Ricorso Inammissibile: Quando la Cassazione Chiude la Porta all’Appello
L’ordinanza in esame offre un chiaro esempio di come la Corte di Cassazione gestisce un ricorso inammissibile, delineando i confini invalicabili del giudizio di legittimità. Il caso riguarda un individuo condannato per la violazione degli obblighi della sorveglianza speciale. L’analisi della decisione ci permette di comprendere perché non tutte le argomentazioni difensive possono trovare accoglimento in sede di ultimo grado e l’importanza di strutturare la difesa sin dalle prime fasi del processo.
I fatti: la violazione reiterata della sorveglianza speciale
L’imputato era sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, che includeva prescrizioni molto precise: il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione senza autorizzazione, l’obbligo di rientrare entro le 20:30 e di non uscire prima delle 7:30 del mattino.
Tuttavia, in diverse occasioni tra agosto e dicembre 2021, le forze dell’ordine hanno accertato la sua assenza dal domicilio durante gli orari di permanenza obbligatoria. Questa condotta ha portato alla sua condanna da parte della Corte di Appello di Palermo per il reato previsto dall’art. 75 del D.Lgs. 159/2011 (Codice Antimafia).
I motivi del ricorso: stato di necessità e tenuità del fatto
Di fronte alla condanna, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su due principali argomenti:
1. Lo stato di necessità (art. 54 c.p.): Si sosteneva che le violazioni fossero giustificate da una situazione di necessità, un “grave disagio” che avrebbe costretto l’imputato a lasciare la propria abitazione.
2. La particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.): Si chiedeva di non punire la condotta in quanto l’offesa al bene giuridico tutelato sarebbe stata minima.
Questi motivi miravano a ottenere l’annullamento della sentenza di condanna, facendo leva su due importanti istituti del diritto penale sostanziale.
La decisione della Cassazione sul ricorso inammissibile
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambe le argomentazioni difensive con motivazioni nette che ribadiscono i principi fondamentali del processo di legittimità.
Il motivo sullo stato di necessità: nuovo e generico
La Corte ha innanzitutto osservato che la questione dello stato di necessità non era mai stata sollevata nei precedenti gradi di giudizio. Introdurre un argomento completamente nuovo in Cassazione è proceduralmente inammissibile. Inoltre, i giudici hanno sottolineato come la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello fosse totalmente incompatibile con tale giustificazione. Era emerso, infatti, che l’imputato si trovava in uno stato di piena lucidità e che l’eventuale assunzione di stupefacenti era stata volontaria. Infine, la difesa si era limitata a evocare un generico “grave disagio” senza specificarlo, rendendo il motivo privo di fondamento concreto.
Il motivo sulla tenuità del fatto: una rivalutazione del merito
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. La Corte di Cassazione ha chiarito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti e le prove, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge. La Corte d’Appello aveva già escluso la tenuità del fatto motivando la sua decisione sulla base di elementi specifici: la particolare gravità della condotta, la reiterazione delle violazioni e le ragioni di sicurezza pubblica alla base della misura di prevenzione. Opporsi a tale valutazione proponendo elementi in chiave puramente confutativa equivale a chiedere alla Cassazione una nuova valutazione del merito, attività che le è preclusa.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio cardine: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. I giudici supremi non possono sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici delle fasi precedenti, a meno che la motivazione della sentenza impugnata non sia manifestamente illogica o contraddittoria. In questo caso, le motivazioni della Corte d’Appello erano state ritenute complete e coerenti. I motivi di ricorso sono stati considerati un tentativo di aggirare questo limite, presentando argomenti nuovi o sollecitando un riesame dei fatti. Di qui la declaratoria di inammissibilità, che comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, data l’assenza di elementi che potessero giustificare l’errore nel proporre il ricorso.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un’importante lezione processuale: la strategia difensiva deve essere costruita e articolata fin dal primo grado di giudizio. Introdurre per la prima volta elementi di fatto o nuove tesi difensive in Cassazione è una strada destinata al fallimento. La Suprema Corte si limita a un controllo sulla corretta applicazione del diritto, e un ricorso inammissibile non solo non ottiene il risultato sperato, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche per l’imputato.
È possibile presentare per la prima volta un motivo di difesa, come lo stato di necessità, direttamente in Cassazione?
No, la Corte ha stabilito che un motivo di ricorso è inammissibile se solleva una questione non proposta nei precedenti gradi di giudizio. Inoltre, nel caso specifico, la tesi era comunque incompatibile con i fatti accertati dalla Corte d’Appello.
Perché la Corte di Cassazione ha escluso la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Perché la valutazione sulla gravità della condotta spetta al giudice di merito. La Corte d’Appello aveva già motivato in modo logico le ragioni per cui il fatto non poteva essere considerato tenue, citando la gravità, la reiterazione e le ragioni di sicurezza. Chiedere alla Cassazione di rivedere questa valutazione costituisce un tentativo inammissibile di riesame del merito.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la sentenza di condanna. Inoltre, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver proposto un ricorso privo dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4629 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4629 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a LAMPEDUSA E LINOSA il 21/06/1982
avverso la sentenza del 08/07/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata con la quale la Corte di appello di Palermo ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del delitto di cui all’art. 75 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 perché, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale per tre anni, con divieto di allontanarsi dalla propria abitazione senza l’autorizzazione dell’Autorità di pubblica sicurezza e di non rincasare la sera più tardi delle 20.30 e di non uscire la mattina prima delle 7.30, in diverse circostanze (dall’agosto al dicembre 2021) non venia trovato presso il proprio domicilio;
letto il motivo di ricorso con il quale sono stat eccepiti la ricorrenza della causa di giustificazione di cui all’art. 54 cod. pen. e di quella di non punibilità di cui all’art.131bis cod. pen.;
rilevato che:
la prima parte del motivo sollecita una inedita valutazione su un profilo che non risulta essere stato sollevato nelle fasi di merito;
dalla sentenza impugnata non risulta che l’esimente dello stato di necessità abbia formato oggetto di specifico motivo di appello;
ritenuto, comunque, che la ricostruzione complessiva della decisione della Corte di appello contenga una rappresentazione fattuale totalmente incompatibile con la ricorrenza di siffatta causa di giustificazione, essendo stata descritta una condizione di totale lucidità dell’imputato la cui assunzione di sostanze stupefacenti è stata indicata come volontaria;
ritenuto, altresì, che la censura è stata espressa in termini estremamente generici essendo stata supportata con l’esistenza di una condizione di «grave disagio», non meglio specificato;
considerato, infine, quanto alla esclusione della ricorrenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. il motivo di censura è, anch’esso rivalutativo di profili insindacabilmente evidenziati dal giudice di merito che ha escluso la ricorrenza della causa di non punibilità in ragione della particolare gravità della condotta, delle ragioni di sicurezza poste a fondamento del provvedimento dell’autorità di pubblica sicurezza, della reiterazione di condotte analoghe;
a tali argomenti, il ricorrente ha opposto l’indicazione di elementi oggettivi della fattispecie in chiave meramente confutativa;
considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 5/12/2024