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Ricorso Patteggiamento Inammissibile: i limiti

La Corte di Cassazione ha dichiarato un ricorso patteggiamento inammissibile perché basato su motivi non previsti dalla legge. Un imputato, condannato per furto aggravato a seguito di patteggiamento, aveva impugnato la sentenza contestando l’aggravante. La Corte ha ribadito che i ricorsi contro sentenze di patteggiamento sono limitati a vizi specifici, come l’errata qualificazione giuridica o l’illegalità della pena, escludendo la revisione delle circostanze aggravanti concordate.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento Inammissibile: Quando l’Impugnazione è Vietata

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una scelta processuale strategica che consente di definire il processo penale in modo rapido. Tuttavia, questa scelta comporta una significativa limitazione del diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile contestare una sentenza di patteggiamento, confermando che un ricorso patteggiamento inammissibile è la conseguenza inevitabile se i motivi non rientrano in un elenco tassativo previsto dalla legge.

I Fatti del Caso

Nel caso di specie, un individuo aveva definito la sua posizione processuale attraverso un patteggiamento, ottenendo una condanna a sei mesi di reclusione e 200,00 euro di multa per il reato di furto aggravato ai sensi degli artt. 624 e 625 n. 7 del codice penale. Nonostante l’accordo raggiunto con la pubblica accusa e ratificato dal Tribunale di Genova, l’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per cassazione. L’unico motivo di doglianza riguardava quello che veniva ritenuto un erroneo riconoscimento della circostanza aggravante.

La Decisione della Corte: il Ricorso Patteggiamento Inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile ‘senza formalità’. La decisione si fonda su una precisa norma del codice di procedura penale, l’articolo 448, comma 2-bis. Questa disposizione, introdotta con la riforma del 2017, stabilisce un perimetro molto ristretto per l’impugnazione delle sentenze emesse a seguito di patteggiamento, al fine di garantirne la stabilità e l’effetto deflattivo del contenzioso.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha spiegato che la censura mossa dall’imputato non rientrava in nessuna delle categorie di motivi ammessi dalla legge. L’articolo 448, comma 2-bis, c.p.p. consente il ricorso per cassazione avverso una sentenza di patteggiamento solo per motivi attinenti a:

1. L’espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento è stato viziato.
2. Il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha emesso una pronuncia non conforme all’accordo tra le parti.
3. L’erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato inquadrato in una fattispecie giuridica sbagliata.
4. L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: se la sanzione è contraria alla legge per specie o quantità.

La contestazione relativa alla sussistenza di una circostanza aggravante, che è stata oggetto dell’accordo tra accusa e difesa, non rientra in alcuno di questi ambiti. Di conseguenza, il motivo di ricorso è stato giudicato ‘non consentito’.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento è un atto che cristallizza gran parte degli aspetti del processo, inclusa la valutazione delle circostanze del reato. L’imputato che accede a questo rito alternativo rinuncia consapevolmente alla possibilità di un riesame ampio della sua vicenda processuale. Il ricorso in Cassazione rimane un’opzione eccezionale, limitata a vizi procedurali gravi o a palesi errori di diritto sulla qualificazione del fatto o sulla legalità della pena. La conseguenza di un ricorso presentato al di fuori di questi stretti binari è non solo l’inammissibilità, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma, anche cospicua, a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di 4.000,00 euro.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, non è possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca in modo tassativo i motivi per cui si può ricorrere, e la contestazione di una circostanza aggravante non è tra questi.

Quali sono le conseguenze se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata di 4.000,00 euro.

Contestare l’erroneo riconoscimento di una circostanza aggravante è un motivo di ricorso valido contro una sentenza di patteggiamento?
No, tale motivo non rientra tra quelli specificamente indicati dalla legge. I motivi ammessi riguardano esclusivamente l’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto e l’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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