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Ricorso patteggiamento: i motivi di inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento, proposto per motivi legati alla valutazione della recidiva. La decisione ribadisce che i motivi di impugnazione per questo rito speciale sono tassativi e non includono la contestazione della recidiva, come stabilito dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: La Cassazione Fissa i Paletti sull’Impugnazione

Con l’ordinanza n. 8188 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui limiti del ricorso patteggiamento, chiarendo in modo definitivo quali motivi possono essere validamente presentati per impugnare una sentenza emessa con questo rito speciale. La decisione sottolinea la natura tassativa delle censure ammissibili, escludendo quelle relative alla valutazione della recidiva.

Il Caso: Dal Patteggiamento in Primo Grado al Ricorso in Cassazione

Il caso ha origine da una sentenza del Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Lecce. A seguito di richiesta di patteggiamento, un imputato veniva condannato alla pena di 4 anni e 4 mesi di reclusione e 22.000 euro di multa per un reato legato agli stupefacenti, previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990.

Contro questa sentenza, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione. Il motivo principale del ricorso era incentrato su un presunto vizio di legittimità relativo al riconoscimento e alla valutazione della recidiva, un’aggravante che incide sulla determinazione finale della pena.

I Limiti del Ricorso Patteggiamento secondo la Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione si fonda su una lettura rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla riforma Orlando (legge n. 103/2017).

Questa norma stabilisce che il ricorso patteggiamento è proponibile esclusivamente per i seguenti motivi:

1. Vizi della volontà: problemi legati all’espressione del consenso dell’imputato al patteggiamento.
2. Difetto di correlazione: quando la sentenza non corrisponde alla richiesta di patteggiamento concordata tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica: se il fatto è stato inquadrato in una fattispecie di reato sbagliata.
4. Illegalità della pena: nel caso in cui la pena applicata sia illegale per specie o quantità, o sia illegale la misura di sicurezza disposta.

La Corte ha evidenziato come la censura relativa alla valutazione della recidiva non rientri in nessuna di queste categorie. Pertanto, un ricorso basato su tale motivo è, per legge, inammissibile.

Le Motivazioni della Decisione

La ratio della norma, come spiegato dalla Suprema Corte, è quella di deflazionare il carico giudiziario e di conferire maggiore stabilità alle sentenze di patteggiamento, che nascono da un accordo tra accusa e difesa. Consentire un’ampia facoltà di impugnazione vanificherebbe lo scopo del rito speciale.

La valutazione della recidiva, e più in generale delle circostanze aggravanti o attenuanti, rientra nell’ambito delle valutazioni di merito del giudice che applica la pena concordata. Non si tratta di un’ipotesi di ‘pena illegale’, ma di una ponderazione che, una volta accettata con il patteggiamento, non può essere rimessa in discussione se non nei ristretti limiti fissati dalla legge.

In aggiunta, la Corte ha notato come il ricorso fosse formulato in modo generico, limitandosi a richiamare una precedente sentenza senza illustrare le concrete ricadute sul caso specifico, un ulteriore profilo di inammissibilità.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. Per gli operatori del diritto, il messaggio è chiaro: la scelta del patteggiamento comporta una rinuncia a far valere gran parte dei possibili vizi della sentenza. Le strategie difensive devono quindi ponderare attentamente questo aspetto.

L’impugnazione di una sentenza di patteggiamento è un percorso a ostacoli, percorribile solo se si riesce a dimostrare uno dei quattro specifici vizi elencati nell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Qualsiasi altro motivo, per quanto fondato possa apparire nel merito, è destinato a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un’errata valutazione della recidiva?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i motivi di ricorso avverso una sentenza di patteggiamento sono tassativamente indicati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., e tra questi non rientra l’erronea valutazione della recidiva.

Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
I motivi sono esclusivamente quelli attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa succede se si presenta un ricorso per patteggiamento per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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