Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27053 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27053 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che l’imputato COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Milano di condanna per il reato di violenza privata;
Letta la memoria dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che ha contestato il vaglio preliminare di inammissibilità del ricorso ed ha chiesto l’assegnazione ad altra sezione del medesimo, sviluppando, tuttavia, argomentazioni meramente riproduttive del ricorso, su cui il Collegio ha formulato le conclusioni che seguono;
Rilevato che il primo motivo di ricorso – con cui la parte ricorrente denunzia inosservanza dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. in relazione al delitto di cui all’art. 610 cod. pen.- è manifestamente infondato e versato in fatto in quanto pretenderebbe dalla Corte di merito una diversa, inammissibile ricostruzione fattuale, A questo proposito, il Collegio accede all’esegesi – fatta propria anche dalle Sezioni Unite – secondo cui, nel giudizio presso la Corte di cassazione, non è consentito invocare una valutazione o rivalutazione degli elementi probatori al fine di trarne proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito, chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di fatto che non le compete. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali; l’indagine di legittimità sul discorso giustificati della decisione ha, infatti, un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali, se non, in quest’ultimo caso, nelle ipotesi di errore del giudice nella lettura degli atti interni del giudizio denunciabile, sempre nel rispetto della catena devolutiva, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), ultima parte, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 14722 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 279005, in motivazione; Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260). Non vi è spazio, dunque, per l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; pronunzia che trova precedenti conformi in Sez. 5, n. 12634 del 22/03/2006, COGNOME, Rv. 233780; Sez. 1, n. 42369 del Corte di Cassazione – copia non ufficiale
16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507). Nella specie, la motivazione non presenta crepe logiche, giacché la Corte distrettuale ha svolto un vaglio ragioNOME delle varie fonti di prova, chiarendo, con motivazione immune da vizi logici, le ragioni fattuali e logiche per cui è stata accordata prevalenza alla versione della persona offesa piuttosto che a quella dell’imputato;
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui la parte ricorrente denunzia inosservanza dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. in ordine all’omesso riconoscimento dell’ipotesi del delitto tentato – è aspecifico in quanto il ricorrente h mancato di adeguarsi all’attuale disposto di cui all’art. 581 cod. proc. pen., perché ha seguito un proprio approccio critico, omettendo, tuttavia, di esplicitare il ragionamento sulla cui base muoveva censure alla decisione avversata. A questo riguardo, va altresì ricordato che Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli Rv. 268823, ha ribadito un principio già noto nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultino intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugNOME e che le ragioni di tale necessaria correlazione tra la decisione censurata e l’atto di impugnazione risiedono nel fatto che quest’ultimo non può ignorare le ragioni del provvedimento censurato; il ricorrente, in particolare, concentrando sempre l’attenzione sulla direzione della condotta del prevenuto ad ottenere l’arresto del veicolo della persona offesa, omette di avvedersi che la Corte di merito ha individuato l’atto cui la vittima è stata costretta nella modificazione dell propria condotta di guida e del proprio itinerario per sfuggire all’inseguimento del prevenuto;
Rilevato che il terzo motivo di ricorso – con cui la parte ricorrente denunzia inosservanza dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. quanto al diniego della circostanza attenuante della provocazione e delle invocate circostanze attenuanti generiche e comuni –
è manifestamente infondato per quanto concerne l’attenuante della provocazione,- giacché la Corte di appello ha correttamente escluso che una semplice manovra reputata scorretta possa costituire una condotta ingiusta dotata del carattere della adeguatezza rispetto all’inseguimento che ne era seguito;
è manifestamente infondato quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche giacché la giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che solo di tale beneficio necessita di apposita motivazione dalla quale
emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzioNOMErio; mitigazione la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell’imputato volta all’ottenimento delle attenuanti in questione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senza che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (Sez. U, n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275319, in motivazione;in tali termini già Sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, COGNOME, Rv. 192381; Sez. 2, h. 38383 del 10/07/2009, COGNOME, Rv. 245241 e più di recente Sez. 1, n. 46568 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 271315; Sez. 3, n. 35570 del 30/05/2017, COGNOME, Rv. 270694). Nel caso di specie sono stati valorizzati i precedenti penali specifici del prevenuto.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 25 giugno 2024.