Ricorso Patteggiamento: La Cassazione e i Limiti all’Impugnazione
L’istituto del patteggiamento è uno strumento cruciale nel sistema processuale penale, ma quali sono i confini per contestare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso patteggiamento, specificando i casi in cui un’impugnazione è destinata a essere dichiarata inammissibile. Analizziamo questa decisione per comprendere meglio le regole e le conseguenze per chi intende presentare ricorso.
Il Contesto del Caso
Il caso in esame riguarda un imputato che aveva concordato una pena (patteggiato) con la Procura per un reato legato agli stupefacenti, come previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti. La sentenza di patteggiamento era stata emessa dal Tribunale di Milano.
Nonostante l’accordo sulla pena, la difesa dell’imputato ha deciso di presentare ricorso per Cassazione, lamentando due aspetti principali:
1. La mancata valutazione, da parte del giudice di merito, delle condizioni per un proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale.
2. La presunta non congruità della pena applicata, seppur con censure definite dalla stessa Cassazione come “generiche”.
I Limiti del Ricorso Patteggiamento nella Legislazione Vigente
Il cuore della decisione della Cassazione ruota attorno all’interpretazione dell’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta per snellire il processo e limitare i ricorsi dilatori, restringe drasticamente i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento.
La Corte chiarisce che il legislatore ha voluto creare un regime speciale, derogando alla disciplina generale delle impugnazioni (art. 606 c.p.p.). Il controllo di legalità della Cassazione su una sentenza di patteggiamento è ammesso solo per un elenco tassativo di violazioni, tra cui:
* Problemi relativi all’espressione della volontà dell’imputato (ad esempio, un consenso viziato).
* Mancata correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice.
* Errata qualificazione giuridica del fatto contestato.
* Applicazione di una pena illegale o di una misura di sicurezza non consentita dalla legge.
I motivi presentati dalla difesa nel caso di specie non rientravano in nessuna di queste categorie. La richiesta di un proscioglimento ex art. 129 e le critiche generiche sulla pena sono considerate questioni di merito, escluse dal perimetro del ricorso patteggiamento.
La Decisione della Corte di Cassazione: Inammissibilità del Ricorso
Sulla base di queste premesse, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La procedura adottata è stata quella della trattazione camerale non partecipata, prevista dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., una modalità rapida e semplificata per definire i ricorsi palesemente infondati o inammissibili.
Le Motivazioni della Suprema Corte
Le motivazioni dell’ordinanza sono nette e didascaliche. I giudici hanno ribadito che la nuova disciplina del ricorso patteggiamento ha lo scopo di delimitare l’impugnazione a sole ipotesi specifiche di violazione di legge. Le censure relative alla valutazione di merito del giudice, come quella sulla possibilità di un proscioglimento o sulla congruità della pena, sono state escluse dal legislatore. Presentare un ricorso basato su tali argomentazioni significa intraprendere un’azione legale per ragioni “non più consentite dalla legge”.
Questa interpretazione restrittiva è confermata da precedenti sentenze citate nell’ordinanza, consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai stabile.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione
La decisione ha due importanti conseguenze pratiche per l’imputato. La prima è la condanna al pagamento delle spese processuali. La seconda, più onerosa, è la condanna al versamento di una somma di 3.000 euro a favore della cassa delle ammende.
Questa sanzione, prevista dall’art. 616 c.p.p., viene applicata quando l’inammissibilità del ricorso è determinata da colpa del ricorrente. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che presentare un ricorso per motivi espressamente esclusi dalla legge costituisca una condotta colpevole. Questa ordinanza serve quindi da monito: impugnare una sentenza di patteggiamento richiede un’attenta valutazione dei ristretti motivi ammessi, pena non solo l’insuccesso del ricorso, ma anche significative sanzioni economiche.
È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è ammessa solo per i motivi tassativamente indicati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, che riguardano specifiche violazioni di legge e non valutazioni di merito.
Quali sono i motivi validi per un ricorso patteggiamento in Cassazione?
I motivi validi includono l’errata espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto, l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata. Non sono ammesse censure sulla mancata assoluzione ex art. 129 c.p.p. o sulla congruità della pena.
Cosa succede se si presenta un ricorso per motivi non consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, qualora venga ravvisata una colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33498 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33498 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 21/02/1985
avverso la sentenza del 10/03/2025 del TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RG. 15966/25
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso presentato dal difensore di NOME COGNOME contro la sentenza n. 2864/2025, con cui il Tribunale di Milano ha applicato in data 10 marzo 2025 la pena ex art. 444 cod. proc. pen. per reato di cui agli artt. di cui all’art. 73, commi 5, d.P.R 9 ottobre n. 309, è inammissibile.
Con il ricorso si impugna l’anzidetta sentenza di patteggiannento, deducendo il vizio d motivazione per l’omessa valutazione da parte del giudice delle condizioni per pronunziare sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. Proc. pen. nonché sulla congruità della pena con censure, peraltro generiche, che non rientrano fra i casi previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.
La nuova previsione di legge, in deroga ai casi di ricorso regolati dalla disciplina generale di all’art. 606 cod. proc. pen., delimita l’impugnazione riducendola ai soli casi tassativame indicati che attengono ad ipotesi specifiche di violazione di legge, ammettendo il controllo legalità solo quando siano state violate le disposizioni che riguardano l’espressione del volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, l’erronea qualific giuridica del fatto, l’illegalità della pena o della misura di sicurezza.
L’inammissibilità del ricorso va dichiarata senza formalità di rito e con trattazione camerale n partecipata, con ordinanza ex art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 4727 del 11/01/2018, Rv. 272014; Sez. 6, n. 8912 del 20/02/2018, Rv. 272389).
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ex art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa ne determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso, al versamento della somma di euro tremila a favore della cassa delle ammende, che si ritiene equa considerando che il ricorso è stato esperito per ragioni non più consentite dalla legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende
Così deciso il 26 settembre 2025
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Il Presidente