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Ricorso patteggiamento: i limiti dopo la riforma

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza di patteggiamento per reati di droga. La Corte chiarisce che, a seguito della riforma del 2017, il ricorso patteggiamento è consentito solo per i motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. La doglianza del ricorrente, relativa all’omessa motivazione su cause di proscioglimento, non rientra tra questi, comportando la condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Ammesso e Quando No

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi confini entro cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento. La decisione in esame offre un importante chiarimento sui motivi di impugnazione ammessi a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 103 del 2017, nota come Riforma Orlando. Analizziamo insieme questo caso per capire quali sono le uniche vie percorribili per contestare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un ricorso presentato dal difensore di un imputato condannato dal Tribunale di Napoli per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73 d.P.R. 309/1990). La condanna era stata emessa a seguito di un accordo tra l’imputato e il pubblico ministero, secondo il rito speciale del patteggiamento previsto dall’art. 444 del codice di procedura penale.

Nonostante l’accordo, la difesa decideva di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio specifico: l’omessa motivazione da parte del giudice di merito sulla possibile presenza di cause di proscioglimento, come previsto dall’art. 129 del codice di procedura penale.

La Questione Giuridica: I Limiti al Ricorso Patteggiamento

La questione centrale del caso riguarda i limiti imposti all’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. Prima della Riforma Orlando del 2017, i motivi di ricorso erano più ampi. Tuttavia, il legislatore è intervenuto per deflazionare il carico della Corte di Cassazione, introducendo l’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Questa norma stabilisce un elenco tassativo e invalicabile di motivi per cui è possibile presentare ricorso. Qualsiasi censura che non rientri in questo elenco è destinata a essere dichiarata inammissibile.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con una procedura snella e senza udienza (de plano), ha dichiarato il ricorso totalmente inammissibile. La conseguenza diretta per il ricorrente è stata la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i ricorsi inammissibili.

Le Motivazioni della Sentenza

I giudici di legittimità hanno motivato la loro decisione in modo chiaro e inequivocabile. Hanno spiegato che le censure proposte dal ricorrente, relative alla presunta omessa motivazione su cause di proscioglimento, esulano completamente dai motivi per cui oggi è consentito il ricorso patteggiamento.

L’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. limita l’impugnazione esclusivamente a quattro specifiche ipotesi:
1. Vizi nella espressione della volontà dell’imputato: ad esempio, se il consenso al patteggiamento non è stato libero e consapevole.
2. Erronea qualificazione giuridica del fatto: se il reato è stato classificato in modo sbagliato.
3. Difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza: se il giudice ha emesso una decisione che non corrisponde all’accordo tra le parti.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata: se la sanzione è contraria alla legge (ad esempio, superiore ai limiti massimi).

Poiché il motivo sollevato dalla difesa non rientrava in nessuna di queste categorie, la Corte non ha potuto fare altro che dichiarare l’inammissibilità del ricorso, citando anche un proprio precedente conforme (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018).

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: le porte della Cassazione per chi ha scelto la via del patteggiamento sono molto strette. La scelta di questo rito speciale comporta una sostanziale rinuncia a far valere gran parte delle possibili doglianze contro la sentenza. Gli avvocati e i loro assistiti devono essere pienamente consapevoli che, una volta raggiunto l’accordo, le uniche contestazioni possibili sono quelle di natura formale o relative a errori macroscopici, come quelli elencati dalla legge. Qualsiasi tentativo di aggirare questi limiti si traduce non solo in un fallimento processuale, ma anche in una sicura condanna a sanzioni economiche.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per qualsiasi motivo?
No, dopo la riforma del 2017 (legge n. 103), il ricorso contro una sentenza di patteggiamento è possibile solo per i motivi tassativamente elencati nell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono gli unici motivi per cui si può fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
I motivi ammessi sono esclusivamente quattro: problemi legati all’espressione della volontà dell’imputato, erronea qualificazione giuridica del fatto, mancanza di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Cosa succede se si presenta un ricorso per patteggiamento per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come accaduto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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