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Ricorso patteggiamento: i motivi di inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento. Gli imputati contestavano la carenza di motivazione sulla responsabilità, ma la Corte ha ribadito che i motivi di ricorso contro una sentenza di patteggiamento sono tassativi e non includono la valutazione nel merito della colpevolezza.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile? L’Analisi della Cassazione

Il ricorso patteggiamento rappresenta un istituto fondamentale del nostro ordinamento processuale, ma quali sono i limiti alla sua impugnazione? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili per chi intende contestare una sentenza emessa a seguito di accordo sulla pena, chiarendo quali motivi sono ammessi e quali conducono a una declaratoria di inammissibilità.

Questa decisione offre spunti cruciali per comprendere la natura del patteggiamento e le conseguenze della scelta di questo rito alternativo.

I Fatti di Causa

Due imputati si erano accordati con il Pubblico Ministero per una pena (patteggiamento) ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale. La sentenza, emessa dal G.U.P. del Tribunale di Bologna, applicava pene detentive e pecuniarie per reati quali invasione di terreni o edifici e falsità ideologica.

Nonostante l’accordo raggiunto, gli imputati decidevano di presentare ricorso per Cassazione, lamentando un vizio specifico: la carenza di motivazione della sentenza. A loro dire, il giudice non aveva adeguatamente giustificato la loro responsabilità penale né aveva considerato la possibilità di un proscioglimento immediato per una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 c.p.p.

Analisi del Ricorso Patteggiamento e la Decisione della Cassazione

Il fulcro del ricorso patteggiamento presentato dagli imputati era la presunta violazione dell’obbligo di motivazione da parte del giudice di primo grado. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente inammissibile.

La decisione si fonda su un’interpretazione rigorosa dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca in modo tassativo i soli motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento. Si tratta di un elenco chiuso, che non lascia spazio a interpretazioni estensive.

I motivi ammessi sono esclusivamente:
1. Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato).
2. Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto contestato.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

Il motivo sollevato dai ricorrenti – la carenza di motivazione sulla responsabilità e sul mancato proscioglimento – non rientra in nessuna di queste categorie.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha spiegato che il ricorso era, oltre che infondato, anche del tutto indeterminato. La critica mossa alla sentenza impugnata si collocava al di fuori del perimetro delineato dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La scelta di accedere al patteggiamento comporta una rinuncia a contestare nel merito la propria colpevolezza, in cambio di uno sconto di pena. Pertanto, non è possibile, in un momento successivo, dolersi del fatto che il giudice non abbia motivato approfonditamente sulla sussistenza del reato.

L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., due conseguenze per i ricorrenti:
– La condanna al pagamento delle spese processuali.
– La condanna al versamento di una somma di 4.000 euro alla Cassa delle ammende, a causa della colpa ravvisata nella formulazione di un’impugnazione palesemente inammissibile.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza della Cassazione è un monito importante sulla natura del patteggiamento. Chi sceglie questo rito deve essere consapevole che le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate. La sentenza di patteggiamento non è un’affermazione di colpevolezza equiparabile a una sentenza dibattimentale, ma un accordo processuale che cristallizza la situazione giuridica.

Di conseguenza, non è possibile utilizzarla come base per un ricorso che metta in discussione il merito della vicenda, come la valutazione della prova o la motivazione sulla responsabilità. L’impugnazione è consentita solo per vizi ‘strutturali’ e ben definiti dalla legge. Qualsiasi tentativo di aggirare questi limiti è destinato a essere dichiarato inammissibile, con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni pecuniarie.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per carenza di motivazione sulla colpevolezza dell’imputato?
No, la sentenza stabilisce che la carenza di motivazione sulla responsabilità o sulla mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p. non rientra tra i motivi tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. per impugnare una sentenza di patteggiamento.

Quali sono i soli motivi per cui si può fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Secondo l’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., i motivi ammessi sono quelli relativi all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non ammessi dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una condanna al pagamento di 4.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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