Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammissibile? La Cassazione Chiarisce i Limiti
Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle questioni più dibattute nella procedura penale, poiché bilancia l’esigenza di deflazione del contenzioso con la tutela dei diritti dell’imputato. Con l’ordinanza n. 18472 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui rigidi confini di ammissibilità di tale impugnazione, confermando un orientamento ormai consolidato. La decisione offre spunti essenziali per comprendere quando e come sia possibile contestare una sentenza emessa a seguito di accordo tra le parti.
I Fatti di Causa
La vicenda trae origine dai ricorsi presentati da sette persone condannate con rito del patteggiamento dal Giudice dell’Udienza Preliminare per reati previsti dall’art. 73 del D.P.R. 309/90, in materia di sostanze stupefacenti. Gli imputati avevano deciso di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando motivi legati, tra gli altri, a una presunta omessa o viziata motivazione e a una generica violazione di legge.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento nella Legge
La Corte Suprema ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili, basando la propria decisione sull’interpretazione restrittiva dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta con la legge n. 103 del 2017, elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Essi sono:
1. Vizi nella espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso all’accordo non è stato prestato liberamente e consapevolmente.
2. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: qualora il giudice abbia deciso su fatti o circostanze diverse da quelle concordate.
3. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato contestato è stato inquadrato in una norma palesemente sbagliata.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: quando la sanzione irrogata è contraria alla legge (es. superiore ai massimi edittali).
Qualsiasi motivo di ricorso che non rientri in questo elenco è, per definizione, inammissibile.
Le Motivazioni della Cassazione
Nel motivare la propria decisione, la Suprema Corte ha chiarito che le doglianze dei ricorrenti non rientravano in nessuna delle categorie consentite. Criticare la sentenza per un vizio di motivazione non è ammesso, poiché la natura stessa del patteggiamento, basata su un accordo, esclude una valutazione approfondita del merito da parte del giudice.
La Corte ha inoltre precisato un punto fondamentale riguardo all’erronea qualificazione giuridica del fatto. Un ricorso patteggiamento basato su tale motivo è ammissibile solo se l’errore del giudice è palese ed eccentrico rispetto ai fatti descritti nel capo di imputazione, e rilevabile ictu oculi, cioè con indiscussa immediatezza, senza la necessità di analizzare elementi di prova o di fatto non emergenti direttamente dalla contestazione. Non è possibile, quindi, utilizzare il ricorso per introdurre una diversa ricostruzione dei fatti.
Infine, è stata ribadita l’inammissibilità del ricorso fondato sulla presunta omessa valutazione delle condizioni per il proscioglimento secondo l’art. 129 c.p.p. (la cosiddetta “assoluzione evidente”), poiché anche questa valutazione esula dai motivi tassativamente previsti.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
La decisione della Cassazione rafforza il principio di stabilità delle sentenze di patteggiamento, concepite dal legislatore come uno strumento per una rapida definizione del processo. Le conclusioni che possiamo trarre sono chiare: l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento è un’eventualità eccezionale e non può essere utilizzata come un terzo grado di giudizio per rimettere in discussione il merito della vicenda o la congruità della pena concordata. Gli avvocati e i loro assistiti devono essere consapevoli che, una volta raggiunto l’accordo, le vie per contestare la sentenza sono estremamente limitate e circoscritte a vizi specifici e di palese illegalità, come delineato dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della perentorietà di tali limiti.
È sempre possibile fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
No, il ricorso è possibile solo per i motivi tassativamente elencati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Per quali motivi si può contestare un’erronea qualificazione giuridica del fatto in un ricorso patteggiamento?
Solo quando la qualificazione giuridica data dal giudice risulta, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, senza che sia necessario analizzare aspetti di fatto o probatori esterni alla contestazione.
Cosa succede se si propone un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione, e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18472 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18472 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/01/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a SORA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SORA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a LATINA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a FONDI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ARPINO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a SORA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a LATINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/05/2023 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di CASSINO
6ato avviso alle parti;)
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
I ricorsi proposti nell’interesse di NOME + 6 condannati ex art. 444 e ss. cod. proc. pen. in ordine a reati ex art. 73 DPR 309/90 sono inammissibili.
Il ricorso, per l’omessa o viziata motivazione della sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. e per violazione di legge è come noto inammissibile.
Ai sensi del comma 2 bis dell’art. 448 cod. proc. pen., come introdotto dalla legge n. 103 del 2017 in vigore dal 3 agosto 2017, il ricorso avverso la sentenza di patteggiamento è proponibile esclusivamente per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richies e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della p o della misura di sicurezza. Tale non può essere una pena solo perché si assume determinata con vizio di motivazione.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, in tema di patteggiamento, anche a seguito dell’introduzione dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai casi in cui ta qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, dovendo in particolare escludersi l’ammissibilità dell’impugnazione che richiami, quale necessario passaggio logico del motivo di ricorso, aspetti in fatto e probatori che non risultino co immediatezza dalla contestazione.
Inoltre, non è proponibile il ricorso per l’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Dunque, i ricorsi sono stati proposti per motivi diversi da quelli di cui al comma 2 bis dell’art. 448 cod. proc. pen. e sono pertanto inammissibili.
Pertanto, i ricorsi devono essere dichiarati, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 26.1.2024