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Ricorso patteggiamento: i motivi di inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso patteggiamento, sottolineando che i motivi di impugnazione sono tassativamente limitati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La doglianza del ricorrente, relativa alla mancata motivazione sull’assenza di cause di proscioglimento, non rientrava tra le censure ammesse, portando alla conferma della condanna e all’addebito delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: La Cassazione Fissa i Paletti sui Motivi di Impugnazione

L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, le possibilità di contestare la sentenza che ne deriva sono state notevolmente circoscritte. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso patteggiamento, dichiarandolo inammissibile se i motivi non rientrano nel novero tassativo previsto dalla legge.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una sentenza del Tribunale di Milano, con cui un imputato, a seguito di un accordo con la pubblica accusa, otteneva l’applicazione di una pena concordata per il reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti, specificamente cocaina, ai sensi dell’art. 73, comma 1, del Testo Unico Stupefacenti. Questa procedura, disciplinata dall’art. 444 del codice di procedura penale, permette di definire il processo più rapidamente in cambio di una riduzione della pena.

Il Ricorso Patteggiamento e i Motivi di Impugnazione

Nonostante l’accordo raggiunto, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento. La doglianza principale si concentrava sulla presunta violazione di legge e sul vizio di motivazione. In particolare, si lamentava che il giudice di primo grado non avesse adeguatamente motivato in merito all’insussistenza delle cause di proscioglimento immediato previste dall’art. 129 del codice di procedura penale. Secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto esplicitare le ragioni per cui non riteneva evidente una possibile assoluzione nel merito prima di ratificare l’accordo tra le parti.

La Riforma del 2017 e i Limiti al Ricorso

È fondamentale richiamare la cosiddetta riforma “Orlando” (Legge n. 103/2017), che ha introdotto l’art. 448, comma 2-bis, nel codice di procedura penale. Questa norma ha stabilito che la sentenza di patteggiamento può essere impugnata con ricorso per cassazione soltanto per un elenco chiuso di motivi:

1. Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato).
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.

Qualsiasi motivo di ricorso che non rientri in una di queste quattro categorie è destinato a essere dichiarato inammissibile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile in modo netto e senza necessità di udienza pubblica. I giudici hanno ribadito che il motivo addotto dal ricorrente – la presunta carenza di motivazione sulle cause di proscioglimento ex art. 129 c.p.p. – non rientra in alcuno dei casi tassativamente previsti dal citato art. 448, comma 2-bis.

La Corte ha spiegato che la volontà del legislatore del 2017 era proprio quella di limitare drasticamente le impugnazioni contro le sentenze di patteggiamento per evitare ricorsi dilatori o pretestuosi. Il controllo del giudice di legittimità è quindi confinato a specifici vizi strutturali dell’accordo o della sentenza, senza poter entrare nel merito della valutazione compiuta dal giudice di primo grado, se non nei limiti dell’errata qualificazione giuridica.

Di conseguenza, la contestazione relativa alla motivazione sulle cause di proscioglimento è stata ritenuta estranea all’ambito del sindacato di legittimità consentito per questo tipo di sentenze.

Le Conclusioni

La pronuncia di inammissibilità ha comportato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000,00 Euro in favore della cassa delle ammende. Questa decisione riafferma un principio cruciale: chi sceglie la via del patteggiamento accetta una definizione del processo con possibilità di impugnazione molto ristrette. La scelta di contestare la sentenza deve basarsi esclusivamente sui motivi tassativamente indicati dalla legge, pena l’inammissibilità del ricorso e le conseguenti sanzioni economiche. L’ordinanza serve da monito sulla necessità di una valutazione attenta e strategica prima di intraprendere la strada del ricorso patteggiamento.

È sempre possibile impugnare una sentenza emessa a seguito di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è consentita solo per i motivi specifici e tassativamente elencati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
I motivi ammessi sono esclusivamente quelli attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.

Cosa accade se un ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene presentato per motivi non previsti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, come stabilito nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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