Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammesso e Quando è Inammissibile
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è un rito alternativo che offre notevoli vantaggi in termini di celerità processuale e riduzione della pena. Tuttavia, la scelta di questo percorso comporta delle conseguenze precise, soprattutto per quanto riguarda le possibilità di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, chiarendo quali motivi possono essere sollevati e quali, invece, conducono a una declaratoria di inammissibilità. Analizziamo la decisione per comprendere meglio la portata delle norme introdotte con la Riforma Orlando.
I Fatti del Caso: un Ricorso Basato su Motivi non Consentiti
Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Napoli nei confronti di un imputato accusato di attività illecita di raccolta di rifiuti pericolosi e non. L’imputato, dopo aver concordato la pena con il Pubblico Ministero, decideva di presentare ricorso per cassazione. La sua doglianza non riguardava l’accordo raggiunto, ma si concentrava su un vizio di motivazione: a suo dire, il giudice di merito avrebbe omesso di valutare la possibile applicazione dell’art. 129 del codice di procedura penale, che prevede il proscioglimento immediato qualora sussistano le condizioni per un’assoluzione evidente.
La Decisione della Corte: i Limiti Tassativi del Ricorso Patteggiamento
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in modo netto. La decisione si fonda sull’interpretazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla cosiddetta Riforma Orlando (legge n. 103/2017). Questa norma ha drasticamente limitato le ragioni per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento.
I Motivi Ammessi per l’Impugnazione
La legge stabilisce un elenco tassativo, ovvero una lista chiusa e non ampliabile, dei motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso. Essi sono:
1. Vizi della volontà: problemi legati all’espressione del consenso da parte dell’imputato.
2. Difetto di correlazione: una sentenza che non corrisponde a quanto richiesto nell’accordo.
3. Erronea qualificazione giuridica: un’errata classificazione legale del fatto commesso.
4. Illegalità della pena: l’applicazione di una sanzione non prevista dalla legge o in misura illegale.
Perché la Mancata Motivazione sull’Art. 129 c.p.p. non è un Valido Motivo
La Corte ha evidenziato come la lamentela del ricorrente – relativa alla mancata motivazione sul proscioglimento immediato – non rientri in nessuna delle quattro categorie consentite. Si tratta di una doglianza sul merito della valutazione del giudice, che il legislatore ha scelto di escludere dalle possibilità di impugnazione per dare stabilità e certezza alle sentenze emesse tramite questo rito premiale.
Le Motivazioni della Cassazione
La motivazione della Corte è chiara: la Riforma Orlando ha voluto creare un sistema chiuso per l’impugnazione del patteggiamento. L’obiettivo era quello di deflazionare il carico dei giudizi di appello e di cassazione, evitando che il patteggiamento, nato come strumento di economia processuale, diventasse l’anticamera di ulteriori gradi di giudizio su questioni non essenziali. Consentire un ricorso per motivi diversi da quelli espressamente elencati significherebbe vanificare la ratio della riforma. La scelta di patteggiare implica una rinuncia a far valere determinate difese nel merito, in cambio di un beneficio sanzionatorio. Il controllo di legittimità è quindi circoscritto ai soli vizi strutturali dell’accordo e della sentenza, come delineati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche per la Difesa
La pronuncia in esame rappresenta un importante monito per la difesa. La decisione di accedere al patteggiamento deve essere ponderata attentamente, con la piena consapevolezza che le vie di impugnazione sono estremamente limitate. Non è possibile, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena, tentare di riaprire il merito del processo attraverso il ricorso in Cassazione, sollevando questioni che non rientrano nel perimetro tracciato dal legislatore. La conseguenza di un ricorso inammissibile non è neutra: come nel caso di specie, comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, rendendo la scelta dell’impugnazione non solo infruttuosa ma anche onerosa.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale stabilisce che il ricorso è consentito solo per quattro motivi specifici: problemi nell’espressione della volontà dell’imputato, errore nella qualificazione giuridica del fatto, difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, o illegalità della pena.
La mancata motivazione del giudice sul proscioglimento immediato (art. 129 c.p.p.) è un valido motivo di ricorso contro un patteggiamento?
No, secondo la Corte, questa doglianza non rientra in nessuna delle ipotesi tassativamente previste dalla legge per impugnare una sentenza di applicazione della pena su richiesta.
Cosa succede se si propone un ricorso per patteggiamento per motivi non consentiti?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una sanzione di 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38573 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38573 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 19/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/02/2025 del TRIBUNALE di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Napoli ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., per aver effettuato attività di raccolta d pericolosi e non pericolosi.
Il ricorrente deduce vizio di motivazione in ordine all’omessa applicazione dell’art. 129 co proc. pen., pur risultandone i presupposti dagli atti a disposizione del giudice.
Il ricorso avverso sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. (da trattarsi sensi dell’art. 610, comma 5-bis /cod. proc. pen.) è inammissibile.
Deve invero rammentarsi che, secondo quanto previsto dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. – disposizione introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 103 – il pubblico ministe e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al dife correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’il della pena o della misura di sicurezza.
Nel caso in esame il ricorrente ha allegato la carenza di motivazione circa la mancata applicazione di sentenza di proscioglimento. Quindi, il ricorrente non ha posto a sostegno de suo ricorso alcuna della ipotesi per le quali è attualmente consentito il ricorso per cassazi avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta, non avendo sollevato questioni attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richie sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della mis sicurezza.
Si tratta di doglianze non consentite nel giudizio di legittimità avverso sentenze applicazione della pena su richiesta.
Stante l’inammissibilità del ricorso, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisando assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 19/09/2025
Il consigliere estensore
Il Presidente