Ricorso Patteggiamento: l’Errore sulla Recidiva non Giustifica l’Impugnazione
Il patteggiamento è una scelta processuale che offre vantaggi ma comporta anche delle rinunce, prima fra tutte la limitazione del diritto di impugnare la sentenza. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione chiarisce i confini del ricorso patteggiamento, stabilendo che l’erronea applicazione della recidiva non è un motivo valido per contestare la decisione del giudice. Analizziamo questa importante ordinanza per capire le sue implicazioni.
I Fatti del Caso
Un imputato, accusato di un reato in materia di stupefacenti di lieve entità, aveva concordato la pena con il pubblico ministero attraverso il rito del patteggiamento, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale. La pena applicata dal Tribunale di Brescia era di un anno di reclusione e 1200 euro di multa, tenendo conto delle circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata recidiva reiterata.
Nonostante l’accordo, l’imputato ha deciso di presentare ricorso per cassazione, sostenendo che il giudice di merito avesse commesso un errore di diritto applicando una circostanza aggravante, la recidiva appunto, che a suo dire era insussistente.
I Limiti al Ricorso Patteggiamento
La questione centrale affrontata dalla Corte Suprema riguarda i limiti specifici previsti per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale, introdotto dalla Riforma Orlando, elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare un ricorso patteggiamento. Tra questi non rientra la generica doglianza su ogni possibile errore di diritto.
L’accordo tra accusa e difesa, che costituisce il cuore del patteggiamento, copre non solo la qualificazione giuridica del fatto e l’esistenza di circostanze, ma anche il loro bilanciamento e l’entità finale della pena. Accettando questo accordo, l’imputato di fatto accetta anche la valutazione complessiva che porta alla determinazione della sanzione, inclusa la gestione di aggravanti come la recidiva.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando in modo chiaro le ragioni di tale decisione. Il motivo dedotto dall’imputato, cioè l’erronea applicazione della recidiva, non è previsto tra i casi che consentono l’impugnazione di una sentenza di patteggiamento.
I giudici hanno sottolineato che l’accordo tra le parti si estende alla comparazione tra le circostanze e alla pena finale. Il controllo del giudice in sede di patteggiamento è volto a verificare la correttezza della qualificazione giuridica del reato e l’assenza di cause di non punibilità evidenti (ex art. 129 c.p.p.), ma non si estende a una revisione di ogni singolo elemento che ha contribuito al calcolo della pena concordata.
Citando un precedente specifico (Sez. 5, n. 11253 del 13/01/2023), la Cassazione ha ribadito che l’erronea applicazione della recidiva non è una questione attinente alla ‘corretta qualificazione del fatto’, che invece rappresenta uno dei pochi motivi validi di ricorso. Pertanto, una volta che la pena è stata concordata e applicata, un presunto errore su tale circostanza non può più essere fatto valere in sede di legittimità.
Le Conclusioni
La decisione in esame conferma un orientamento consolidato e rafforza la stabilità delle sentenze di patteggiamento. Per chi sceglie questo rito alternativo, è fondamentale essere consapevoli che l’accordo sulla pena implica un’accettazione quasi tombale di tutti gli elementi che la compongono, comprese le circostanze aggravanti. L’impugnazione resta possibile solo per vizi specifici e gravi, come un errore nella definizione giuridica del reato commesso. Di conseguenza, l’assistenza di un difensore esperto è cruciale nella fase delle trattative con il pubblico ministero, poiché le scelte fatte in quel momento avranno conseguenze definitive.
 
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un errore sull’applicazione della recidiva?
No, secondo questa ordinanza, l’erronea applicazione della recidiva non rientra tra i motivi di ricorso ammessi dalla legge (art. 448, comma 2-bis, c.p.p.) contro una sentenza di patteggiamento.
Quali sono i motivi per cui si può fare ricorso contro una sentenza di patteggiamento?
La legge elenca tassativamente i motivi, che includono, ad esempio, l’erronea qualificazione giuridica del fatto di reato, ma non errori relativi al bilanciamento delle circostanze o all’applicazione della recidiva, in quanto coperti dall’accordo tra le parti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte senza un valido motivo.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6958 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 6958  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/01/2023 del TRIBUNALE di BRESCIA
fcrato a V – v iso ali  ea udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il giudice monocratico del Tribunale di Brescia ha applicato a COGNOME NOME la pena – concordata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. – di un anno di reclusione ed Euro 1200,00 di multa concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, per il reato di cui all’art 73, comma 5, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309.
 Avverso tale sentenza l’imputato ricorre per cassazione, deducendo la violazione della legge penale in punto di erronea applicazione di una circostanza in realtà insussistente ovvero la recidiva reiterata infraquinquennale.
Il ricorso è inammissibile.
Il dedotto motivo non è previsto tra i casi di impugnazione della sentenza di patteggiamento, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. introdotto dalla Legge 23 giugno 2017, n. 103 e applicabile al caso in esame ratione temporis.
L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo processuale in conseguenza del quale l’imputato e il pubblico ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena.
Da parte sua, il giudice ha il dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo avere accertato che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod. proc. pen., scrutinio che risulta correttamente eseguito nel caso di specie, e comunque non costituisce vizio rilevabile in sede di legittimità.
In tema di patteggiamento, non può essere dedotta con ricorso per cassazione ex art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. l’erronea applicazione della recidiva contestata, in quanto non attinente alla corretta qualificazione del fatto. (Fattispecie in cui il giudice di merito aveva ritenuto la recidiva nei confronti di u imputato gravato da un solo precedente per contravvenzione) Sez. 5, n. 11253 del 13/01/2023, Rv. 284305).
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura indicata in dispositivo;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 4000 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14.12.2023