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Ricorso patteggiamento: i limiti all’appello in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una sentenza di patteggiamento per spaccio di lieve entità. La decisione si fonda sull’art. 448, comma 2-bis c.p.p., che limita tassativamente i motivi di ricorso. La Corte chiarisce che il vizio di motivazione sull’insussistenza di cause di proscioglimento non rientra tra i motivi ammessi, confermando la natura quasi definitiva dell’accordo tra imputato e PM una volta ratificato dal giudice.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: i Limiti Tassativi per l’Appello in Cassazione

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una scelta strategica fondamentale nel processo penale, che consente di definire il procedimento con una pena ridotta. Tuttavia, questa scelta comporta significative rinunce, inclusa una drastica limitazione del diritto di impugnazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con chiarezza i confini invalicabili del ricorso patteggiamento, specificando quali motivi non possono più essere portati all’attenzione della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di Rimini, accogliendo la richiesta di patteggiamento, applicava a un imputato la pena di otto mesi di reclusione e ottocento euro di multa per un reato connesso agli stupefacenti (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990). La sentenza disponeva anche la confisca e la distruzione delle sostanze e del materiale sequestrato.

Contro tale decisione, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando un vizio di legittimità: a suo dire, il giudice di merito aveva omesso di motivare in merito alla non applicabilità delle cause di proscioglimento immediato previste dall’art. 129 del codice di procedura penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su una lettura rigorosa delle norme introdotte con la cosiddetta Riforma Orlando (Legge n. 103/2017), che ha profondamente modificato le regole per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento.

Le Motivazioni: i Limiti al Ricorso Patteggiamento

La Corte ha fondato la sua decisione sull’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca tassativamente i soli motivi per cui l’imputato e il pubblico ministero possono presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Essi sono:

1. Difetti nell’espressione della volontà dell’imputato di patteggiare.
2. Mancata correlazione tra la richiesta e la sentenza.
3. Errata qualificazione giuridica del fatto.
4. Illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Il motivo sollevato dal ricorrente, relativo all’omessa motivazione sull’assenza di cause di proscioglimento (art. 129 c.p.p.), non rientra in questo elenco. I giudici hanno sottolineato che, sebbene il giudice del patteggiamento debba sempre verificare l’insussistenza di tali cause prima di accogliere l’accordo, un eventuale vizio nella motivazione su questo punto non è più censurabile in sede di legittimità.

L’Intento del Legislatore e il Consenso dell’Imputato

La motivazione della Corte evidenzia l’intento del legislatore del 2017: evitare ogni scrutinio sulla motivazione relativa alla colpevolezza, valorizzando invece il consenso prestato dall’imputato. Proporre un motivo di impugnazione che rimetta in discussione lo svolgimento dei fatti, dopo avervi prestato consenso tramite l’accordo sulla pena, appare per la Corte “superfluo e contraddittorio”. L’accettazione del patteggiamento implica una rinuncia a far valere gran parte delle eccezioni processuali, comprese le nullità, anche quelle di carattere assoluto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio cruciale: la scelta del patteggiamento è una decisione quasi tombale che preclude la possibilità di rimettere in discussione l’accertamento di colpevolezza in sede di impugnazione. L’imputato che accede a questo rito speciale deve essere pienamente consapevole che le vie di ricorso sono estremamente limitate e circoscritte a vizi specifici, di natura prettamente procedurale o giuridica, e non più fattuale. La declaratoria di inammissibilità, con la conseguente condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, funge da monito sull’importanza di ponderare attentamente la scelta processuale, con la piena assistenza del proprio difensore.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Sì, ma solo per un numero molto limitato di motivi, espressamente indicati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, come difetti nel consenso, errori nella qualificazione giuridica o illegalità della pena.

La mancata motivazione del giudice sull’assenza di cause di proscioglimento è un motivo valido per il ricorso?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, dopo la riforma del 2017, un eventuale vizio di motivazione sull’assenza delle cause di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p. non rientra più tra i motivi ammessi per impugnare una sentenza di patteggiamento.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso contro un patteggiamento?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, poiché il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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