Ricorso Patteggiamento: Quando la Precedente Proposta di Pena è Irrilevante
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento fondamentale nel nostro sistema processuale penale, ma quali sono i limiti per contestare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: la validità e la rilevanza degli accordi tra difesa e accusa. Questo caso analizza la situazione in cui un precedente accordo di pena, più favorevole all’imputato, viene superato da un accordo successivo formalizzato in udienza. La Corte ha stabilito con chiarezza che il ricorso patteggiamento basato sulla mancata applicazione del primo accordo è inammissibile, poiché l’unica volontà rilevante è quella espressa nell’accordo finale che ha portato alla sentenza.
I Fatti del Caso: La Doppia Proposta di Patteggiamento
Due imputati, accusati del reato di ricettazione previsto dall’art. 648 del codice penale, hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione avverso la sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale. La sentenza applicava una pena di un anno e quattro mesi di reclusione e 400 euro di multa.
Il motivo del ricorso si fondava su un punto specifico: mesi prima, era stata avanzata una proposta di patteggiamento diversa e più mite, che prevedeva solo sei mesi di reclusione e 200 euro di multa. Questa prima proposta, che includeva il riconoscimento di un’attenuante specifica, aveva ricevuto il consenso del Pubblico Ministero. Tuttavia, la sentenza impugnata si basava su un secondo e diverso accordo, più severo, raggiunto successivamente e formalizzato durante l’udienza alla presenza del difensore.
La Decisione della Cassazione sul Ricorso Patteggiamento
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo le argomentazioni della difesa. La decisione si basa su una rigorosa interpretazione dell’articolo 448-bis del codice di procedura penale, che elenca tassativamente i motivi per cui una sentenza di patteggiamento può essere impugnata.
I Limiti Tassativi dell’Impugnazione
L’articolo 448-bis c.p.p. stabilisce che il ricorso è consentito solo per motivi specifici, tra cui:
* Vizi nell’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
* Mancata correlazione tra la richiesta di pena e la sentenza emessa.
* Errata qualificazione giuridica del fatto.
* Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Nel caso in esame, i ricorrenti hanno invocato un presunto vizio nella loro volontà, sostenendo che l’accordo valido fosse quello originario e più favorevole.
L’Irrilevanza dell’Accordo Precedente
La Cassazione ha chiarito che, ai fini della validità della sentenza, l’unico accordo che conta è quello recepito dal giudice. Il verbale di udienza dimostrava chiaramente che le parti, alla presenza del difensore, avevano concordato la pena più severa poi applicata. La successiva domanda di applicazione della pena, menzionata nella pronuncia, confermava questo secondo accordo. Di conseguenza, la precedente proposta, sebbene esistente e concordata con il PM, è stata considerata un atto privo di rilevanza giuridica, superato dalla volontà manifestata successivamente in sede processuale.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che, per contestare validamente un vizio della volontà nel contesto di un ricorso patteggiamento, è necessario indicare specifici atti o circostanze che hanno viziato il consenso al momento della sua formazione. In questo caso, i ricorrenti si sono limitati a fare riferimento a un accordo precedente, senza dimostrare che il loro consenso all’accordo successivo fosse in qualche modo invalido o coartato. Il Tribunale ha correttamente esaminato e recepito l’accordo finale, che rappresentava l’ultima e definitiva espressione della volontà delle parti. L’esistenza di una trattativa precedente con un esito diverso non inficia la validità della volontà manifestata nell’accordo che ha effettivamente portato alla sentenza.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel procedimento di patteggiamento, l’accordo che conta è quello formalizzato e presentato al giudice per la ratifica. Le trattative precedenti, anche se formalizzate per iscritto e approvate dal Pubblico Ministero, perdono di efficacia se superate da un accordo successivo. Per gli operatori del diritto, ciò significa che è essenziale assicurarsi che l’accordo finale rifletta precisamente la volontà del proprio assistito, poiché le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate e non possono basarsi su accordi preliminari abbandonati. La decisione rafforza la stabilità delle sentenze di patteggiamento, limitando i ricorsi a vizi concreti e attuali, piuttosto che a ripensamenti basati su fasi precedenti della negoziazione processuale.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento se il giudice non ha considerato un precedente accordo più favorevole?
No. Secondo la Corte, l’unico accordo rilevante è quello successivo e diverso che è stato esaminato e recepito nella sentenza di patteggiamento. La precedente proposta, anche se concordata con il PM, viene considerata un atto privo di rilevanza giuridica, superato dalla volontà manifestata successivamente in udienza.
Quali sono i motivi per cui si può presentare un ricorso patteggiamento in Cassazione?
L’art. 448-bis del codice di procedura penale elenca motivi tassativi, tra cui: vizi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto, e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Cosa succede se il ricorso contro una sentenza di patteggiamento viene dichiarato inammissibile?
In caso di dichiarazione di inammissibilità del ricorso, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 779 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 779 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
sul ricorso proposto da: NOME nato a Melegnano il 01/07/1962
NOME nata a Desio il 09/09/1964
avverso la sentenza del 27/06/2024 del TRIBUNALE di MILANO
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi, trattati con rito de plano; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
FATTO E DIRITTO
Nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME NOME sono stati proposti ricorsi per cassazione, con un unico atto e tramite il comune difensore di fiducia, avverso la sentenza del Tribunale di Milano emessa il 27/06/2024, applicativa della pena richiesta dalle parti in relazione ai reati di cui all’art. 648 cod. pen. (un ann quattro mesi di reclusione ed euro 400,00 di multa), eccependosi l’omessa adesione alla proposta di patteggiamento del 15 aprile 2023 che, con il consenso del PM, prevedeva una pena inferiore (mesi sei di reclusione ed euro 200 di multa), previo riconoscimento dell’attenuante di cui al quarto comma dell’art. 648 cod. pen.
Il ricorso è inammissibile.
Ai sensi del novellato art. 448 – bis cod. proc. pen., le ipotesi per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento sono tassative (motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto
correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza).
Per quanto riguarda l’espressione della volontà dell’imputato, il ricorso, a pena di inammissibilità, deve contenere la specifica indicazione degli atti o delle circostanze che hanno determinato il vizio (Sez. 1, n. 15557 del 20/03/2018, Tarik, Rv. 272630). Nel caso di specie, il ricorrente fa riferimento ad un atto all’evidenza privo di rilevanza, posto che l’istanza del 15 aprile 2024, ancorché asseverata dal PM, con richiesta di inquadramento dei fatti nella fattispecie di cui all’art. 648, quarto comma, cod. pen. non è stata tenuta in considerazione dal Tribunale, che ha esaminato un diverso accordo, recepito nella sentenza di patteggiamento, come si rileva dal verbale di udienza (in particolare, la precisazione del PM circa la pena concordata, alla presenza del difensore) nonché dalla diversa e successiva domanda di applicazione della pena, espressamente menzionata nella pronuncia impugnata.
Alla dichiarazione d’inammissibilità segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di euro tremila a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 29/10/2024 Il Consigliere estensore
Il Presidente