiti dalla legge per l’impugnazione di una sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. Questa pronuncia ribadisce che la sentenza di patteggiamento cristallizza l’accordo tra accusa e difesa, e il suo sindacato in sede di legittimità è estremamente circoscritto.

Le Motivazioni della Cassazione

Il fulcro della motivazione risiede nella giurisprudenza consolidata riguardante l’obbligo di motivazione del giudice in caso di patteggiamento. La Corte ha spiegato che, per ritenere valida la sentenza, è sufficiente che il giudice abbia fatto riferimento all’articolo 129 del codice di procedura penale. Questo articolo impone al giudice di pronunciare una sentenza di proscioglimento se ne ricorrono le condizioni. Il semplice richiamo a questa norma, anche implicito, basta a far presumere che il giudice abbia compiuto la sua verifica, escludendo la presenza di evidenti cause di non punibilità.

Non è richiesta, quindi, una disamina analitica e approfondita per escludere l’innocenza dell’imputato. Questo perché la sussistenza degli elementi di colpevolezza è già stata valutata e concordata tra le parti, e nella sentenza impugnata erano già individuati precisi elementi di fatto che riconducevano la condotta all’ipotesi di reato contestata. Contestare questo aspetto in Cassazione equivarrebbe a chiedere una nuova valutazione dei fatti, preclusa in sede di legittimità e, a maggior ragione, nel contesto di un ricorso patteggiamento.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, conferma che la scelta del patteggiamento è una decisione strategica che implica una sostanziale rinuncia a contestare nel merito l’accusa. Le possibilità di impugnazione sono limitate a vizi specifici, come errori nel calcolo della pena, l’erronea qualificazione giuridica del fatto o la violazione di norme procedurali.

In secondo luogo, evidenzia le conseguenze economiche di un’impugnazione infondata. La declaratoria di inammissibilità ha comportato non solo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una cospicua somma (quattromila euro) alla Cassa delle ammende. Questo serve da deterrente contro ricorsi meramente dilatori o esplorativi, rafforzando la stabilità delle sentenze di patteggiamento e l’efficienza del sistema giudiziario.

È sempre possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
No. Il ricorso è ammesso solo per motivi specifici previsti dalla legge, come errori di calcolo della pena o vizi procedurali. Non è possibile utilizzare il ricorso per rimettere in discussione i fatti o la volontarietà dell’accordo raggiunto.

Cosa deve verificare il giudice prima di emettere una sentenza di patteggiamento?
Il giudice deve verificare che non sussistano le condizioni per un proscioglimento immediato dell’imputato, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale. Secondo la Cassazione, il semplice richiamo a questa verifica è sufficiente a motivare la sentenza.

Quali sono le conseguenze se un ricorso contro il patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
Se il ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato a pagare le spese del procedimento e a versare una somma di denaro alla Cassa delle ammende. Nel caso specifico, tale somma è stata fissata in 4.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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