Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3759 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3759 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato in Marocco il 03/03/1992 C.U.I. 05XMOMO
COGNOME NOMECOGNOME nato a San Prisco il 24/02/1949 C.U.I. CODICE_FISCALE NOMECOGNOME nato in Marocco 1’01/01/1984 C.U.I.02LLADG COGNOME NOMECOGNOME nato a Santa Maria Capua Vetere il 20/11/1967
avverso la sentenza del 22/02/2024 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Trieste letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la inammissibilità
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza in epigrafe indicata, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Trieste – su concorde richiesta delle parti ex art. 444 cod.
proc. pen.- applicava in relazione al reato di detenzione ai fini di cessione di sostanza stupefacente ex artt. 73 e 80 d.P.R. del 9 ottobre 1990 n 309 la pena di: -anni quattro e mesi otto di reclusione ed euro 20.000 di multa nei confronti di NOME COGNOME per il reato sub capo f); -anni quattro e mesi dieci di reclusione ed euro 20.000 di multa nei confronti di NOME Baia per i reati sub capi d) e g); -anni cinque di reclusione ed euro 20.000 di multa nei confronti di NOME COGNOME per il reato sub capo f); -anni quattro e mesi sei di reclusione ed euro 20.000 di multa nei confronti di
NOME COGNOME per il reato sub capo g).
Gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori, hanno proposto ricorso.
2.1. NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno dedotto violazione di legge e vizio di motivazione, per non avere il Giudice enunciato le ragioni relative alla mancata ricorrenza di eventuali cause di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen. e il solo Baia la violazione di legge, in relazione all’art. 234 cod. proc. pen., per la mancata restituzione del telefono cellulare in sequestro.
2.2. NOME COGNOME ha dedotto il vizio di violazione di legge e il vizio di motivazione, per avere il Giudice disposto la confisca delle somme di danaro, profitto del reato, senza altra indicazione e senza valutare la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 240 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi non superano il preliminare vaglio di inammissibilità perché proposti per motivi non consentiti.
1.1 L’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. – introdotto dall’art. 1, comma 50, legge 23 giugno 2017 n. 103 – dispone che «il pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere nei confronti della sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazion giuridica del fatto e alla illegalità della pena o della misura di sicurezza».
L’utilizzo da parte del legislatore del termine «solo» e la sua apposizione prima della indicazione dei motivi proponibili rendono, dunque, inammissibili i ricorsi proposti per motivi relativi a profili diversi da quelli ivi elencati.
1.2. Per tale ragione, le ragioni di censura – proposte nei rispettivi atti d gravame – relative sia alla mancanza di motivazione in ordine alla non ricorrenza della cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. sia alla confisca ex art. 240 cod. pen. non rientrano nel delineato perimetro normativo.
Quanto alla confisca può, invero, dedursi solo la illegalità della misura di sicurezza ( Sez. 6, n 7630 del 19/12/2018, Rv. 275210): nel caso in esame, il Giudice di prime cure ha correttamente disposto la misura avendo limitato la confisca alle somme di danaro provento dell’attività di spaccio.
Infine, quanto alla mancata restituzione del telefonino, è sufficiente rilevare come il Giudice non abbia disposto alcuna misura ablatoria, di guisa che il ricorrente NOME COGNOME non vanta alcun interesse ad impugnare.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti – ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. – al pagamento delle spese processuali e al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma che si stima equo fissare in tremila euro, non ravvisandosi una loro assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (vedi Corte Costit., sent. n 186 del 13 giugno 2000).
PQM
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma, il 16/12/2024