Ricorso Patteggiamento Appello: Quando è Possibile Impugnare la Sentenza?
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 11146 del 2024, offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso patteggiamento appello. Questa decisione stabilisce con fermezza che, una volta raggiunto un accordo sulla pena tra le parti e ratificato dal giudice, non è più possibile contestarne la misura, a meno che non sussistano specifici vizi procedurali. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine da un ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte di Appello di Napoli. Quest’ultima, accogliendo una richiesta concorde delle parti, aveva applicato la pena di 4 anni e 4 mesi di reclusione e 2.000 euro di multa per il reato di rapina.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione lamentando un unico motivo: l’omessa motivazione riguardo alla determinazione della pena. A suo dire, i giudici di appello avrebbero applicato una pena base superiore al minimo legale senza fornire adeguate spiegazioni.
I Limiti del Ricorso Patteggiamento Appello
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio consolidato in giurisprudenza. Il cosiddetto ‘patteggiamento in appello’, disciplinato dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta un negozio processuale. Le parti, esercitando il potere dispositivo loro riconosciuto dalla legge, stipulano liberamente un accordo che, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere modificato unilateralmente.
L’impugnazione di una tale sentenza è consentita solo per motivi tassativamente previsti, quali:
* Vizi nella formazione della volontà della parte di accedere all’accordo.
* Vizi relativi al consenso del pubblico ministero.
* Contenuto della sentenza difforme rispetto a quanto concordato.
* Illegalità della pena applicata (ad esempio, una pena fuori dai limiti edittali).
Qualsiasi doglianza relativa alla congruità o alla determinazione della pena, se questa rientra nei limiti legali ed è frutto dell’accordo, è da considerarsi inammissibile.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso proposto per motivi non consentiti dalla legge. Ha inoltre sottolineato la genericità delle argomentazioni del ricorrente, che non si sono confrontate con le ragioni addotte dai giudici di merito.
La Corte territoriale, infatti, si era limitata a ratificare l’accordo intervenuto tra le parti, valutandone la congruità e l’assenza di cause di proscioglimento evidenti. Di conseguenza, l’appello è stato dichiarato inammissibile. In applicazione dell’art. 616 c.p.p., il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, ravvisando una colpa nella proposizione di un ricorso palesemente infondato.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni della Corte si fondano sulla natura pattizia dell’istituto. Accettando il concordato, le parti rinunciano a contestare il merito della decisione, compresa la quantificazione della pena, in cambio di un esito processuale certo e spesso più favorevole. Permettere a una delle parti di rimettere in discussione la misura della pena concordata significherebbe snaturare l’essenza stessa dell’accordo, trasformandolo in un atto unilaterale e vanificando la sua funzione deflattiva. La Corte ha chiarito che il potere dispositivo delle parti, una volta esercitato e approvato dal giudice, crea un vincolo che non può essere sciolto se non per i gravi vizi procedurali già menzionati. Le critiche sulla misura della pena base, essendo parte integrante dell’accordo, non costituiscono un valido motivo di ricorso.
Le Conclusioni
Questa ordinanza rafforza la stabilità delle sentenze emesse a seguito di patteggiamento in appello. Le parti e i loro difensori devono essere pienamente consapevoli che la scelta di accedere a tale rito comporta una rinuncia quasi totale a future impugnazioni sul merito della pena. La decisione finale è un monito: il ricorso patteggiamento appello non è uno strumento per tentare di ottenere un ulteriore sconto di pena, ma un mezzo di impugnazione straordinario, limitato alla verifica della legalità e della corretta formazione dell’accordo processuale.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento in appello perché si ritiene la pena troppo alta?
No. Secondo l’ordinanza, le doglianze relative alla determinazione della pena concordata sono inammissibili, a meno che la sanzione non sia palesemente illegale. L’accordo sulla pena è un negozio processuale che, una volta accettato, non può essere modificato unilateralmente.
Quali sono gli unici motivi validi per un ricorso contro una sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen.?
Il ricorso è ammissibile solo se si contestano vizi relativi alla formazione della volontà di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero, o se la pronuncia del giudice è difforme rispetto a quanto concordato tra le parti.
Cosa succede se si presenta un ricorso inammissibile contro un patteggiamento in appello?
In caso di inammissibilità, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, come stabilito dall’art. 616 del codice di procedura penale, qualora si ravvisino profili di colpa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11146 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 11146 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/09/2023 della Corte di appello di Napoli
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza pronunciata in data 20 settembre 2023 con la quale la Corte di Appello di Napoli ha applicato, su concorde richiesta delle parti, la pena di anni 4, mesi 4 di reclusione ed euro 2.000,00 di multa in relazione al reato di rapina.
Il ricorrente lamenta, con l’unico motivo di impugnazione, omessa motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
La Corte territoriale avrebbe omesso di indicare i motivi che hanno indotto i giudici di appello ad applicare una pena base determinata in misura superiore al minimo edittale.
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge.
Questa Corte di RAGIONE_SOCIALEzione ha avuto più volte modo di rilevare che il ricorso avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. è ammissibile solo se vengano dedotti motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice rispetto a quanto concordato, mentre sono inammissibili le doglianze relative alla determinazione della pena
che, come nel caso di specie, non si sia trasfusa nella illegalità della sanzione inflitta (vedi Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, Rv. 278170).
Nel cd. patteggiamento della pena in appello le parti esercitano il potere dispositivo loro riconosciuto dalla legge, dando vita a un negozio processuale liberamente stipulato che, una volta consacrato nella decisione del giudice, non può essere unilateralmente modificato – salva l’ipotesi di illegalità della pena concordata – da chi lo ha promosso o vi ha aderito, mediante proposizione di apposito motivo di ricorso per cassazione (Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Rv. 226715; Sez. 3, n. 19983 del 09/06/2020, Rv. 279504 – 01).
Va, peraltro, evidenziato che i motivi di ricorso sono assolutamente generici in ordine all’asserita violazione di legge nella determinazione del trattamento sanzionatorio; il ricorrente si è limitato alla mera declinazione di affermazioni generiche ed apodittiche senza alcun confronto con le argomentazioni addotte dai giudici di appello.
La Corte territoriale si è adeguata all’accordo intervenuto tra le parti, escludendo, con percorso argomentativo coerente con le risultanze processuali, che ricorressero i presupposti di cui all’art. 129 cod. proc. pen. e ritenendo, con motivazione ineccepibile in punto di logica, la congruità del trattamento sanzionatorio dalle stesse parti proposto.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 17 gennaio 2024
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