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Ricorso patteggiamento: i motivi di inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza di patteggiamento per un reato di lieve entità. La Corte chiarisce che il ricorso patteggiamento, dopo la riforma del 2017, è consentito solo per vizi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis c.p.p., tra i quali non rientra la carenza di motivazione sulla responsabilità penale o sulla determinazione della pena.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammesso e Quando è Inutile

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento fondamentale nel nostro sistema processuale penale, volto a definire rapidamente il processo. Tuttavia, le vie per impugnare una sentenza di patteggiamento sono molto strette. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi di doglianza sono destinati a un’inevitabile dichiarazione di inammissibilità. Il caso in esame riguarda un imputato che, dopo aver concordato la pena per un reato di lieve entità in materia di stupefacenti, ha tentato di contestare la sentenza lamentando una carenza di motivazione.

Il Contesto del Caso Giudiziario

Un soggetto, a seguito di un’imputazione per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti (fatto di lieve entità), sceglieva la via del patteggiamento, accordandosi con la pubblica accusa per la pena da applicare. La richiesta veniva accolta dal Tribunale di Foggia con una sentenza emessa nel 2018. Successivamente, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, sollevando un unico motivo: la presunta carenza di motivazione della sentenza sia sulla sua responsabilità penale sia sui criteri utilizzati per quantificare la pena. Una mossa che, come vedremo, si è scontrata con i precisi paletti normativi.

I Limiti del Ricorso Patteggiamento dopo la Riforma

Il cuore della questione risiede nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta Riforma Orlando (L. n. 103/2017). Questa norma ha drasticamente limitato i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione. L’obiettivo del legislatore era quello di dare maggiore stabilità alle sentenze di patteggiamento, evitando ricorsi pretestuosi su aspetti che si considerano superati proprio dall’accordo tra le parti.

Secondo la legge, il ricorso può essere proposto esclusivamente per i seguenti motivi:
1. Vizi della volontà: Problemi legati all’espressione del consenso dell’imputato (ad esempio, se il consenso è stato estorto o dato per errore).
2. Difetto di correlazione: Mancanza di corrispondenza tra l’accusa contestata e il fatto descritto nella sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica: Se il fatto è stato inquadrato in una norma penale sbagliata.
4. Illegalità della pena: Se la pena applicata è illegale per specie o quantità, o se è illegale la misura di sicurezza disposta.

Come si evince, la norma non menziona la carenza di motivazione sulla colpevolezza o sulla commisurazione della pena tra i vizi deducibili.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, applicando rigorosamente il dettato normativo, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che il motivo sollevato dall’imputato – la carenza di motivazione – non rientra in nessuno dei casi tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La scelta di patteggiare implica una rinuncia a contestare l’affermazione di responsabilità, concentrando il controllo del giudice solo sulla correttezza dell’accordo e sulla congruità della pena concordata. Pertanto, lamentarsi a posteriori della mancanza di una motivazione approfondita sulla colpevolezza è una contraddizione in termini.

le motivazioni

La motivazione della Corte è lapidaria e si fonda su un’interpretazione letterale e teleologica della norma. I giudici hanno spiegato che l’introduzione del comma 2-bis ha lo scopo preciso di deflazionare il carico della Cassazione e di rendere più stabile il rito del patteggiamento. Consentire un ricorso per vizi di motivazione sulla responsabilità significherebbe snaturare l’essenza stessa dell’accordo processuale, che si basa proprio sulla rinuncia delle parti a un accertamento completo dei fatti. La doglianza del ricorrente, quindi, si colloca al di fuori del perimetro di controllo consentito alla Corte di legittimità per questa tipologia di sentenze. La decisione è quindi un’automatica conseguenza dell’applicazione della norma.

le conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: la scelta del patteggiamento è una decisione strategica con conseguenze definitive e non una semplice tappa del processo. Una volta che l’accordo è ratificato dal giudice, le possibilità di impugnazione sono estremamente ridotte e limitate a vizi formali e sostanziali di una certa gravità. Non è possibile utilizzare il ricorso per Cassazione per riaprire una discussione sulla colpevolezza o sull’adeguatezza della pena, aspetti che si considerano superati dall’accordo stesso. Di conseguenza, è fondamentale che l’imputato e il suo difensore valutino con estrema attenzione tutti gli elementi prima di richiedere l’applicazione della pena, essendo pienamente consapevoli dei ristretti margini di un’eventuale futura impugnazione.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per carenza di motivazione sulla responsabilità penale?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che, a seguito della riforma del 2017 (art. 448, co. 2-bis c.p.p.), la carenza di motivazione sulla responsabilità o sui criteri di determinazione della pena non rientra tra i motivi ammissibili per un ricorso.

Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è ammesso solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra accusa e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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