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Ricorso patteggiamento: i limiti all’impugnazione

Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Il caso riguardava un appello basato su un presunto difetto di motivazione, un motivo non previsto dalla legge per questo tipo di sentenza. La Corte ha dichiarato il ricorso patteggiamento inammissibile, ribadendo che l’impugnazione è consentita solo per i motivi tassativamente indicati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 4 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Quando è Inammissibile l’Appello in Cassazione?

Il ricorso patteggiamento rappresenta un’area del diritto processuale penale di grande interesse, dove l’accordo tra difesa e accusa mira a una definizione rapida del processo. Tuttavia, le vie per impugnare una sentenza emessa a seguito di questo rito sono strettamente delimitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 27188/2024) torna a ribadire i confini invalicabili di tale impugnazione, dichiarando inammissibile un ricorso fondato su motivi non consentiti dalla legge.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Venezia. L’imputato, accusato di un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990), aveva concordato con la pubblica accusa una pena di un anno di reclusione e 3.000,00 euro di multa. Nonostante l’accordo, la difesa decideva di presentare ricorso per Cassazione.

L’Impugnazione e i Motivi del Ricorso

Il ricorrente lamentava, con un unico motivo, un presunto “difetto di motivazione” da parte del Tribunale. In particolare, si sosteneva che il giudice di merito non avesse adeguatamente esaminato la possibile sussistenza di cause di non punibilità, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. Questo tipo di censura rientra tipicamente nel vizio di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) del codice, relativo alla mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione.

La Decisione della Cassazione sul ricorso patteggiamento

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile senza entrare nel merito della questione sollevata. La decisione si fonda su una lettura rigorosa della normativa introdotta con la Legge n. 103 del 2017, che ha modificato in modo significativo le regole per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito che, a seguito della riforma, il ricorso patteggiamento è ammesso solo per un numero chiuso e tassativo di motivi, elencati nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questi motivi sono:

1. Vizi della volontà: quando l’espressione del consenso dell’imputato è viziata.
2. Difetto di correlazione: in caso di discordanza tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice.
3. Erronea qualificazione giuridica: se il fatto è stato inquadrato in una norma penale sbagliata.
4. Illegalità della pena: qualora la pena applicata o la misura di sicurezza disposta siano contrarie alla legge.

Il motivo sollevato dal ricorrente, ovvero il difetto di motivazione sulla non punibilità, non rientra in alcuna di queste categorie. Pertanto, esula dal perimetro dei vizi che possono essere fatti valere in sede di legittimità contro una sentenza di patteggiamento. La Corte ha sottolineato come, al di fuori di questi casi specifici, il ricorso debba essere dichiarato inammissibile con una procedura semplificata e non partecipata, come previsto dal combinato disposto degli articoli 448, comma 2-bis, e 610, comma 5-bis, c.p.p.

In conseguenza dell’inammissibilità, e in assenza di prove che il ricorrente avesse proposto l’impugnazione senza colpa, la Corte lo ha condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, conformemente a quanto stabilito dall’articolo 616 c.p.p.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato: la scelta del patteggiamento comporta una significativa rinuncia al diritto di impugnazione. Sebbene il controllo di legalità da parte della Cassazione sia garantito, esso è circoscritto a vizi specifici e gravi, che attengono alla correttezza del procedimento e alla legalità della pena, ma non a valutazioni di merito o a vizi della motivazione che non rientrino nelle casistiche previste. Per gli avvocati e i loro assistiti, ciò significa che la decisione di accedere al rito speciale deve essere ponderata attentamente, con la piena consapevolezza dei suoi effetti preclusivi in termini di future contestazioni.

È sempre possibile impugnare una sentenza di patteggiamento?
No, l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento non è sempre possibile. È consentita solo per i motivi tassativamente elencati nell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono i motivi validi per un ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
I motivi ammessi per il ricorso sono: vizi nell’espressione della volontà dell’imputato, mancanza di correlazione tra la richiesta e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Cosa accade se si presenta un ricorso per motivi non previsti dalla legge?
Se un ricorso viene proposto per motivi diversi da quelli consentiti, la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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