Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? L’Analisi della Cassazione
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è una procedura che consente di definire rapidamente un processo penale. Tuttavia, le possibilità di impugnare la sentenza che ne deriva sono molto limitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del ricorso patteggiamento, specificando quali motivi non sono ammessi e le conseguenze per chi tenta di percorrere strade non consentite dalla legge.
I Fatti del Caso: Dal Patteggiamento all’Appello
Nel caso in esame, un imputato aveva concordato con il Pubblico Ministero una pena di tre anni di reclusione per reati informatici, specificamente per accesso abusivo a un sistema informatico (art. 615-ter c.p.) e installazione di apparecchiature atte a intercettare comunicazioni (art. 617-quinquies c.p.). La pena era stata applicata dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli.
Successivamente, l’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Il motivo dell’impugnazione era uno solo: la sentenza di patteggiamento sarebbe stata viziata da una carenza di motivazione, poiché il giudice non avrebbe verificato l’assenza di cause di proscioglimento immediato, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale.
La Decisione della Corte di Cassazione: Il Ricorso è Inammissibile
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su una precisa norma introdotta dalla riforma del 2017 (Legge n. 103/2017), ovvero l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Questa norma stabilisce un elenco tassativo dei motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Poiché il motivo sollevato dal ricorrente non rientrava in questo elenco, il ricorso è stato giudicato inammissibile senza nemmeno entrare nel merito della questione.
Le Motivazioni: I Limiti al Ricorso Patteggiamento
Le motivazioni della Corte sono state chiare e lineari, basandosi sull’interpretazione letterale della legge.
La Tassatività dei Motivi di Ricorso
L’articolo 448, comma 2-bis, c.p.p. limita la possibilità di impugnare la sentenza di patteggiamento esclusivamente ai seguenti motivi:
1. Vizi nella espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento non è stato dato liberamente.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha applicato una pena diversa da quella concordata.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo errato.
4. Illegalità della pena applicata: se la sanzione è contraria alla legge.
La Corte ha sottolineato che l’omessa valutazione delle condizioni per una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. non è inclusa in questo elenco. Di conseguenza, presentare un ricorso patteggiamento basato su tale doglianza è un’azione non consentita dalla legge.
La Procedura Semplificata de plano
Data la palese inammissibilità, la Cassazione ha applicato un’altra norma introdotta dalla stessa riforma, l’articolo 610, comma 5-bis, c.p.p. Questa disposizione consente alla Corte di dichiarare l’inammissibilità con un’ordinanza de plano, ovvero senza fissare un’udienza e senza avvisare le parti, accelerando così la definizione del procedimento. Infine, come conseguenza dell’inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 4.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato e ribadisce l’intenzione del legislatore di limitare drasticamente le impugnazioni contro le sentenze di patteggiamento. La logica è quella di preservare l’efficienza e la rapidità del rito, evitando che venga utilizzato come un primo grado di giudizio da contestare sistematicamente.
Per gli avvocati e i loro assistiti, il messaggio è chiaro: la decisione di patteggiare deve essere ponderata attentamente, poiché le possibilità di rimetterla in discussione in seguito sono estremamente ridotte e circoscritte a vizi specifici e gravi. Tentare di contestare la sentenza per motivi non previsti dalla legge porta unicamente a una declaratoria di inammissibilità e a ulteriori sanzioni economiche.
È sempre possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca tassativamente i soli motivi per cui si può ricorrere, come vizi della volontà, illegalità della pena o erronea qualificazione giuridica del fatto.
La mancata valutazione da parte del giudice di una possibile causa di assoluzione è un motivo valido per ricorrere contro un patteggiamento?
No. Secondo la decisione analizzata e la normativa vigente, l’omessa valutazione delle condizioni per il proscioglimento (ex art. 129 c.p.p.) non rientra tra i motivi consentiti dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento.
Cosa succede se si propone un ricorso per patteggiamento per un motivo non consentito?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come conseguenza, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28140 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 28140 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME nato a Sciacca il 27/10/2000 avverso la sentenza del 15/05/2025 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Napoli, su richiesta dell’imputato e con il consenso del Pubblico ministero, ha applicato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a NOME COGNOME la pena di anni tre di reclusione per più reati di cui agli artt. 615ter e 617quinquies cod. pen. unificati dal vincolo della continuazione.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento sulla base di un unico motivo, con il quale lamenta carenza di motivazione in ordine alla insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
L’art. 448, comma 2bis , cod. proc. pen. introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103, entrata in vigore il 3 agosto 2017, ha stabilito che la sentenza di patteggiamento è ricorribile per cassazione solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica e all’illegalità della pena e tra tali motivi non rientra l’omessa valutazione delle condizioni per pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso è, pertanto, inammissibile in quanto proposto per un motivo non consentito dalla legge.
Peraltro, in tale ipotesi, ai sensi dell’art. 610, comma 5bis , cod. proc. pen., anch’esso introdotto dalla legge 23 giugno 2017 n. 103 ed applicabile alla fattispecie, l’inammissibilità del ricorso contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti deve essere dichiarata senza formalità di procedura, ossia con ordinanza de plano senza neppure avvisare le parti della fissazione dell’udienza in camera di consiglio ai fini della instaurazione del contraddittorio.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 4.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/07/2025.