Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 22607 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 22607 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato a Licata il DATA_NASCITA;
la parte civile COGNOME NOME nato a Licata il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo del 05/06/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibili entrambi i ricorsi;
sentito l’AVV_NOTAIO, difensore della parte civile , che ha insistito per l’accoglimento del ricorso della parte civile e per la declaratoria di inammissibilità o di rigetto di quello dell’imputato;
sentito l’AVV_NOTAIO , difensore dell’imputato, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso dell’imputato e per la declaratoria di inammissibilità di quello della parte civile.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento pronunciata (all’esito del rito abbreviato) in data 15 luglio 2022 NOME COGNOME veniva dichiarato colpevole del reato di cui agli artt.582 e 585 cod. pen. (così diversamente qualificato il reato di cui a capo A della rubrica), nonché dei reati di cui ai capi B) e C), nonché del reato di cui all’art. 697 cod. pen. (così diversamente qualificato il reato di cui al capo D) e, ritenuti tutti i reati uniti dal vincolo continuazione e ritenuto più grave il reato di cui al capo B), concessa l’attenuante della provocazione di cui all’art.62 n.2 cod. pen. ed operata la riduzione del rito, lo aveva condannato alla pena di anni quattro e mesi quattro di reclusione ed euro 11.000,00 di multa, nonché al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita NOME COGNOME da liquidarsi in separata sede.
1.1. L’originaria imputazione a carico di NOME COGNOME riguardava i seguenti reati commessi tutti in Licata il giorno 28 luglio 2021: A) reato di cui agli artt. 5 e 575 cod. pen. perché, sparando in direzione di NOME COGNOME quattro colpi di pistola a tamburo, tipo revolver, calibro TARGA_VEICOLO., uno dei quali lo attingeva al braccio sinistro, dapprima mentre lo rincorreva e poi collocandosi a fianco del finestrino del guidatore dell’autoveicolo a bordo del quale egli si trovava, compiva atti idonei e diretti in modo non equivoco a cagionarne la morte, non riuscendo nel proprio intento per l’intervento dei familiari di NOME COGNOME, che gridavano e lanciavano oggetti di vario genere dalla finestra per farlo allontanare e perché NOME COGNOME si accasciava sul sedile fingendosi morto; B) reato di cui all’art.23, comma 4, 1.110/75, perché portava in luogo pubblico una pistola a tamburo, tipo revolver, marca Amedeo Rossi S.A. calibro TARGA_VEICOLO. Con matricola abrasa attraverso punzonatura; C) reato previsto dall’art.648 cod. pen. perché, al fine di procurarsi un profitto, acquistava o comunque riceveva da soggetti, allo stato ignoti, una pistola a tamburo tipo revolver, marca Amedeo Rossi S.A calibro 22 mm., con matricola abrasa attraverso punzonatura; D) reato previsto dall’art.699 cod. pen. perché portava fuori dalla propria abitazione n.32 cartucce calibro 22 mm., senza averne fatto denuncia all’autorità.
1.2. La Corte di appello di Palermo, con la sentenza in epigrafe, decidendo sulle impugnazioni proposte dal Pubblico ministero (tendente a confermare la sussistenza del tentato omicidio in luogo della riqualificazione operata dal primo giudice) e dall’imputato (diretta alla concessione delle attenuanti generiche e, comunque, ad una riduzione della pena) ha confermato integralmente la decisione di primo grado.
1.3. I fatti sono stati ricostruiti da entrambi i giudici del merito nei seguent termini. La sera del 28 luglio 2021 l’imputato, già dotato del revolver carico, aveva
anticipato il rientro di NOME COGNOME nella sua abitazione sita in INDIRIZZO, INDIRIZZO, giungendo sul posto a bordo di un ciclomotore, si era appostato nella contigua INDIRIZZO da dove egli sapeva che sarebbe giunta la vittima.
Alle ore 21:30 (come desunto dalla temporizzazione dei sistemi di videosorveglianza esistenti nella zona, che avevano ripreso gran parte dei fatti) NOME COGNOME era sopraggiunto, aveva parcheggiato la propria auto in INDIRIZZO, aveva aperto lo sportello ed era sceso dal veicolo diretto verso casa allorquando era stato messo in allarme dalle grida della figlia, la quale dal balcone dell’abitazione aveva visto l’imputato avvicinarsi di corsa al genitore.
NOME COGNOME era quindi subito risalito sulla propria auto a bordo della quale si era allontanato verso il cortile De Marco, ma ciò nonostante NOME COGNOME aveva inseguito l’auto ed aveva esploso due colpi diretti verso lo sportello del lato del conducente; la vittima aveva quindi fermato l’auto nel cortile per abbandonarla, ma l’imputato era sopraggiunto di corsa e, ponendosi al lato dello sportello del conducente, aveva sparato a distanza ravvicinata altri due colpi in direzione di NOME COGNOME, il quale veniva attinto alla parte superiore dell’avambraccio sinistro e si era riversato sul sedile fingendosi morto. A quel punto NOME COGNOME, anche perché bersagliato da oggetti lanciati contro di lui dalla figlia e dal genero della vittima, si era dato alla fuga per poi costituirsi al forze dell’ordine.
1.4. Circa le ragioni del suo gesto l’imputato (il quale non ha contestato la propria responsabilità), sin da subito, aveva dichiarato di volere soltanto spaventare NOME COGNOME e non già di ucciderlo e che aveva agito in stato di esasperazione causata dalle azioni (da lui considerate illecite) poste in essere dalla vittima (assieme al fratello NOME COGNOME) per esautorarlo dalla conduzione di una impresa di pompe funebri originariamente gestita in comune, nonché per altre controversie di carattere civile relative alla disponibilità di beni.
In particolare, il giorno precedente ai fatti, NOME COGNOME (che aveva vinto un procedimento possessorio intentatogli dall’imputato in relazione ad un locale magazzino) aveva incontrato casualmente NOME COGNOME e lo aveva deriso dicendogli che era riuscito a levargli anche quell’ultimo bene; tale episodio aveva fatto esplodere la rabbia dell’imputato (che aveva deciso di agire nei confronti del rivale il giorno successivo) tanto che il primo giudice aveva riconosciuto all’imputato l’attenuante della provocazione.
Inoltre, entrambi i giudici avevano escluso la sussistenza del tentato omicidio, riqualificando il fatto nel meno grave reato di lesioni dando rilievo, in particolare, al tipo di arma usata (cal.TARGA_VEICOLO.), alla parte del corpo della vittima attinta dagli spari ed alla mancata utilizzazione da parte dell’imputato dei due ultimi proiettili presenti nell’arma.
Avverso la predetta sentenza l’imputato, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo p l’annullamento del provvedimento impugnato.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione dell’art.62-bis cod. pen. ed il relativo vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento in suo favore delle circostanze attenuanti generiche; al riguardo osserva che la Corte territoriale non ha tenuto conto dell’offerta reale in favore della parte civile ai fini della concessione delle invocate attenuanti e dell’assegno di 5.000 euro da lui versato e che, invece, esse dovevano essere riconosciute anche al fine di adeguare la pena alla concreta gravità del fatto.
Anche la parte civile NOME COGNOME, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, insistendo per l’annullamento della sentenza impugnata ai soli effetti civili.
3.1. Con il primo motivo deduce, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., la violazione ed erronea applicazione degli artt.56 e 575 cod. pen. ed il vizio di motivazione manifestamente illogica per travisamento degli elementi di prova; in particolare, osserva che vi erano plurimi elementi a conferma della sussistenza del tentato omicidio tenuto conto dell’arma utilizzata, dei vari colpi esplosi dall’imputato in direzione della persona offesa e della parte del corpo attinta dallo sparo costituivano la prova della sussistenza del fatto come contestato con la originaria imputazione di cui alla lettera A) della rubrica.
3.2. Con il secondo motivo la parte civile lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., la manifesta illogicità della motivazione per travisamento degli elementi probatori, con particolare riferimento alla nota redatta dalle forze di polizia ed alle immagini tratte dai sistemi di videosorveglianza che, qualora correttamente valutati, non potevano che portare alla conferma della sussistenza del tentato omicidio.
3.3. Con il terzo motivo NOME COGNOME denuncia, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art.581, comma 1, del codice di rito per avere la Corte territoriale ritenuto inammissibili le contestazioni rispetto e alla sussistenza dell’attenuante della provocazione, non essendo stata oggetto dei motivi di appello della pubblica accusa e della medesima parte civile. Infatti, l’avvenuta impugnazione del capo relativo alla configurabilità del tentato omicidio riguardava tutte le questioni affrontate con la gravata sentenza, ivi compresa l’attenuante in parola.
3.4. La parte civile, inolltre, ha depositato tempestivamente motivi aggiunti con i quali ha insistito per l’accoglimento della propria impugnazione rispetto alla sussistenza del tentato omicidio.
Infine, nel corso della discussione, le parti hanno concluso nei termini sopra riportati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso dell’imputato è infondato, mentre quello della parte civile è inammissibile.
In ordine al ricorso di NOME COGNOME deve rilevarsi che, in materia di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è parimenti insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cotiis, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).
2.1. Al riguardo la sentenza impugnata ha ineccepibilmente argomentato, mediante puntuale richiamo a specifici indici ostativi, quali l’avere agito per farsi giustizia da sé, di sera, con un arma da fuoco ed al cospetto dei parenti della vittima e per non essersi seriamente attivato per risarcire il danno in favore della vittima (visto che non aveva effettuato una offerta reale e si era limitato a chiedere alla persona offesa l’IBAN al fine di effettuare un versamento), dando poi rilievo al fatto che la sola incensuratezza dell’imputato – per espressa previsione normativa – non consentiva la concessione delle attenuanti ex art.62-bis cod. pen. Inoltre, la Corte territoriale, con motivazione non manifestamente illogica, ha escluso che il non avere esploso gli ultimi due colpi ancora disponigli potesse valere ai fini delle generiche poiché, essendosi la vittima finta morta, l’imputato si era allontanato dal luogo dell’agguato avendo ritenuto di avere raggiunto il proprio scopo; analogamente l’avere indicato il luogo dove era nascosta l’arma utilizzata è stato considerato un elemento di carattere neutro atteso che dalle immagini degli impianti di videosorveglianza era possibile vedere l’imputato utilizzare il revolver e che anche i parenti della persona offesa lo avevano visto sparare.
2.2. Pertanto, l’imputato – pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione – sollecita a questa Corte una non consentita differente valutazione degli elementi processuali rispetto a quella coerentemente svolta dal giudice a quo per confermare il diniego delle attenuanti ex art.62-bis cod. pen.
Passando all’esame dell’impugnazione proposta dalla parte civile si osserva che essa è inammissibile poiché NOME COGNOME non aveva proposto appello avverso la sentenza di primo grado; infatti, è inammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile avverso la sentenza d’appello, se la stessa non abbia impugnato la decisione di primo grado, confermata dalla Corte d’appello a seguito di impugnazione proposta dal solo Pubblico ministero (Sez. 5, Sentenza n. 315 del 14/11/2017, dep. 2018 Rv. 271926 – 01).
In particolare, non avendo la parte civile proposto appello avverso la sentenza di primo grado, essa non è legittimata a proporre ricorso per cassazione contro la sentenza d’appello secondo l’orientamento di cui sono espressione Sez. 6, n. 49497 del 13/10/2009 Rv. 245477; Sez. 6, n. 12811 del 09/02/2012 Rv. 2 5 2 5 5 8 ; Sez. 6, n. 35513 del 21/05/2013 R v. 256091; Sez. 6, n. 35678 del 07/07/2015 Rv. 265003, secondo cui “È inammissibile il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile avverso la sentenza d’appello, quando la stessa non abbia impugnato la decisione assolutoria di primo grado, confermata dalla Corte d’appello a seguito di impugnazione proposta dal solo P.M”. Nello stesso senso, in casi analoghi Sez. 5, n. 1461 del 10/11/2010, dep. 19/01/2011, Rv. 249096 e Sez. 4, n.12027 del 24/02/2011, Rv. 249936.
3.2. Al riguardo deve evidenziarsi che l’argomento che si fonda sulla sentenza delle Sezioni Unite n.30327 del 2002 relativo all’obbligo, per il giudice di appello, di provvedere sulle statuizioni civili anche se vi sia appello del solo Pubblico ministero, non è dirimente al fine di ritenere ammissibile l’impugnazione della parte civile poiché essa non ha alcun diritto a vedere esaminate proprie deduzioni o censure ma, semplicemente, si avvale delle tesi svolte dal Pubblico Ministero ove siano rilevanti ai fini delle statuizioni civili. Il ritenere che la parte civil appellante abbia diritto di presentare ricorso viola il principio devolutivo dell’impugnazione, in quanto determina una situazione in cui il giudice di legittimità è chiamato a pronunciarsi su temi, introdotti per la prima volta dalla parte civile ricorrente, non esaminati dal giudice d’appello. Il principio secondo cui non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare, perché non devolute alla sua cognizione, è affermato dalla costante giurisprudenza di legittimità, di cui sono espressione, da ultimo Sez. 5, n. 48416 del 06/1 0/2 0 1 4 Rv. 2 6 1 0 29; Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017 Rv. 269632; Sez. 2, n.13826 del 17/02/2017 Ud. ;Sez. 2, n.29707 del 08/03/2017 Rv. 270316.
3.3. Va altresì osservato, riprendendo la motivazione della sentenza n.1461/2010, che il principio di immanenza della costituzione di parte civile è destinato a produrre i suoi effetti in favore di questa, anche in presenza dell’appello del solo Pubblico ministero contro la sentenza di assoluzione (o di diversa
qualificazione del fatto come avvenuto nel caso in esame), quando gli sia favorevole, mentre nella ipotesi (come la presente) in cui la sentenza di appello, pronunciata su impugnazione del solo Pubblico ministero, sia di conferma della decisione di primo grado, ai fini della ricorribilità in cassazione non può essere fatto riferimento al principio di immanenza, ma assume rilievo negativo il fatto che la sentenza non sia stata impugnata dalla parte civile, con la conseguenza che nei suoi confronti si è prodotto l’effetto del giudicato. L’orientamento giurisprudenziale qui accolto “trova riscontro nella previsione contenuta nell’art. 587 c.p.p., in materia di effetto estensivo delle impugnazioni, secondo cui l’imputato non impugnante non è abilitato a reagire contro la sentenza di appello (o di rinvio) che non abbia accolto le ragioni del coimputato impugnate, in quanto egli può solo beneficiare degli effetti favorevoli, a lui estensibili, della decisione assunta sulla base dell’impugnazione del coimputato” (Sentenza n.12811/2012 in motivazione).
3.4. La inammissibilità del ricorso della parte civile determina la inammissibilità anche dei motivi aggiunti a norma dell’art.585, comma quarto, del codice di rito.
In conclusione, il ricorso dell’imputato deve essere respinto con la sua conseguente condanna al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art.616 cod. proc. pen.; quello della parte civile deve essere dichiarato inammissibile con la condanna di essa alle sole spese processuali, esulando profili di colpa nella presentazione del ricorso (Corte Cost. n. 186 del 2000) stante l’esistenza in materia di un orientamento giurisprudenziale (sia pure datato) diverso in ordine alla legittimazione ad impugnare.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso della parte civile, COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali. Rigetta il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 29 aprile 2024.