Ricorso Patteggiamento: Quando la Cassazione lo Dichiara Inammissibile
Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle questioni più delicate della procedura penale, poiché bilancia l’esigenza di economia processuale con il diritto di difesa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione illumina i confini, spesso rigidi, entro cui è possibile impugnare una sentenza di applicazione della pena su richiesta. Il caso analizzato riguarda un individuo condannato per detenzione di sostanze stupefacenti che ha tentato di contestare in Cassazione la propria colpevolezza, una strada che la legge, come vedremo, non consente.
I Fatti del Caso
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Novara, con sentenza del 13 settembre 2023, applicava a un imputato, su sua richiesta, una pena di due anni e otto mesi di reclusione e dodicimila euro di multa. Il reato contestato era quello previsto dall’art. 73, comma 1, del D.P.R. 309/1990, relativo al trasporto di un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti (circa 1100 grammi di metanfetamine, anfetamine ed ecstasy MDMA).
Nonostante l’accordo raggiunto con la Procura, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione avverso tale sentenza.
I Motivi del Ricorso Patteggiamento Presentato
La difesa dell’imputato ha censurato la sentenza per un presunto vizio di legittimità, ossia l’omessa motivazione riguardo alla non applicabilità dell’art. 129 del codice di procedura penale. Quest’ultimo articolo prevede l’obbligo per il giudice di pronunciare una sentenza di proscioglimento quando risulta evidente una causa di non punibilità. Secondo il ricorrente, mancava la prova del suo consapevole coinvolgimento nel trasporto dello stupefacente, e il giudice del patteggiamento avrebbe dovuto proscioglierlo anziché ratificare l’accordo sulla pena.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su una precisa norma procedurale, l’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotta con la legge n. 103 del 2017. Questa disposizione limita drasticamente i motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento.
Le Motivazioni: I Limiti Imposti dalla Legge
La Corte ha spiegato che il legislatore ha volutamente circoscritto l’impugnabilità delle sentenze di patteggiamento a specifici vizi. Questi includono:
1.  Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato).
2.  Difetto di correlazione tra la richiesta di patteggiamento e la sentenza emessa dal giudice.
3.  Errata qualificazione giuridica del fatto contestato.
4.  Illegalità della pena applicata o della misura di sicurezza disposta.
Il motivo sollevato dal ricorrente – la carenza di motivazione sulla mancata assoluzione per insufficienza di prove – non rientra in nessuna di queste categorie. Si tratta, infatti, di una doglianza che attiene al merito della vicenda e alla valutazione della prova, aspetti che vengono implicitamente superati con la scelta di accedere al rito del patteggiamento. Scegliendo di patteggiare, l’imputato rinuncia a contestare nel merito l’accusa in cambio di uno sconto di pena. Pertanto, non può, in un secondo momento, lamentare in Cassazione che le prove a suo carico non fossero sufficienti.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un principio fondamentale: il patteggiamento è una scelta processuale strategica con conseguenze definitive. L’imputato che accede a questo rito speciale deve essere consapevole che le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate e non possono essere utilizzate per rimettere in discussione la propria responsabilità. La valutazione sulla fondatezza dell’accusa deve essere fatta prima di formulare la richiesta di applicazione della pena. Una volta emessa la sentenza di patteggiamento, il controllo della Corte di Cassazione si restringe ai soli profili di legalità formale e sostanziale elencati dalla legge, escludendo ogni riesame del quadro probatorio.
 
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per motivi legati alla valutazione della prova?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorso avverso una sentenza di patteggiamento non può basarsi su una presunta carenza di motivazione riguardo alla prova, ma solo sui motivi tassativamente elencati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
Quali sono i motivi per cui si può fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
Il ricorso è consentito solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Cosa succede se si presenta un ricorso per patteggiamento per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (nel caso di specie, 3.000 euro) a favore della Cassa delle Ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6478 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 6478  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/09/2023 del GIP TRIBUNALE di NOVARA
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udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOIIVAZIONE
 Con sentenza del 13 settembre 2023 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Novara ha applicato a NOME, su richiesta ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di anni due mesi otto di reclusione ed euro dodicimila di multa, per il reato di cui all’art. 73 comma 1 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza – allegando vizio di legittimità – è stato proposto ricorso per cassazione, in forza del quale è stata censurata l’omessa motivazione con riguardo alla ritenuta non applicabilità dell’art. 129 cod. proc. pen., tenuto conto della mancata prova a carico dell’imputato quanto al consapevole trasporto dello stupefacente (circa 1100 grammi di metanfetamine anfetamina ecstasy MDMA).
Il ricorso (da trattarsi ai sensi dell’art. 610, comma 5 -bis cod. proc. pen.) è inammissibile.
Deve invero rammentarsi che, secondo quanto previsto dall’art. 448, comma 2 -bis, cod. proc. pen. – disposizione introdotta con la legge 23 giugno 2017, n. 103 -, il Pubblico ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena su richiesta solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegali della pena o della misura di sicurezza.
Nel caso in esame il ricorrente ha allegato la carenza di motivazione circa la mancata applicazione di sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod.proc.pen..
In definitiva, quindi, il ricorrente non ha posto a sostegno del suo ricorso alcuna della ipotesi per le quali è attualmente consentito il ricorso per cassazione avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta, non avendo sollevato questioni attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Si tratta di doglianze non consentite, nel giudizio di legittimità avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta.
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma il 12 gennaio 2024
Il Consiglierr sore
Il Presidente