Ricorso Patteggiamento: I Limiti Tassativi del Codice
Il ricorso patteggiamento rappresenta una delle questioni più delicate della procedura penale, poiché bilancia l’esigenza di celerità processuale con il diritto di difesa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza i paletti imposti dal legislatore, chiarendo quando e perché un’impugnazione contro una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti debba essere dichiarata inammissibile.
I Fatti del Caso
Un imputato, a seguito di un accordo con la Procura, otteneva dal Giudice dell’Udienza Preliminare (G.U.P.) del Tribunale di Brindisi una sentenza di patteggiamento per il reato di traffico di sostanze stupefacenti. Nonostante l’accordo raggiunto, la difesa dell’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando una generica violazione di legge e un vizio di motivazione nella sentenza.
La Decisione della Corte e il ricorso patteggiamento
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su una norma specifica, introdotta con la riforma del 2017, che ha drasticamente ridotto le possibilità di impugnare le sentenze di patteggiamento. I giudici hanno sottolineato che il legislatore ha voluto limitare il ricorso in Cassazione a un novero ristretto e ben definito di vizi, al di fuori dei quali l’impugnazione non può nemmeno essere esaminata nel merito.
Le Motivazioni: L’Art. 448, Comma 2-bis, c.p.p.
Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento solamente per i seguenti motivi:
1. Vizi nella formazione della volontà: Se l’imputato non ha espresso liberamente e consapevolmente il proprio consenso all’accordo.
2. Difetto di correlazione: Se la sentenza si discosta da quanto concordato tra le parti.
3. Erronea qualificazione giuridica: Se il fatto è stato inquadrato in una fattispecie di reato errata.
4. Illegalità della pena: Se la pena applicata è illegale o non prevista dalla legge, o se è illegale la misura di sicurezza disposta.
La Corte ha evidenziato che il ricorso presentato dall’imputato sollevava questioni generiche, non riconducibili a nessuna di queste quattro categorie tassative. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile “senza formalità”, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., una procedura accelerata per le impugnazioni palesemente infondate.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa pronuncia conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato: chi accede al rito del patteggiamento accetta una forte limitazione del proprio diritto di impugnazione. Non è possibile, dopo aver raggiunto un accordo sulla pena, contestare in Cassazione la sentenza per vizi generici. Le uniche censure ammesse sono quelle, formali e sostanziali, elencate in modo preciso dalla legge. La conseguenza pratica di un ricorso inammissibile non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in quattromila euro. Pertanto, la decisione di impugnare un patteggiamento deve essere attentamente ponderata, verificando la sussistenza di uno dei pochi vizi ancora deducibili.
È sempre possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. Il ricorso per cassazione è ammesso solo per un numero limitato e tassativo di motivi previsti dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Quali sono i motivi specifici per cui si può impugnare una sentenza di patteggiamento?
I motivi ammessi sono: problemi legati all’espressione della volontà dell’imputato, mancanza di corrispondenza tra la richiesta e la sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto e illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.
Cosa accade se si presenta un ricorso per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende, come stabilito dal giudice.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13735 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13735 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BRINDISI il 29/05/1999
avverso la sentenza del 10/12/2024 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di BRINDISI
data-stsà – Ife – parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ha presentato ricorso avverso la sentenza del G.u.p del Tribunale di Brindisi del 10 dicembre 2024, con la quale gli è stata applicata la pena richiesta ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. in ordine ai reati di cui agli art 81, 110 cod. pen. e 73, co. 1, D.P.R 309/90, in ordine a traffico di sostanze stupefacenti.
L’unico motivo proposto dal ricorrente, mediante proprio difensore, con cui viene dedotta violazione di legge e vizio di motivazione, è inammissibile. Ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. (introdotto con la legge 23 giugno 2017, n. 103), il Pubblico Ministero e l’imputato possono ricorrere per cassazione contro la sentenza di applicazione di pena su richiesta delle parti solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato stesso, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena o della misura di sicurezza. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso per cassazione con cui sì deducano vizi di violazione di legge differenti da quelli tassativamente indicati nel citato comma 2-bis (ex plurimis, Sez. 5, n. 19425 del 19/04/2021, Coco, in motivazione; Sez. 6, n. 1032 del 7/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278337-01; Sez. F, n. 28742 del 25/8/2020, Messnaoui, Rv. 279761-01).
La declaratoria di inammissibilità della odierna impugnazione va pronunciata «senza formalità» ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc.pen. (disposizione parimenti introdotta dalla legge n. 103 cit.).
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di euro quattromila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibilEil ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 25 marzo 2025.